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LORENZO GUADAGNUCCI
Magazine

Bakunin rivoluzionario innamorato. Dell’Italia

Il “Grand Tour“ del filosofo anarchico durò tre anni. La passione per Napoli e la visita a Garibaldi a Caprera: "Un uomo maestoso"

Bakunin rivoluzionario innamorato. Dell’Italia
Bakunin rivoluzionario innamorato. Dell’Italia

di Lorenzo Guadagnucci

Lo descrisse "maestoso, imponente, con un sorriso dolce sulle labbra". E aggiunse: "Con la sua espressione profondamente melanconica, sia pure solo esternamente, produce un’impressione indefinibile. È infinitamente buono e la sua bontà si estende non solo agli uomini, ma a tutte le creature". Così Mikhail Bakunin, nobile russo e agitatore politico in procinto di dichiararsi anarchico, descrisse Giuseppe Garibaldi, il "condottiero senza pari", in una lettera scritta a Firenze il 1° febbraio 1864 e inviata alla contessa Elizaveta Vasil’evna Salia-de-Tournemire. Bakunin era da poco arrivato in Italia, ennesima tappa di una vita da esule e perseguitato, quando decise di imbarcarsi, con la giovane moglie Antonia, da Genova per Caprera; voleva visitare il Generale, un uomo già divenuto un mito per democratici e rivoluzionari di tutta Europa.

Il russo e il nizzardo sono quasi coetanei: Bakunin ha 52 anni, Garibaldi quattro in più. Il primo ha lasciato alle spalle due condanne a morte nella Russia zarista, il confino in Siberia e una rocambolesca fuga attraverso il Giappone e gli Stati Uniti; è in contatto con tutti i maggiori rivoluzionari d’Europa, da Giuseppe Mazzini a Karl Marx, da Carlo Cafiero a Aleksandr Herzen; Garibaldi sta ancora recuperando il morale e l’efficienza fisica dopo la mancata liberazione di Roma e il ferimento sull’Aspromonte. "Si è ristabilito completamente – scrive Bakunin alla contessa – e, anche se zoppica un poco, è forte come un leone ed è attivo dal mattino alla sera".

Il morale del Generale, però, non è ancora altissimo, nonostante a Caprera sia sorretto dall’affetto e dal sostegno di una "vera repubblica democratica e sociale": i figli Menotti e Ricciotti, "il marinaio Basso", "il giovane segretario politico Guerzoni" e "qualche garibaldino, altri militari e marinai". Scrive Bakunin alla contessa: "Garibaldi mi ha detto: “Negli ultimi tempi ne ho abbastanza della vita; le avrei detto volentieri addio, ma avrei voluto morire per il bene della mia patria e per la libertà di tutti i popoli“". Garibaldi, ragiona Bakunin, in realtà si prepara a nuove azioni, e non si sbaglia: altre battaglie per l’indipendenza d’Italia e la libertà dei francesi sono all’orizzonte.

Bakunin dunque ammirava Garibaldi, così come Mazzini, ma il suo “Grand Tour“ nel Bel Paese (raccontato in Viaggio in Italia, una raccolta di testi e lettere curata da Lorenzo Pezzica per l’editore elèuthera) è denso di eventi e di sorprese, inclusi giudizi politici (non sulle persone) assai poco lusinghieri per entrambi i nostri eroi del Risorgimento.

Ma è proprio dell’Italia, del suo clima, delle sue città, che Bakunin si innamora. Racconta d’essere arrivato a gennaio a Torino e di avervi trovato la Siberia, mentre in Sardegna, pochi giorni dopo, si sente come nell’estate russa. Si stabilisce inizialmente a Firenze, dove si iscrive al Gabinetto letterario Vieusseux, promettendo alla moglie polacca – anche lei entusiasta dell’Italia – di imparare al più presto la lingua. La città di Bakunin è però Napoli, il luogo dove sosterà più a lungo, dove maturerà la sua persuasione anarchica e dove vivranno per tutta la vita i suoi figli (in realtà concepiti da Antonia con l’amico avvocato Carlo Gambuzzi, ma riconosciuti da Mikhail).

Napoli è la vitalità, il fermento popolare, la memoria della Rivoluzione del 1789; e poi c’è il caffè: "Per essere buono – spiega il futuro autore di Stato e anarchia – deve essere nero come la notte, dolce come l’amore e caldo come l’inferno".

Gli scritti italiani di Bakunin spaziano fra letteratura, politica e osservazione antropologica. Il filosofo russo presta attenzione tanto alla politica ufficiale quanto alla vita della gente comune, alla “questione sociale“ che è il cuore della sua visione. "Le università e le scuole d’Italia – scrive in una Lettre a mes amis d’Italie – prime un giorno in Europa, sono oggi rimaste indietro di un secolo, anche solo paragonate a quelle francesi". E la gioventù – aggiunge – "essendosi abituata a cercare il proprio pensiero in quello di Mazzini e a cercare la propria volontà in quella di Garibaldi, è diventata una gioventù dal cuore grande, ma del tutto priva di volontà e cervello propri".

Quanto alla pratica religiosa, Bakunin si è fatto un’idea ben precisa: "I vostri contadini sono superstiziosi, ma niente affatto religiosi; amano la Chiesa per la sua messinscena scenografica, per le sue cerimonie recitate e cantate che interrompono la monotonia della vita rurale. La Chiesa è per essi come un raggio di sole in una vita di stenti e di lavoro omicida, di dolori e di miseria".

Bakunin lasciò l’Italia nel 1867 per stabilirsi a Ginevra, ma conservò una stretta relazione con gli amici al di qua delle Alpi. Tuttavia non riuscì a innescare la rivoluzione che sognava, una rivoluzione sociale oltre "l’incestuosa alleanza" stretta da Garibaldi con la monarchia e anche l’"insufficiente" e "astratto" programma di Mazzini, che pure giudicava "una delle più sublimi intelligenze del secolo".

Michail morì a Berna il 1° luglio 1876. Pochi giorni prima di andarsene, conscio d’essere alla fine, chiese all’amico Adolf Reichel di fargli ascoltare per l’ultima volta la musica di Beethoven: "Tutto morirà – disse all’amico – nulla sopravviverà: una cosa sola è eterna", e non era l’anarchia, bensì, sentenziò, "la Nona sinfonia".