Sotto Santa Caterina, spunta Artemisia

Riaffiora il dipinto nascosto della Gentileschi grazie alle indagini condotte dall'Opificio delle pietre dure

Sotto la Santa Caterina di Artemisia Gentileschi una donna con il turbante

Sotto la Santa Caterina di Artemisia Gentileschi una donna con il turbante

Firenze, 5 marzo 2019 - Una ragazza di nobile lignaggio che indossa una corona incastonata di gemme preziose e un abito principesco. Nella mano destra la palma del martirio, la sinistra poggiata sulla ruota dentata, simbolo del supplizio al quale, secondo la Legenda Aurea, la giovane donna venne sottoposta intorno al 305 d.C. dall’allora Governatore Massimino, per di aver rifiutato di abbandonare la fede in Cristo e di sposarlo. Niente toni splatter nella Santa Caterina d’Alessandria dipinta da Artemisia Gentileschi intorno al 1620 durante il suo soggiorno a Firenze. È infatti alla corte de’Medici che la pittrice caravaggesca dal temperamento forte e drammatico, figlia del celebre Orazio Gentileschi, realizzò il ritratto della secondogenita del granduca Ferdinando. Opera in queste ore protagonista di un’affascinante scoperta d’arte: la Santa Caterina degli Uffizi sarebbe un ‘mash up’ frutto della fusione tra l’autoritratto di Artemisia e il ritratto di Caterina de’ Medici.    L’esistenza del secondo dipinto è emersa nel corso di uno studio condotto dai restauratori dell’Opificio delle pietre dure di Firenze: analisi non invasive (tecniche diagnostiche che spaziano dai raggi ultravioletti agli infrarossi e raggi X), ma capaci di far riaffiorare un’opera preesistente sotto la Santa Caterina, raffigurante una giovane donna con il turbante al posto della corona, il volto più rivolto verso l’osservatore anziché di tre quarti e lo sguardo puntato verso l’alto, in contemplazione, come appare nel dipinto finito. Una versione della martire praticamente identica a quella della Gentileschi acquistata alcuni mesi fa dalla National Gallery di Londra, come hanno confermato le operazioni di sovrapposizione virtuale.  Secondo gli studiosi entrambi i dipinti - quello degli Uffizi e quello del museo britannico - deriverebbero dallo stesso disegno (cartone), a conferma della tesi secondo la quale la pittrice romana vissuta nel 1600 utilizzasse abitualmente la sua immagine come modello per i soggetti femminili.    «La maestria degli specialisti dell’Opificio ha permesso di scoprire i segreti della nostra bellissima Santa Caterina: e ora, grazie al loro lavoro, siamo felici di poter affermare che oltre ai cinque capolavori dell’artista di proprietà delle Gallerie, gli Uffizi ne conservano un altro aggiuntivo, fino a oggi nascosto sotto la pittura visibile della Martire d’Alessandria» le parole del direttore della galleria fiorentina, Eike Schmidt che ha annunciato «una grande campagna diagnostica per svelare tutti i segreti dei capolavori di Artemisia Gentileschi in possesso alle Gallerie degli Uffizi». Per questo, ha aggiunto, «già nei prossimi giorni con l’Opificio daremo il via al progetto e nel giro di alcuni mesi speriamo di poter annunciare nuove, interessanti rivelazioni. Quest’anno potremo celebrare la Festa della donna con importanti rivelazioni che cambiano ciò che sappiamo riguardo a una delle pittrici più rappresentative di tutta la storia dell’arte», ha concluso Schmidt, condannando la violenza sulle donne. Non a caso. Artemisia venne stuprata da Agostino Tassi, un pittore con cui lavorava e che era stato da lei più volte rifiutato. Nel processo per stupro venne addirittura torturata dai giudici durante la sua confessione e rischiò di perdere per sempre l’uso delle dita.    Lo studio che ha portato alla rivelazione della laboriosa genesi della Santa Caterina d’Alessandria è stato condotto da Maria Luisa Reginella e Roberto Bellucci con la supervisione di Cecilia Frosinini, ed è durato circa un mese. A portare alla luce i dettagli ‘sepolti’, gli esami ai raggi X: il loro utilizzo ha evidenziato anche un’iniziale posizione diversa della mano sinistra della santa, poi cambiata dall’artista, un velo sulla scollatura dell’abito (dotato di una sorta di colletto che in un primo momento aveva fatto pensare ad una veste maschile, idea poi accantonata) e un misterioso piccolo volto in corrispondenza della parte a sinistra del viso di Santa Caterina, del tutto decontestualizzato rispetto all’opera finita o alla sua precedente versione. Per questo dettaglio è stato possibile solo ipotizzare che fosse un abbozzo iniziale di un’opera del tutto diversa, poi abbandonato. Artemisia evidentemente riutilizzò questa tela, come del resto molti artisti del periodo erano soliti fare, per risparmiare sui materiali. Per secoli la pittora venne condannata all’oblio, tanto da non essere menzionata neppure nei libri di storia dell’arte. Fino alla rivalutazione di Roberto Longhi, nel 1916, che la definì «l’unica donna in Italia che abbia mai saputo che cosa sia pittura e colore».

Le opere di Artemisia Gentileschi nei musei statali fiorentini: la Galleria degli Uffizi accoglie ‘Santa Caterina‘, la celeberrima ‘Giuditta e Oloferne’ e la ‘Minerva’; Palazzo Pitti custodisce la ‘Madonna con bambino’, ‘Giuditta e la fantesca Abra con la testa di Oloferne’ e ‘Santa Maria Maddalena’.

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