
Il Langhe Arneis è ’Blackbird’ oppure ’Dear Prudence’, il Montalupa è ’While my guitar gently weeps’, lo spumante metodo classico...
Il Langhe Arneis è ’Blackbird’ oppure ’Dear Prudence’, il Montalupa è ’While my guitar gently weeps’, lo spumante metodo classico è ’Helter Skelter’. Questo il ’White Album’ di Matteo Ascheri, in un gioco di rimandi tra musica e vino, tra lo storico disco dei Beatles e la produzione bianchista della cantina langarola.
Ma al di là dello story telling su base musicale, c’è molta sostanza nei vini di questa realtà familiare che affonda le radici nell’Ottocento, che oggi con Matteo al comando è alla settima generazione Ascheri, sebbene con la sesta – cioè mamma Cristina, 87 anni a luglio – che ancora dice la sua e l’ottava già operativa in azienda. La sostanza di chi, a partire dagli anni Novanta, è andato più volte in Côtes du Rhône per studiare dai maestri come fare un grande Viognier, dando così alla luce il Langhe Bianco Montalupa, dal nome dell’appezzamento nel Comune di Bra, prime propaggini del Roero, dove la famiglia ha orgogliosamente mantenuto la cantina fondata nel 1880, per evitare di consumare altro suolo e alterare il paesaggio di Langa.
"In realtà eravamo partiti con l’idea di fare un Syrah – racconta Matteo Ascheri - che infatti abbiamo impiantato e produciamo, ma di Syrah notevoli c’erano già diverse espressioni in varie parti del mondo, di Viognier sicuramente meno. Volevo produrre un grande vino bianco di longevità, capace di invecchiare anche 12-13 anni e penso che questo sia il vitigno adatto, piantato in questo terreno sabbioso, con ghiaia e marne".
Un prodotto distintivo che fornisce la cifra della filosofia produttiva di Ascheri. "Per fare un grande vino oggi la qualità è fondamentale ma non basta – spiega – occorre anche essere riconoscibili, caratteristici. In Piemonte abbiamo un territorio vocato e di grande tradizione, dobbiamo essere in grado di trasmetterlo nelle nostre bottiglie". Territorio, tradizione e anche vitigni autoctoni, come l’Arneis e il Nebbiolo. Dal primo Ascheri produce un vino di robusta finezza, dedicato a mamma Cristina, con una trama di frutta gialla matura che sorprende rispetto al colore paglierino scarico. Dal principe indiscusso delle uve piemontesi, oltre a una serie di Barolo che costituiscono pur sempre la metà delle circa 240mila bottiglie l’anno di produzione aziendale, Ascheri ricava uno spumante metodo classico che è anche lui un manifesto della sua visione enoica.
"Il Piemonte – rivendica – è la culla della spumantizzazione in Italia, si faceva già nell’Ottocento e la si faceva col Nebbiolo, perché era questa la nostra uva. Con l’Alta Langa Docg si è andati a creare l’ennesimo prodotto a base di Chardonnay e Pinot Nero, come il Franciacorta o il Trentodoc e naturalmente lo Champagne, quando invece avremmo la possibilità di valorizzare un’uva tutta nostra che tra l’altro si presta molto bene alla spumantizzazione, per l’acidità e il colore tenue".