Bamboccioni al lavoro. Ma è un reality show

Arriva venerdì su Netflix “Summer Job“, condotto da Matilde Gioli: "Io ho sempre fatto di tutto, dalla bagnina alla guardarobiera"

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di Piero Degli Antoni

Largo ai bamboccioni. Prendete dieci scansafatiche tra i 19 e i 23 anni, portateli sulla splendida riviera Maya in Messico, illudeteli che trascorreranno una vacanza di sogno e poi rivelate loro l’amara verità: le ferie dovranno sudarsele lavorando, ahi che brutta parola. Questa è l’idea del nuovo programma Summer Job con cui anche Netflix Italia si getta nell’agone dei reality (ce n’era proprio bisogno?)

I dieci nullafacenti sono stati scelti – parole dei produttori – tra "professionisti della vacanza" che, per la prima volta in vita loro, dovranno rimboccarsi le maniche nei ruoli di cameriere, giardinieri, manutentori... I produttori (Banijay Italia) hanno così voluto esplorare l’universo di quei ragazzi per i quali – prima volta nella storia dell’umanità – vedono il lavoro non come una necessità ma come un’opzione – cioè una cosa che si può o non si può fare.

Ora vi chiederete – giustamente – perché qualcuno che si può permettere di non lavorare debba forzarsi a farlo: per esibizionismo, per godersi la vacanza, per sfida. Pare che qualcuno, tornato in patria (il programma è tutto registrato, la lavorazione è durata due mesi) abbia persino "pensato di cominciare a lavorare", già un bel passo avanti. A seguire – "senza occhio giudicante" – questa tribù di scapestrati da esportazione è la bella Matilde Gioli, una che in vita sua le maniche se le è rimboccate parecchio.

"Sono orgogliosa – racconta –, mi scocciava chiedere i soldi ai miei genitori, così ho cominciato a lavorare molto presto. Da piccola vendevo i giornalini su una bancarella improvvisata, poi ho fatto la baby sitter, la cameriera, la bagnina, ho lavorato nelle discoteche, ho fatto la hostess specializzata in guardarobiera. E quando sono diventata attrice mi è capitato di reincontrare i miei ex capi che un tempo di raccomandavano: ‘sistema bene la giacca’. È stato curioso".

Aggiungiamoci pure una laurea. Poi l’incontro casuale con il cinema (Il capitale umano di Paolo Virzì) e l’inizio di un mestiere "che non avevo mai preso in considerazione".

Dei suoi pelandroni alla fine pensa un gran bene: "Vivendoci accanto per due mesi ho imparato tante cose, hanno grandi talenti, sono maturati, ho molta fiducia in questa generazione che un giorno ci governerà".

Incrociamo le dita. Anche i produttori vedono rosa: "I ragazzi all’inizio si percepiscono inadeguati rispetto al lavoro assegnato, ma poi scoprono che il lavoro è diverso dalle loro aspettative, e che la busta paga permette loro di essere migliori". Per inciso: il reddito di cittadinanza qui non c’entra niente perché stiamo parlando di gente che può permettersi di non lavorare.

Come prevede il decalogo dei reality, anche qui c’è un montepremi in palio: centomila euro che possono però variare a seconda dei risultati. Ogni settimana una eliminazione in base al rendimento ottenuto sul lavoro, premio periodico: la busta paga. Otto puntate di 40-45 minuti, cento persone impegnate nella lavorazione.

La serie sarà rilasciata tutta insieme venerdì. Con un certo sforzo si può vedere Summer Job come un’indagine sociologica su uno strato di popolazione – non sappiamo quanto ampio, non molto, verrebbe da dire – che interpreta il mondo in chiave squisitamente edonistica. La bella gioventù messa improvvisamente – e drammaticamente – a confronto con la dura realtà della vita.

Secondo i produttori, avanguardie di un nuovo mondo del lavoro, del tutto diverso da quello dei padri. Sediamoci e aspettiamo.

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