Giovedì 25 Aprile 2024

Asor Rosa, il “barone rosso“ della cultura

A 89 anni scompare l’accademico (di lungo corso) della letteratura e militante del Pci. Spirito eternamente “corsaro“, raramente vincente

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di Lorenzo Guadagnucci

Lo chiamavano affettuosamente il “barone rosso” e ha volato sulla cultura italiana indagando senza posa il nesso fra letteratura e potere. Alberto Asor Rosa se ne è andato ieri all’età di 89 anni e sembra sparire con lui un’intera stagione di passioni, dibattiti, intraprese collettive e civili. Era un “barone” – termine da intendere con ironia – in quanto accademico di lungo corso, docente di Letteratura italiana per oltre mezzo secolo alla Sapienza di Roma, un professore piuttosto severo con gli studenti, ed era “rosso” per la sua lunga, movimentata militanza politica nella sinistra; ma nei suoi ultimi anni è stato anche “verde”, come animatore – specie in Toscana, sua seconda patria – di una rete di comitati che ha lottato, con tenacia e intelligenza, contro le aggressioni al paesaggio attuate in nome di un’idea ormai obsoleta, ma ancora dominante, di sviluppo.

Era un letterato a tutto tondo, Alberto Asor Rosa, studioso fra i maggiori della nostra storia letteraria, autore di innumervoli pubblicazioni, lettore curioso dei classici come dei contemporanei, ma aveva anche uno spirito corsaro. Era un cercatore di senso ed era animato da mai sopiti propositi di trasformazione sociale: il nesso fra sapere e azione, fra cultura e politica, oltre che oggetto di studio, era per lui pratica corrente.

Si era laureato con Natalino Sapegno portando una tesi su Vasco Pratolini e si fece conoscere con un atto culturale di coraggio. Fece uscire nel ‘65 il suo primo saggio – Scrittori e popolo – per la casa editrice Samonà e Savelli, la più movimentista del momento, la stessa che avrebbe pubblicato, nel 1976, lo scabroso Porci con le ali.

Scrittori e popolo fu un libro corsaro, metteva in discussione i pilastri della politica culturale del Partito comunista: tacciava di populismo, nella lunga durata, la rappresentazione positiva e mitizzata del mondo popolare nel romanzo italiano. Asor Rosa non risparmiava pressoché nessuno, nemmeno Pier Paolo Pasolini, che pure avrebbe poi rivalutato su altri piani.

A quel tempo Asor Rosa era poco più che trentenne, troppo vecchio per fare il ‘68 dalla parte degli studenti, ma aveva già in curriculum la rottura con il Pci, avvenuta nel 1956, all’epoca del blitz sovietico in Ungheria. Asor Rosa negli anni Sessanta e Settanta si trovò vicino agli operaisti, a Mario Tronti e all’esperienza di Raniero Panzieri e dei suoi Quaderni rossi, ma la passione politica non lo distolse mai dalla serietà e profondità della ricerca letteraria. I suoi libri ne sono testimonianza: da La cultura della Controriforma del 1974 uscito del Laterza, all’importante e molto citato volume del ‘75 La cultura. Dall’Unità a oggi nella Storia d’Italia Einaudi; da Genus Italicum del ‘79 sull’identità letteraria italiana nel corso del tempo alla cura, nel 2009, della monumentale Storia europea della letteratura italiana, sempre per Einaudi.

Rientrato nel Pci ed eletto per breve tempo deputato, Asor Rosa è rimasto tuttavia un outsider della politica, eternamente insoddisfatto e raramente vincente; è stato un cercatore di nuovi spazi e un critico del presente, tutto sommato onesto con sé stesso, tanto da aggiungere un capitolo, nel 2015, alla ripubblicazione di Scrittori e popolo: un testo intitolato Scrittori e masse, a segnalare un arretramento, rispetto a cinquant’anni prima, verso l’individualismo e l’irrilevanza pubblica della figura dello scrittore.

Asor Rosa ha avuto nella maturità una terza vita, sia culturale sia politica. Si è scoperto narratore, a cominciare dal romanzo L’alba di un mondo nuovo del 2009, in larga parte autobiografico, ambientato nella cittadina di Artena, nei dintorni di Roma, luogo dell’infanzia, al tempo del fascismo e della guerra, e ha trovato nell’impegno ecologista, nella difesa degli assetti paesaggistici, nel rigetto dell’idea tradizionale di sviluppo un nuovo, importante filone di impegno, fino a diventare una figura di riferimento rispettata e credibile. E forse proprio l’unione di cultura, saperi e slancio politico messa in pratica a difesa di sistemi ambientali sotto eccessiva e stolida pressione è l’esempio e l’eredità che lascia, in continuità col resto della sua vita.

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