Alla “Recherche“ del Proust dimenticato

Nel centenario della morte in Francia si moltiplicano mostre, eventi, trasmissioni radio e tv: ma i romanzi si leggono sempre meno

Migration

di Giovanni Serafini

"La vita è troppo corta e Proust è troppo lungo", diceva Anatole France. A cento anni dalla morte del grande scrittore, cresce in modo inversamente proporzionale il divario fra i suoi lettori e le celebrazioni che gli vengono dedicate. Un’ondata di saggi e biografie, tre grandi mostre, una versione della Recherche a fumetti, la pubblicazione dell’intera opera in edizione tascabile, senza dimenticare le conferenze, i concerti, le trasmissioni radiofoniche e televisive: la “Proustomania” dilaga in Francia come un ciclone, ancora più forte di quello che l’anno scorso accompagnò le commemorazioni dei 150 anni della nascita.

Ma chi legge ancora per intero le tremila pagine della Recherche, il romanzo più lungo della letteratura moderna, con 1.231.972 parole e 7.234.875 caratteri? Il “proust-maniaco” Nicolas Ragonneau ha fatto i conti: procedendo con un ritmo regolare di due ore al giorno (48 pagine l’ora, exploit atletico per un’opera così densa), ci vuole più di un mese per arrivare alla parola fine. Quanti sono disposti all’impresa?

Non molti fra i giovani, che stando alle statistiche, leggono ormai pochissimo (il 12% in meno fra il 2019 e il 2021) e trascorrono sempre più tempo con i social (tre ore al giorno, in media). Senza arrivare all’assurdo di quello studente liceale che alla domanda “chi ha scritto la Recherche?” rispose senza esitare “Alain Prost”, c’è da credere che dei Guermantes, di Charlus, di Albertine e dell’allegra brigata delle fanciulle in fiore i giovani contemporanei non sappiano granché.

Il guaio per Proust è che anche gli anziani lo stanno gradualmente abbandonando: nell’ultimo anno, dice un rapporto del ministero della cultura, il numero dei lettori over 60 è calato del 6%: colpa di Netflix e delle serie tv in cui scivolano la sera prima di addormentarsi.

La Francia, comunque, non si arrende: Proust, snobbato quando era ancora in vita, è diventato un’istituzione, un punto di riferimento che brilla come un faro. Esistono – non numerosissimi, ma molto attivi – dei “Fans di Marcel Proust” che ogni giorno sul net si scatenano in interpretazioni a volte commoventi: la “madeleine” che “tante Léonie” offriva la domenica al giovane scrittore era una vera “madeleine”, o non piuttosto un biscotto o un pezzo di pane abbrustolito? I vestiti “color Venezia” di Albertine si ispiravano davvero agli affreschi di San Marco? E Albertine era consenziente al momento della fuga?

Fra i grandi “proustomani” figura perfino William Friedkin, il regista dell’Esorcista e di French Connection, che tutte le sere si faceva leggere da sua moglie Jeanne Moreau qualche pagina della Recherche. Il matrimonio non durò, ma la passione per lo scrittore sì: al punto che Friedkin effettuò un pellegrinaggio Sulle tracce di Marcel Proust (Edizioni La Pionnière).

Tre, dicevamo, le grandi esposizioni parigine che accendono i riflettori sul centenario. Marcel Proust dalla parte della madre, organizzata da Paul Salmona al Museo di storia del Giudaismo. Marcel Proust, la fabbrica dell’opera appena inaugurata (fino al 22 gennaio 2023) alla Biblioteca Nazionale di Francia. Marcel Proust, un romanzo parigino, allestita da Anne-Laure Sol al Museo Carnavalet.

La prima ci racconta quanto l’arte di Proust dovette all’educazione ricevuta dalla madre Jeanne Clémence Weil e dalla grande borghesia ebraica. La seconda ci guida nei meandri dell’opera proustiana mostrandoci le correzioni, gli appunti, le “aggiunte” (le famose “paperoles”) che lo scrittore incollava alle pagine del manoscritto, alcune lunghe due metri. La terza, la più sontuosa, entra direttamente nella vita del romanziere, della sua famiglia, dei suoi amici e dei luoghi – Parigi soprattutto – in cui visse: ci sono la ricostituzione della sua camera, il suo bastone, il suo cappotto (un delizioso libro di Lorenza Foschini ne ha raccontato la storia), il letto in cui lo scrisse e morì.

Il decesso avvenne il 18 novembre 1922. Proust aveva lasciato l’appartamento tappezzato di sughero ed ermeticamente chiuso del 102 boulevard Haussmann e si era trasferito da tre anni al numero 44 della rue Hamelin, nel sedicesimo arrondissement, fra l’Arco di Trionfo e il Trocadéro. Era malato di polmonite, febbricitante, esausto. Celeste Albaret, la “servante” che lo adorava, si era precipitata al Ritz per comprargli una birra ghiacciata.

Il medico, il dottor Bizet, gli aveva fatto un’iniezione di canfora nonostante le proteste dello scrittore che aveva paura di siringhe e compresse. Sudato, ansimante, Proust era in preda agli incubi. Vedeva nella stanza, che non aveva riscaldamento, una “grossa donna nera” che incombeva su di lui. Implorò suo fratello Robert, che lo vegliava, di cacciarla. Poi gli fece promettere che avrebbe fatto pubblicare le sue opere ancora inedite: La Prisonnière, Albertine disparue, Le Temps retrouvé.

Alle 6 del pomeriggio esalò l’ultimo respiro. Il giorno dopo Man Ray si recò al letto di morte per fare un calco del viso. I funerali vennero celebrati il 21 novembre nella chiesa Saint-Pierre-de Chaillot. Marcel Proust riposa nel cimitero del Père Lachaise: sulla sua tomba di marmo scuro solo il suo nome e due date: 1871-1922.