di Giovanni Bogani Si sono ritrovati, sessant’anni dopo quella curva sulla via Aurelia in cui si separavano i loro destini. Nel film Il sorpasso, la commedia on the road di Dino Risi del ’62 che avrebbe segnato la storia del cinema, Jean-Louis Trintignant moriva lì: la Lancia Aurelia clacsonante e superba schiantata giù, nel burrone, sugli scogli di Calafuria. L’incontro con un travolgente Vittorio Gassman, che aveva strappato il quieto studentello di giurisprudenza dal suo studio, una mattina di Ferragosto, finiva così. Gassman, la camicia stracciata, ma vivo, guardava attonito la carcassa dell’auto. "Era un suo parente?" chiedeva il poliziotto. "Si chiamava Roberto. Il cognome non lo so. L’ho conosciuto ieri mattina", diceva Gassman. Nella realtà, Jean-Louis Trintignant è sopravvissuto più di vent’anni a Vittorio Gassman, morto nel giugno 2000. Trintignant ha resistito a tragedie familiari strazianti, come la morte della figlia Marie, massacrata di botte nel 2003, a 41 anni, in un hotel lituano dal suo compagno, Bertrand Cantat, leader dei Noir Désir. Non era l’unica tragedia della sua vita: aveva già perso una figlia, Pauline, morta a dieci mesi, in una di quelle morti in culla inspiegabili e strazianti. La vita, la morte, l’amore. L’accettazione, il dolore. Trintignant aveva impresso, negli anni, sul suo volto dolce e mesto, mille emozioni. E, anche in vecchiaia, ha prestato al cinema d’autore il suo viso enigmatico, con lampi di dolcezza e di consapevolezza infinita. Aveva un modo tutto suo di recitare. Sommesso, malinconico, gentile, intimo. Quasi sottovoce: perfetto per interagire con un Gassman tutto all’attacco. Ma con improvvisi squarci di felicità: come nel Sorpasso, quando ride e alza le braccia al cielo, dopo un’accelerazione di Gassman, in un momento in cui la vita sembra un dono, una gioia, una sorpresa, una conquista. In quel film che raccontava di come gli italiani provassero ...
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