Giovedì 25 Aprile 2024

Anche i Greci si affidavano ai mercenari

Le battaglie di Himera in Sicilia: l’esame del Dna e lo studio delle armature dimostrano che molti combattenti erano stranieri

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di Aristide

Malnati

Eroi di guerra, ma ben pagati. I mercenari lautamente prezzolati, per lo più originari di terre lontane o, in qualche caso, corpi speciali (professionisti super retribuiti) appartenenti alla stessa nazione per cui combattono, hanno spesso costituito l’elemento determinante per l’esito di famose battaglie, nell’antichità come in tempi più recenti.

Se vogliamo il primo guerriero remunerato potrebbe essere considerato lo stesso Achille quando nel nono anno della guerra di Troia dall’esito sempre più incerto, si irrigidì nella sua decisione di rinunciare alla battaglia in quanto profondamente offeso da Agamennone, a capo dei greci, colpevole di avergli sottratto la schiava Briseide, suo legittimo bottino di guerra: solo dopo aver ottenuto questa giovanissima e bellissima fanciulla, sua indiscussa “proprietà”, e quindi solo dopo aver recuperato la “timè”, l’onore oltraggiato, concretamente quantificato con beni e possedimenti di valore che ne aumentarono la ricchezza, decise a più riprese di tornare in battaglia, risultando decisivo alla conquista di Troia.

Una scoperta archeologica importante e lo studio dei reperti trovati ha mostrato che la prassi di assoldare soldati mercenari, anche in numero considerevole, fu diffusa nell’Antica Grecia a tutte le epoche. Nella necropoli dell’antico sito di di Himera, colonia greca sulla costa nord della Sicilia (non distante da Palermo), gli archeologi hanno trovato i resti dei soldati locali che in una prima occasione (480 avanti Cristo) sconfissero i nemici cartaginesi uccidendo addirittura il loro comandante, Amilcare Magone; e vicino a costoro i combattenti che anni dopo (409 a. C.) furono travolti da una massiccia spedizione cartaginese, condotta da Annibale Magone, nipote di Amilcare, vittorioso anche su altre colonie greche in Sicilia. Annibale addirittura ordinò di sacrificare tremila imeresi ai Mani di Amilcare (divinità personali e della sua famiglia) per vendicare l’illustre antenato.

Ebbene, dall’analisi del Dna di decine di caduti nelle due battaglie e dallo studio delle armature indossate emerge chiaramente che nella prima battaglia combatté un buon trenta per cento di mercenari e che nella seconda la percentuale addirittura raddoppiò.

Le caratteristiche genetiche di questi soldati prezzolati ne rivelano le regioni di provenienza, che sono per lo più lontane: la Scizia, vale a dire le steppe dell’attuale Ucraina, ma anche la Tracia, cioè le pianure e le montagne balcaniche tra Romania e Bulgaria.

Le nuove scoperte archeologiche poi vengono integrate con quanto riportato dagli storici: sappiamo infatti da Diodoro Siculo che nel corso del vittorioso scontro del 480 avanti Cristo. Himera venne aiutata dagli eserciti di Siracusa e Akragas (Agrigento) e che il tiranno di Siracusa Gelone assoldò diecimila coloni stranieri (Diodoro si guarda bene dall’usare il termine “mercenari”), gratificati in seguito con la cittadinanza.

È una delle rare allusioni tra gli storici greci dell’impiego di mercenari da parte delle “pòleis” (le città-stato greche e le loro colonie), solitamente restii a riconoscere aiuti esterni per non sminuire l’attaccamento alla patria di comunità esaltate come capaci da sole di gesta eroiche nel difendere il proprio territorio. Tale patriottismo, che almeno nelle intenzioni era poco incline a includere stranieri nell’esercito (tranne poi ricorrervi per avere più possibilità di successo in battaglie decisive), emerge anche nella differenziazione del luogo di sepoltura.

Nella necropoli di Himera sono state rilevate aree di sepoltura molto ordinate con tombe singole e spaziose per sistemare un cospicuo corredo funebre accanto al cadavere, tutte destinate ai caduti imeresi, e fosse comuni, già trascurate in origine, dove invece vennero ammassati i cadaveri dei soldati mercenari.

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