Mercoledì 24 Aprile 2024

Usa, sperimentato 'vaccino universale' contro i tumori

La nuova terapia, tramite "vaccinazione in situ", smaschera i tumori che ingannano il sistema immunitario

In futuro potremmo avere un vaccino antitumorale

In futuro potremmo avere un vaccino antitumorale

Un approccio sperimentale testato con successo contro un determinato tipo di linfoma, potrebbe diventare in futuro una terapia universale anti-tumore. La conferma arriva dal centro di ricerca del Mount Sinai Hospital, che ha messo a punto un cosiddetto "vaccino in situ", capace di attirare l'attenzione del sistema immunitario del paziente sulle cellule cancerose. TRAVESTIMENTO PERFETTO Il lavoro dei ricercatori statunitensi parte dall'osservazione che i tumori eludono il sistema immunitario attraverso una serie di meccanismi che impediscono ai linfociti T di riconoscere le cellule maligne. Detto in parole semplici, è un po' come se le cellule cancerose fossero in grado di travestirsi per nascondere le proprie cattive intenzioni. La tecnica sviluppata nei laboratori del Mount Sinai smaschera tuttavia l'inganno, appiccicando una sorta di foto segnaletica sul tumore stesso, permettendo così all'organismo di riconoscere e neutralizzare la minaccia. COME FUNZIONA QUESTO VACCINO L'immunoterapia descritta sulla rivista Nature Medicine si basa su quello che viene definito un "vaccino in situ", ossia un vaccino che viene iniettato direttamente nel punto in cui sorge il tumore. Nello specifico, si procede con la somministrazione di due stimolanti: il primo richiama sul posto un classe specifica di "sentinelle" dell'organismo (le cellule dendritiche); il secondo serve per avviare la risposta immunitaria vera e propria, attivando quei segnali che consentono ai linfociti T di attaccare il tumore, e anche di individuare le cellule maligne sparse per il corpo. I PRIMI RISULTATI SONO INCORAGGIANTI La terapia è stata battezzata attraverso uno studio clinico su 11 pazienti con un linfoma non Hodgkin indolente (acronimo inglese: iNHL) in stato avanzato. L'abbinamento della vaccinazione in situ con la radioterapia ha dato riscontri positivi, inducendo al tempo stesso l'attivazione delle cellule T nel punto dell'iniezione e la parziale remissione delle metastasi situate lontano dal tumore. UNA POSSIBILE CURA UNIVERSALE "L'approccio mediante il vaccino in situ ha vaste implicazioni per diversi tipi di tumore". Ad affermarlo è l'oncologo Joshua Brody, direttore del programma sperimentale presso Mount Sinai, che con queste parole sottolinea la teorica universalità della terapia. La strada da percorrere è ancora lunga, ma nel frattempo il team sta già sperimentando la tecnica in pazienti colpiti, tra gli altri, da tumore al fegato e alle ovaie.