
La proprietaria del brownstone nel West Village, che per sei stagioni è stata la casa di Carrie Bradshaw in Sex...
La proprietaria del brownstone nel West Village, che per sei stagioni è stata la casa di Carrie Bradshaw in Sex and the City, ce l’ha fatta. È riuscita a ottenere il permesso di installare al 66 di Perry Street, Manhattan, un cancello che impedisca a centinaia di fan di sedersi sulle sue scale, scattare foto o fare video a qualsiasi ora del giorno e della notte. Nel frattempo, però, la protagonista della serie si è trasferita in una casa in stile neogreco al 3 di Gramercy Park West. È lì che la troviamo, ancora senza mobili ma con una cabina armadio da capogiro, in And Just Like That 3, terzo capitolo del proseguimento del cult Hbo da oggi su Sky e in streaming su Now. 12 episodi svelati al pubblico con cadenza settimanale in cui Carrie (Sarah Jessica Parker), Miranda (Cynthia Nixon) e Charlotte (Kristin Davis) insieme a Seema (Sarita Choudhury) e Lisa (Nicole Ari Parker) si concentrano su carriera e famiglia mostrando cosa significhi vivere amore, sesso e amicizia a 50 anni. Senza dimenticare mai New York sullo sfondo, altra indiscutibile protagonista.
"La vita è una storia che scriviamo tutti i giorni. E quando la trama ci sorprende possiamo scegliere di iniziare un nuovo capitolo", afferma Carrie. Ed è proprio davanti a un nuovo inizio che si trova la scrittrice. Ha una relazione a distanza con Aiden (John Corbett), grande amore ritrovato, che le ha chiesto di aspettarla cinque anni mentre lui vive in Virginia con i figli in attesa che siano abbastanza grandi per volare da lei nella Grande Mela. Tra cartoline senza testo, sesso telefonico disastroso e adolescenti problematici c’è più di un problema all’orizzonte per la coppia. Specie se nell’appartamento al piano inferiore si trasferisce uno scontroso scrittore con il volto di Jonathan Cake che odia il rumore dei tacchi e con il quale Carrie lentamente inizia un’amicizia suggellata dal comune lavoro. Sì, perché tra le novità della sua vita c’è anche la decisione di cimentarsi con la scrittura di un romanzo di finzione.
Cosa dire di questa terza stagione se non che ricalca i problemi della precedente? La serie si confronta con il mondo contemporaneo – relazioni al tempo dei social, meme, figli con ADHD e prescrizioni di Adderall, relazioni fluide, politicamente corretto –, ma sembra sempre un passo indietro. Come se la naturalezza narrativa necessaria per immergerci nelle storie dei vari personaggi venisse meno e lasciasse il posto a una forzatura, al bisogno di inserire quante più tematiche attuali per stare al passo con i tempi e non tralasciare nulla. Una rincorsa all’inclusività a tutti i costi. Ma il troppo, ogni tanto, stroppia. Se da un lato c’è una pluralità di argomenti con i quali è facile relazionarsi, dall’altro tutto resta un po’ in superficie. L’assenza della Samantha di Kim Cattrall continua a farsi sentire e le new entry non riescono a far breccia come dovuto.
Quello che rimane invariato è lo sfavillio di outfit da sogno e irraggiungibili: scarpe, borse, collane, completi, cappelli e una miriade di altri capi da sogno. Quello che manca, però, è il tocco graffiante (e anticipatore) dell’originale.