Se sia o meno l’incontro che le cambierà vita e carriera è difficile dirlo in un ambiente ’liquido’ e pieno di bolle di sapone come quello dello spettacolo. Ma è certo che più di un segnale è già arrivato ad Arianna Pozzoli da quando due anni fa sulla sua promettente strada di attrice si è palesato Nanni Moretti con cui ha girato anche il primo film, ’Il sol dell’avvenire’. Ma ora è lei che presta qualcosa della sua solida formazione teatrale al debutto di lui come regista dei due testi di Natalia Ginzburg che dal 9 ottobre saranno al Teatro Carignano (e poi in tournèe) col titolo di ’Diari d’amore’.
Avete festeggiato insieme anche il 70° compleanno di Nanni?
"Il produttore ci ha invitati a una cena molto intima che è culminata in una torta, non una Sacher, ma comunque al triplo cioccolato, su cui entrambi siamo piuttosto ’ferrati’".
Ma tra essere diretti da lui sul set e a teatro che differenza c’è?
"Nessuna, è sempre uno stakanovista, precisissimo, attento alle parole. E il teatro, forse ancora più del cinema, è il luogo delle parole. Una mia collega in prova ha sostituito un “Mi dispiace“ con un “Mi rincresce“ e lui subito l’ha stoppata dicendo che per la Ginzburg era un termine eccessivo. Del resto la lingua dell’autrice è molto particolare e memorizzare i dialoghi dei personaggi significa anche capirli meglio".
Il suo personaggio qual è?
"Barbara nella commedia ’Fragola e panna’. Una piccola belva che irrompe nella vita di Flaminia e Cesare (Fabrizio Binasco), di cui è l’amante. Siamo nel 1966 in un interno borghese e la sua entrata in scena è come una folata di vento che spazza via convenzioni e certezze. Lei, diciottenne, appartiene a una classe sociale inferiore ma è anche di un’altra generazione".
Che sentimenti indagate?
"Quelli stratificati di una coppia di lungo corso che vengono sconvolti dall’irrompere di questa novità. Sono una sorta di elemento chimico che trasforma l’esistente: porto tanto male e tanto dolore nella vita di Flaminia (Alessia Giuliani) ma le faccio anche cambiare idea sul mondo. E’ un testo molto femminista che introduce pure il concetto di sorellanza".
Sono testi nelle corde del Nanni più popolare?
"Sono vicini a film come ’Mia madre’, ’Tre piani’, anche ’Il caimano’, perché si focalizzano sulle difficoltà di dialgo all’interno delle relazioni amorose. Ma ci sono anche tanta ironia e un leggero distacco intorno al nucleo infuocato del ménage a trois. Ginzburg passa velocemente dal riso al pianto. Nanni la studia da anni e a ottobre i copioni diventeranno un libro".
In lei com’è nata la passione per la recitazione?
"Diciamo che ho un approccio performativo con la vita. Poi studiando danza e violino ho iniziato presto a calcare i palcoscenici. E dopo il liceo, ho deciso di formarmi in Accademia perchè il teatro è uno dei miei luoghi ideali: quando ci entro mi si accende qualcosa dentro e mi piacciono i riti scaramantici che vi si consumano. Ciò che mi sta accadendo ora è esattamente quello che sognavo all’inizio: Nanni è un mio mito da quando avevo 14 anni".
La scelta dei progetti come avviene?
"Il mio è un lavoro fortemente gerarchico che lascia al regista l’ultima parola però a me piace potermi esprimere autorialmente: in uno spettacolo l’attore è sempre anche un creatore. E l’altro elemento imprescindibile è una poetica che rifiuti la retorica e mantenga un linguaggio critico rispetto alla realtà".
Single, sposata, fidanzata?
"Mi sto vedendo con una persona del mio ambiente ma non è un attore. Sono uno spirito libero, per cui mi definisco solo “felicemente in compagnia“".
Tra quelli fin qui interpretati quale personaggio preferisce?
"Parto dal presupposto che nessuno di essi esisterebbe senza la mia interpretazione. Barbara come indica anche il suo nome è la straniera che irrompe nel mondo borghese e si fa portatrice d’amore. Ma anche Irina delle ’Tre sorelle’ è molto vicina a me per il suo desiderio di autodeterminazione".
Per che cosa combatterebbe come donna e come attrice?
"L’Italia è alle prese con tante questioni cruciali, dai femminicidi, al salario minimo, ai migranti. E nel mio settore il sessismo approfitta della vulnerabilità della nostra condizione: non mi sento difesa a sufficienza".