Sabato 20 Aprile 2024

Bandabardò perde Erriquez, l’avventuriero

È morto a 60 anni Enrico Greppi, da un quarto di secolo voce e anima della band fiorentina folk rock: "La mia vita è stata musica che accade"

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di Riccardo Jannello

La musica combattente perde una delle sue voci più emblematiche, profonde, vere. Entusiaste. È morto Enrico Greppi, nome d’arte Erriquez, fondatore e leader della Bandabardò, il gruppo folk e movimentista che ha riempito le inquietudini di più di una generazione travolta dai sussulti storici e politici e dalle pulsioni più umane, dall’alcol e dalla droga, dal lavoro che manca e dalla stupidità che impera.

Enrico era nato nel settembre 1960 a Firenze. Si è spento ieri mattina nella casa di Fiesole per un’inesorabile malattia che affrontava con lo stesso spirito combat di quando imbracciava la chitarra. Lui stesso ha scritto il suo epitaffio pochi giorni prima di morire: "La mia vita è stata musica che accade, incontri di popoli, magie, racconti, mille soli splendenti e vento in faccia. Non ho rimorsi, non ho rimpianti, la mia vita è stata tutta un’avventura". Ma anche approdo a un porto sicuro ricordando la moglie Silvia trovata "dopo tanto inutile errare" e il figlio Rocco.

Attorno a loro un girotondo che obbliga a "un abbraccio che circonda" per una vita nella quale "ho goduto abbestia con i migliori compagni potessi avere, la mia Banda del cuore, la nostra creatura meravigliosa dai mille colori". La famiglia lo celebra come "guerriero generoso e grande Poeta"; la Bandabardò come artefice del gruppo "più scatenato, roboante, colorato".

Enrico si è formato nella sua adolescenza fra Bruxelles e il Lussemburgo, al seguito di una famiglia di musicisti. L’avvicinamento fin dall’infanzia alla musica cosiddetta colta (con sei anni di violino in conservatorio) ha senz’altro influito quando al ritorno nella sua Firenze per iscriversi all’università Greppi si è buttato con entusiasmo in un panorama musicale in pieno fermento e in grande evoluzione. Lui unisce classica e rock, gli amati Pink Floyd e Jethro Tull e i cantautori italiani, primo fra tutti De André.

La prima esperienza è con i Vidia con i quali vince il Rock Contest 1988 di Controradio, emittente di punta negli anni Ottanta fiorentini, con la città piena di locali dove si sperimentava e dove Cccp e Litfiba dettavano la linea. L’incontro con Alessandro Finazzo, volterrano, è la chiave di volta per la nascita della Bandabardò. Era il 1993.

L’omaggio è a lei, alla divina, alla più bella al mondo che decide di scegliere una privata vita di lotta a quella dei lustrini. Come Brigitte la Banda scende in strada e comincia a girare il mondo e portare il combat folk e il rock urbano ai giovani e a tutti quelli che vivono nella necessità di avere "attenzione e concentrazione". Enrico diventa Erriquez, Finazzo diventa Finaz; con loro ci sono anche Marco Bachi, Andrea Orlandini e Alessandro Nutini, ovvero Donbachi, Orla e Nuto, in questa spersonalizzazione per essere ancora di più "scatenati e liberi" e puntare alle coscienze popolari.

Quando nel 2003 arriva José Ramon Caravallo Armas, che sarà poi solo Ramon, la grancassa squarcerà ancora di più i confini della musica che la Bandabardò porta sul palco in una specie di cammino parallelo a quella che è l’altra band combattente, i Modena City Ramblers. "Siamo gli unici due gruppi – scherzò Greppi nel concerto per i 25 anni della Banda – in cui non ci sono belli". Da Il circo mangione (1996) ad Allegro ma non troppo (2006), da Iniziali bi-bi (1998) a Tre passi avanti (2004), da Mojito Football Club (2000) a Bondo! Bondo! (2002) e Ottavio (2008) fino all’ultimo album del 2014, L’improbabile, passando dai live del Barbaro Tour (1999) e Se mi rilasso… collasso (2001) l’energia della Bandobardò conosce pochi appannamenti.

Quando il 7 dicembre 2018 si festeggiano al Mandela Forum di Firenze i 25 anni del gruppo è come se un terremoto sconvolgesse in modo irrimediabile la musica contemporanea: con gli amici di sempre Bollani, Gazzè, Consoli, Carotone, Cisco e i Modena, Pelù, Erriquez e i suoi disegnano ciò che è stato e ciò che sarà. A risentirlo ora fu un concerto-testamento. L’eredità che ci lascia Greppi è portentosa: continuare a combattere.

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