Apocalittico Virzì: "L’abisso è qui"

Il regista presenta “Siccità“: Roma assetata e travolta da conflitti. "Non ho risposte, solo un soffio di preghiera"

Migration

"Non è un film sul futuro, ma sul presente. Ci sono conflitti per l’acqua, c’è un mondo cambiato con cui tutti dobbiamo fare i conti. Tutta la nostra cultura si è basata sulla illimitatezza delle risorse, e invece abbiamo capito che sono limitate, che sono quasi finite. Abbiamo imparato a chiudere l’acqua quando ci laviamo i denti, ma non basta". Lo dice Paolo Giordano, lo scrittore premio Strega, che è uno degli sceneggiatori di Siccità di Paolo Virzì, presentato fuori concorso a Venezia con un cast che comprende Monica Bellucci, Valerio Mastandrea, Silvio Orlando, Sara Serraiocco, e ancora Claudia Pandolfi, Tommaso Ragno, Vinicio Marchioni, Max Tortora... Un filmmosaico, come America oggi di Robert Altman, Magnolia di Paul Thomas Anderson, o Crash di Paul Haggis. Tutti film che tentavano, in un modo o nell’altro, una foto di gruppo dell’umanità sull’orlo del disastro. E Siccità non fa eccezione.

Una metropoli, Roma, ormai senza acqua, blatte che brulicano sui pavimenti di bagni e cantine, il Tevere disseccato, una misteriosa malattia che sfinisce e uccide, miliardari che fanno il bagno nelle piscine termali e gente che non ha nemmeno un po’ d’acqua per bere. E tutti contro tutti, in un crescendo di egoismi spiccioli, grandiosi atti di cinismo, crimini idioti.

"Volevo comporre un mosaico narrativo, ma che avesse dentro di sé la forza del cinema – dice Paolo Virzì, che ha scritto il film con Francesca Archibugi, Francesco Piccolo e Paolo Giordano – Una delle cose che abbiamo imparato da questa pandemia è che non ci si salva da soli: se c’è una salvezza, è negli altri. E anche per questo abbiamo pensato un film così affollato di personaggi: personaggi cinici e meschini, che tuttavia abbiamo amato anche nella loro meschinità". C’è anche un po’ di Fellini, in questa Roma dove spuntano giganteschi reperti archeologici, o in cui appaiono personaggi bislacchi, irragionevoli, sfrenati come certe figure felliniane.

"È vero – dice Virzì – è uno scenario apocalittico quello che disegno: il mio film è una commedia piena di cupo scoramento. Ma l’abisso è qui, accanto a noi. C’è una catastrofe sanitaria e ambientale in corso". Risposte? Rimedi? "Il cinema non può dare formule: il suo compito è allungare lo sguardo, raccontare. Però in questo film soffia un’aria di preghiera, la preghiera di un laico che non crede che ci sia un Dio, ma ci spera disperatamente".

Giovanni Bogani

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro