Giovedì 18 Aprile 2024

La terapia non funziona? Forse è colpa dei batteri intestinali

Alcuni farmaci che assumiamo diventano "cibo" per la flora intestinale, che rende inefficace la cura. La cosa sembra accadere col Parkinson

Farmaci e microbiota intestinale

Farmaci e microbiota intestinale

L'inefficacia di alcune terapie farmacologiche potrebbe dipendere dalla "voracità" dei nostri batteri intestinali. A rivelarlo è un gruppo di ricercatori di Harvard University, che per la prima volta ha dimostrare in modo inequivocabile che alcuni farmaci vengono letteralmente mangiati dal microbiota dell'intestino (la cosiddetta flora intestinale), indebolendo o azzerando del tutto gli effetti della cura. Il lavoro del team, pubblicato sulla rivista Science, ha riguardato il batterio Enterococcus faecalis e il modo in cui interferisce con il trattamento del morbo di Parkinson, ma potrebbe essere esemplificativo di un problema molto più comune. EFFETTI COLLATERALI DEL MICROBIOTA Per quanto sia ormai noto che batteri intestinali svolgano un ruolo importante nell'equilibrio della salute umana, si sa viceversa molto poco di come il microbiota si comporti con i farmaci che ingeriamo. Il dubbio degli scienziati è legato principalmente al fatto che i microbi possono "divorare" la sostanza assunta a scopo terapeutico, impedendole di fare il proprio lavoro. "Forse il farmaco non raggiungerà il suo obiettivo all'interno del corpo, forse diventerà tossico all'improvviso, forse risulterà meno utile", spiega il primo autore della ricerca Vayu Maini Rekdal. LEVODOPA E TRATTAMENTO DEL MORBO DI PARKINSON L'equipe di Harvard si è concentrato in particolare sulla levodopa, un amminoacido utilizzato per alleviare i sintomi connessi al Parkinson, come tremori, rigidità muscolare e perdita dell'equilibrio. La levodopa fa molta fatica al raggiungere il suo target: per questa ragione viene somministrata insieme alla carbidopa, una molecola che ne favorisce l'azione a livello del sistema nervoso centrale. Sulla base di precedenti indizi, Rekdal e la sua squadra hanno identificato l'Enterococcus faecalis, una delle tante specie batteriche che popolano l'intestino, come il principale responsabile della frequente inefficacia della levodopa. NELLA "PANCIA" DEI BATTERI Come si legge nel paper, i test di laboratorio hanno confermato i sospetti iniziali: l'E. fecalis fa piazza pulita della levodopa, inibendo l'azione del farmaco già a livello intestinale. A margine di questa scoperta, i ricercatori hanno anche individuato una nuova molecola che, molto più della carbidopa, potrebbe contrastare la voracità dei batteri intestinali senza ucciderli né alterare i delicati equilibri del microbiota. Tuttavia, serviranno ulteriori approfondimenti per chiarire quest'ultimo punto. UN PROBLEMA CHE RIGUARDA TUTTI I FARMACI? Al di là degli aspetti specifici relativi al Parkinson, che potrebbero favorire la formulazione di terapie più incisive, i risultati raccolti offrono lo spunto per una riflessione più generale. Se il microbioma può interferire con la levodopa, dicono i ricercatori, è presumibile che altri ceppi batterici facciano lo stesso con farmaci diversi. I progressi nella cura di numerose malattie dipenderanno molto da quanto si riuscirà a scoprire su questo fronte.