Giovedì 18 Aprile 2024

Andar per mostre da Treviso a Firenze. Gli appuntamenti da non perdere

Arte, cosa vedere nei musei, ma non solo: viaggio nella bellezza

Federico Seneca, manifesto pubblicitario, “Baci Perugina”, 1922

Federico Seneca, manifesto pubblicitario, “Baci Perugina”, 1922

Treviso, 19 marzo 2018 - Segno e forma nella pubblicità; al Museo Salce i lavori del maestro che ha creato quel “Bacio” diventato simbolo della Perugina 

L’immagine dei due innamorati del “Bacio” Perugina è nella memoria collettiva di generazioni di italiani ma quanti conoscono il nome del suo inventore? Restare dietro le quinte è il contrappasso per tanti pubblicitari geniali, capaci di conquistare il gusto popolare e di entrare nella storia del costume. Anche Federico Seneca (1891-1976), autore del disegno del mitico cioccolatino, paga questo prezzo inevitabile quando il fine del lavoro creativo è l’ esaltazione del marchio. All’ artista rende omaggio fino al 2 settembre il Nuovo Museo Nazionale Collezione Salce di Treviso con la mostra monografica “Federico Seneca. Segno e forma nella pubblicità” che ne documenta l’intero percorso creativo dagli esordi belle époque agli sviluppi futuristi alla teatralità di matrice bauhaus. È l’ occasione per mettere a fuoco alcune delle campagne comunicative più famose ideate tra gli anni Venti e Trenta e introdurre con alcune creazioni dei primissimi anni Cinquanta il periodo del boom economico.

 

Tra le circa cento opere in esposizione, il manifesto più famoso è ovviamente quello del Bacio di cioccolato, realizzato da Seneca nel 1922, in pieno periodo futurista anche ne sentì l’ influenza solo marginalmente. L’ immagine rimanda piuttosto alle atmosfere della Belle Epoque, con i due innamorati che si baciano richiamando il celebre quadro di Francesco Hayez. «È un’ opera giovanile che non corrisponde alla cifra stilistica di Seneca - dice Marta Mazza, direttrice del Salce, che ha anche curato il catalogo insieme con la direttrice del museo di Chiasso Nicoletta Ossanna Cavadini -. La grandezza dell’artista sta nella sintesi plastica delle figure che diventano assoluto e nella capacità di trasporre i valori formali dalla tridimensionalità alla bidimensionalità con grandissima disinvoltura».

 

Il manifesto del 1958 realizzato per la Cinzano Soda ne è la dimostrazione più evidente, con la figura umana evocata da una linea curva e un cerchio. Seneca - che fu direttore artistico della Perugina (con cui collaborò dagli inizi degli anni Venti al 1933) e della Buitoni - firmò altre campagne pubblicitarie prestigiose per Modiano, Ramazzotti, Agipgas, Talmone, Chlorodont, Lane BBB con «indimenticabili personaggi dalla valenza plastica e teatrale, perfetto preludio alle invenzioni della pubblicità animata per la televisione». Marchi che hanno fatto breccia nel grande pubblico grazie a un lungo lavoro nascosto di ideazione e a una capacità straordinaria di comunicare con segni e forme. È una caratteristica che accomuna Seneca ad altri nomi illustri della grafica di quegli anni come Fortunato Depero, il grande maestro dell’Avanguardia, a cui si deve l’ iconica bottiglietta del Campari Soda. La mostra approda a Treviso dopo aver fatto tappa a Chiasso, a Perugia (la città dell’ industria dolciaria del Bacio), e a Fano, città natale dell’ artista. Si tratta di una sorta di ritorno a casa: tutti i manifesti esposti, tranne pochi esemplari, fanno parte della collezione storica Salce. Il Museo, inaugurato nel maggio del 2017, conta ben 25 mila manifesti della collezione curata da Nello Salce fino alla sua morte nel 1962. Un tesoro oggi raddoppiato grazie alle donazioni che hanno permesso di continuare la cronologia.

Segno e forma nella pubblicità, al Museo Salce di Treviso i - Fino al 2 settembre - Info 0422/591936 o www.collezionesalce.beniculturali.it

 

Firenze, “Nascita di una Nazione” Tra Guttuso, Fontana e Schifano. l'Italia in 80 opere, l’arte colora la politica negli anni ’50 e ’60

Viaggio tra arte, politica e società nell’Italia tra gli anni Cinquanta e il periodo della contestazione attraverso ottanta opere di artisti come Renato Guttuso, Lucio Fontana, Alberto Burri, Emilio Vedova, Enrico Castellani, Piero Manzoni, Mario Schifano, Mario Merz e Michelangelo Pistoletto. Curata da Luca Massimo Barbero, l’esposizione allestita a Palazzo Strozzi vede per la prima volta riunite assieme opere emblematiche del fermento culturale italiano tra gli anni Cinquanta e la fine dei Sessanta: un itinerario artistico che parte dal trionfo dell’Arte Informale per arrivare alle sperimentazioni su immagini, gesti e figure della Pop Art in giustapposizione con le esperienze della pittura monocroma fino ai nuovi linguaggi dell’Arte Povera e dell’Arte Concettuale. La mostra racconta la nascita del senso di Nazione attraverso gli occhi e le pratiche di artisti che, con le loro sperimentazioni, da un lato fanno arte di militanza e impegno politico, dall’altra reinventano i concetti di identità, appartenenza e collettività collegandosi alle contraddizioni della storia d’Italia negli anni successivi al cupo periodo del fascismo e della guerra.

 

Sono questi gli anni del cosiddetto “miracolo economico”, momento di trasformazione profonda della società italiana fino alla fatidica data del 1968, di cui nel 2018 ricorre il cinquantesimo anniversario. È in questo ventennio che prende forma una nuova idea di arte, proiettata nella contemporaneità attraverso una straordinaria vitalità di linguaggi, materie e forme che si alimentano di segni e figure della cronaca. Come in una sorta di “macchina del tempo” costruita per immagini dal curatore con un taglio originale e mai pesante, l’esposizione narra il periodo più fertile dell’arte italiana della seconda metà del Novecento, che oggi è riconosciuto come contributo fondamentale per l’arte contemporanea, ripercorrendo alcuni temi identitari di un Paese in cui l’arte viene concepita sia come forza innovatrice sia come strumento di approfondimento di un più ampio contesto culturale.

 

“Nascita di una Nazione vuole offrire una chiave di lettura ad un periodo artistico che si è intrecciato indissolubilmente con lo sviluppo dell’Italia e che ha tratto dalla politica, dal costume e dai cambiamenti sociali linfa vitale - spiega il curatore, Luca Massimo Barbero - . Le sale riassumono le tensioni sociali, politiche, culturali e sociali di quegli anni dando un quadro straordinariamente ricco ed eterogeneo di ricerche artistiche che può sorprende vedere qui riunite per assonanze e contrasti, ma che fotografano un dialogo che risulta, a maggior ragione oggi, assolutamente vitale”. Ad aprire il percorso della mostra ecco pararsi l’imponente “Nascita di una Nazione”, uno dei capolavori del ‘realismo militante’ di Renato Guttuso, la battaglia di Ponte dell’Ammiraglio (1951-1955) realizzata per l’Istituto di Studi Comunisti Palmiro Togliatti delle Frattocchie. Attorno alla grande tela, documenti e immagini filmate che ripercorrono la storia del nostro paese dagli anni ’50 fino al ’68 tratte dal mondo del cinema, della moda della politica in opposizione ad altre espressioni di quello stesso periodo. In dialogo con l’opera iconica di Guttuso, le poetiche delle nuove avanguardie rappresentate dall’astrazione antirealista di Giulio Turcato con le bandiere rosse stilizzate del suo “Comizio” (1950) e da due opere del decennio successivo, il provocatorio collage su stoffa Generale incitante alla battaglia (1961) di Enrico Baj e il décollage sul volto di Benito Mussolini, “L’ultimo re dei re” (1961) di Mimmo Rotella.

 

Occhi puntati sull’all’arte informale a cavallo tra gli anni ’50 e ’60, con l’esistenzialismo tormentato di opere come “Scontro di situazioni ’59-II-1” (1959) di Emilio Vedova, i tagli nel metallo “Concetto Spaziale, New York 10’” (1962) di Lucio Fontana e le sperimentazioni radicali di Alberto Burri su juta, tela e legno bruciato. Abbagliante per il suo candore l’allestimento completamente bianco, la serie di opere ‘acromatiche’ di Piero Manzoni, presente in mostra anche con una delle sue celeberrime scatolette ‘Merda d’artista’ che forse, dall’alto dei suoi 57 anni, non riesce più a sortire alcuna traccia di choc. Infine lo scoppio della Contestazione trova la sua raffigurazione nell’iperpoliticizzazione concettuale di dipinti sul tema della militanza (in cui il rosso la fa da padrone) e di trionfo del rosso come “Compagni compagni” di Schifano e “Corteo” di Franco Angeli, entrambi datati 1968. Ed è dello stesso anno, a ideale chiusura del percorso della mostra, l’installazione dell’Italia, a testa in giù e appesa ad un filo (esplicito rimando a piazza Loreto), di Luciano Fabro, simbolo di una trasformazione sociale e culturale che in venti anni aveva portato al sovvertimento degli stessi concetti di Nazione e Paese. A questo stivale capovolto fa da contraltare una soffice Italia in pelliccia realizzata da Fabro l’anno successivo.

“Nascita di una Nazione” - Tra Guttuso, Fontana e Schifano -  Fino al 22 luglioInfo 055/2645155 o www.palazzostrozzi.org

 

Ascoli, “Cola dell’Amatrice”, esposti in anteprima gli appunti mai visti, sessanta opere - Dialogo con capolavori di Raffaello e Perugino 

Il maestro dell’arte rinascimentale Nicola Filotesio, detto Cola dell’Amatrice è protagonista di una mostra ad Ascoli Piceno che è occasione unica per conoscere l’operato di questo maestro dell’arte italiana del ‘500, la cui opera, ancora poco nota, segna un contributo significativo all’arte rinascimentale italiana. Fino al 25 luglio alla Pinacoteca Civica di Ascoli Piceno la mostra “Cola dell’Amatrice da Pinturicchio a Raffaello”, curata da Stefano Papetti e Luca Pezzuto, che racconta in 60 opere, tra cui capolavori di Raffaello, Perugino, Pinturicchio e Signorelli, il percorso di formazione dell’artista attraverso i rapporti e le reciproche influenze con i grandi pittori del suo tempo. Esposti per la prima volta i disegni ed appunti inediti dei taccuini di Cola, conservati nella Biblioteca Comunale di Fermo, con studi sulle opere di altri autori, tra cui Leonardo, Raffaello e Luca Pacioli, ricette per vernici e colori e indicazioni sulle tecniche pittoriche. Pagato talvolta più di Raffaello, e unico pittore attivo nell’area appenninica ad essere citato da Vasari come “Maestro raro e del migliore che fusse mai stato in què Paesi”, Nicola Filotesio, detto Cola dell’ Amatrice (1489-1555) giunse ad Ascoli Piceno nel 1508 per eseguire il polittico di Piagge (presente in mostra) introducendo nella tradizione pittorica ascolana dominata dallo stile di Carlo Crivelli (rappresentato nell’esposizione dal Trittico di Valle Castellana), le novità stilistiche del Rinascimento.

 

Dopo una parentesi romana, in cui scopre, gli affreschi di Filippino Lippi e di Raffaello, Cola torna ad Ascoli, dove lavorerà a fasi alterne per 40 anni, facendo proprio quanto aveva appreso nell’Urbe, come dimostrano la Pala di San Vittore (1514), l’Istituzione dell’Eucarestia e La Morte della Vergine, che rientra ad Ascoli dai Musei Capitolini o il trittico di Force, L’esposizione rende conto anche dei ‘compagni di stradà di Cola, da Sodoma (Madonna col Bambino proveniente da una collezione privata e mai esposto prima) a Saturnino Gatti (Beato Vincenzo dell’Aquila) e dei suoi passaggi all’Aquila (per progettare la Chiesa di San Bernardino), Perugia, Siena, Urbino e lungo la Salaria all’Abbazia di Farfa. Parte dell’esposizione è ospitata nel complesso monumentale di San Francesco, dove sono stati ricollocati gli affreschi che erano stati strappati negli anni ‘50, e che raccoglie anche disegni e sculture in terracotta provenienti dalla bottega dell’artista, mentre nel refettorio del convento dell’Annunziata si potrà ammirare l’affresco Salita al Calvario, seguendo un percorso cittadino che consentirà anche di conoscere le opere architettoniche dell’artista. «A quasi trent’anni dall’ultima mostra che Ascoli Piceno ha dedicato a Cola - le parole del curatore - l’esposizione attuale recupera molte opere dei territori colpiti dal sisma, e consente eccezionalmente di ammirare dipinti su tavola concessi dagli Uffizi e dai Musei Vaticani e Capitolini, che normalmente non vengono mai prestati per la loro fragilità». L’esposizione costruisce anche «un corpo di studi sulle tecniche usate da Cola attraverso indagini diagnostiche su 10 tavole, di cui 6 restaurate per l’occasione». Uno dei risultati di questi studi, in collaborazione con l’Università di Camerino, è la scoperta che i quattro angeli reggicroce esposti al termine del percorso, erano in principio angeli musicanti, poi modificati dall’artista. La mostra è la terza di una serie voluta dalla Regione Marche per valorizzare e rilanciare il suo territorio dopo il sisma nell’ambito del progetto “Mostrare le Marche”.

Cola dell’Amatrice, da Pinturicchio a RaffaelloFino al 25 luglio - Info 0736/2981  o www.comuneap.gov.it

 

Milano, Letto divino. Alda Merini mai vista: ritratti d’artista, foto, manoscritti e libri, omaggio alla poetessa scomparsa 9 anni fa

C’è una Alda Merini inedita nella mostra “Letto divino. Alda Merini mai vista: foto, manoscritti e libri” in programma alla libreria Pontremoli di Milano dal 21 marzo, giornata internazionale della Poesia e soprattutto compleanno della poetessa morta nove anni fa. Nell’esposizione, che fa parte del palinsesto che Milano quest’anno dedica al Novecento italiano, trovano spazio tutta la sua produzione editoriale, incluse le edizioni che la stessa Merini costruiva battendo a macchina i testi, poi facendoli fotocopiare e rilegare, quaranta fotografie scattate negli anni Ottanta da Giuseppe Nicoloro, manoscritti (alcuni dedicati alla libreria) e una selezione degli aforismi editi da Pulcino Elefante. La mostra gratuita e patrocinata dal Comune sarà visibile fino al 14 aprile, mentre dal 19 la libreria ospiterà l’esposizione "Ritratti d’artista) con 40 foto scattate da Giovanna Biondi a grandi personaggi dell’arte, da Arnaldo Pomodoro a Ugo Nespolo a Michele Cascella.

Letto divino. Alda Merini mai vista: foto, manoscritti e libri - Fino al 14 aprile - Info 02/58103806 o www.libreriapontremoli.it

 

 

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