Venerdì 19 Aprile 2024

Ascia e frecce: il giallo delle armi di Ötzi

A trent’anni dalla scoperta della mummia del Similaun, nuovi misteri emergono dalle ricerche sul suo equipaggiamento da caccia

Migration

di Andrea

Cionci

Sono trascorsi trent’anni dal ritrovamento casuale di Ötzi, la Mummia del Similaun scoperta da due alpinisti sulle alpi di Ötz . I resti, straordinariamente conservati, appartengono a un uomo di 45 anni, vissuto tra il 3300 e il 3100 a.C., in piena Età del rame, che fu ucciso da un colpo di freccia alla schiena.

In questo fine settimana il Museo Archeologico dell’Alto Adige di Bolzano, sta festeggiando

l’anniversario con un festival dal titolo “Ritorno alla preistoria: lavorare la selce come ai tempi di Ötzi”.

Sin dal suo ritrovamento, sono stati innumerevoli gli studi condotti sulla mummia. Nel 2011, ad

esempio era stata realizzata una ricostruzione ipotetica dell’uomo, da vivo, resa possibile dalle analisi degli scienziati: è probabile che Ötzi avesse occhi marroni e capelli scuri, lunghi ed ondulati, che fosse alto 1,60 m e pesasse circa 50 kg. Nel 2016, invece, è stata realizzata, con stampante 3D, una copia in resina del corpo mummificato. La replica, prodotta mediante un procedimento computerizzato e rifinita poi a mano, è stata presentata al Museo dove il reperto originale è conservato in una poco accessibile camera a umidità e temperature controllate.

Negli ultimi 5 anni, le ricerche sulla mummia sono proseguite portando a nuove significative scoperte in diversi ambiti di studio. L’equipaggiamento da caccia di Ötzi, ad esempio, è il più antico del mondo, e permette di fare luce anche sui rapporti commerciali intrattenuti dalla comunità cui apparteva il cacciatore dei ghiacci. L’uomo, infatti, possedeva pugnale e frecce realizzati in selce proveniente da tre zone diverse ed anche

abbastanza lontane: dai Monti Lessini nelle Prealpi vicentine, dal bacino lombardo e dalla Val di Non distante in linea d’aria circa 70 km dal punto del ritrovamento del corpo.

Anche la sua ascia, il più antico esemplare eneolitico mai rinvenuto integro, aiuta a comprendere la complessità dei rapporti commerciali dell’epoca: i ricercatori hanno scoperto, grazie ad analisi chimiche ed isotopiche, che il rame col quale fu realizzata proveniva dalla Toscana meridionale, ma non è ancora chiaro se Ötzi avesse acquistato il metallo grezzo oppure la lama già forgiata. Sino ad oggi si era ipotizzato che il rame utilizzato nell’area alpina fosse originario di giacimenti locali o balcanici, perciò la scoperta ha dato il via ad un progetto archeometallurgico europeo che si occuperà di analizzare la provenienza del rame di altre asce dell’Italia settentrionale e dell’arco alpino.

Grazie ad uno studio del centro Eurac Research è stato, poi, ricostruito l’ultimo pasto di Ötzi, che si era nutrito di carne fresca o essiccata di stambecco e cervo reale, poi di farro monococco e felce aquilina (una pianta tossica). Ötzi , inoltre, possedeva un microbioma intestinale, (deputato a proteggere il corpo dall’azione degli agenti patogeni), più ricco del nostro. Da ciò, si può supporre che lo stile di vita dei paesi industrializzati minacci i batteri intestinali: forse, per questo in Occidente vi è una maggiore incidenza di allergie, malattie autoimmune, gastrointestinali e aumento di obesità. Ötzi, ad ogni modo, a 45 anni soffriva di gastrite ed aveva problemi cardiaci: è stato ritrovato nel suo stomaco l’helicobacter pylori e, nel cuore, tre calcificazioni coronariche: dal momento che non conduceva certo una vita sedentaria è probabile, dunque, che alla base dell’arteriosclerosi vi fosse una

predisposizione genetica.

Gli interrogativi a cui può rispondere la mummia sono ancora molti e probabilmente ancora innumerevoli gli spunti di ricerca che la prodigiosa scoperta di trent’anni fa potrà stimolare, grazie all’incessante attenzione del mondo scientifico.

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