
Acqua di San Giovanni: tradizione, significato e come si prepara
Roma, 23 giugno 2025 – Tra le tradizioni popolari legate all’inizio dell’estate, l’acqua di San Giovanni affonda le sue radici nella cultura contadina e nei riti legati al solstizio. Nella notte tra il 23 e il 24 giugno, alla vigilia della festa di San Giovanni Battista, un tempo si usava raccogliere erbe e fiori, che venivano lasciati in infusione nell’acqua tutta la notte, sotto il cielo stellato.
Come suggeriva il rito la mattina di San Giovanni ci si doveva lavare con l’acqua di fiori, una pratica che ancora oggi viene tramandata come simbolo di purificazione, protezione e buon auspicio. Si credeva che anche la rugiada diventasse magica nella notte del 24 giugno: il legame con l’acqua, la terra e il ciclo solare ancora una volta affermano lo slancio vitale della natura, al suo massimo.
Che cos’è l’acqua di San Giovanni
L’acqua di San Giovanni è un’acqua profumata che si prepara con fiori, foglie ed erbe aromatiche raccolti il 23 giugno. Si tratta di una tradizione ancestrale legata al solstizio d’estate, che nel mondo cristiano è stata sovrapposta alla figura del santo più associato alla purificazione: Giovanni Battista, colui che battezzava con l’acqua.
Secondo la credenza popolare, durante la notte di San Giovanni la rugiada possiede un’energia particolare. Si diceva che la rugiada avesse poteri benefici per la pelle e sullo spirito. Il gesto di raccogliere le erbe e lasciarle in infusione si caricava di un valore simbolico particolare. Passeggiare fra prati e boschi, raccogliere ciò che la natura offre, esporre foglie e fiori alla luce lunare, attendere la rugiada e l’alba di un nuovo giorno: gesti che diventano un rito di purificazione e forza.
La mattina del 24 giugno, al risveglio, ci si lavava il viso e le mani con l’acqua di San Giovanni per favorire salute, amore e fortuna. In alcune zone, si bagnano anche le mani dei bambini o si asperge l’ingresso di casa per allontanare il malocchio.
Quali erbe usare e come si prepara l’acqua di San Giovanni
Oggi preparare l’acqua di San Giovanni è un gesto semplice capace di trasformarsi in un momento di meditazione e contemplazione: sarà l’occasione per una passeggiata nella natura, allenando i cinque sensi e dedicando a se stessi un momento di calma.
Le erbe e i fiori possono essere scelti tra quelli spontanei della campagna. I più comuni sono lavanda, iperico, il cosiddetto “fiore di San Giovanni”, salvia, rosmarino, menta, camomilla, artemisia, verbena, rose e fiordalisi.
I fiori si mettono in una ciotola o un grande contenitore di vetro riempito d’acqua, che viene lasciato all’esterno per tutta la notte, sotto il cielo, esposto alla luce della luna e – se c’è – alla rugiada. L’acqua va utilizzata entro poche ore dal risveglio: non va conservata, né bevuta, ma serve semplicemente per lavarsi.
L’iperico e i riti solari
Tra le erbe più importanti associate a questa ricorrenza c’è l’iperico, noto anche come erba di San Giovanni. I suoi fiori gialli sbocciano proprio intorno al 24 giugno, e la tradizione vuole che siano particolarmente carichi di energia solare. L’iperico è anche usato per preparare il tradizionale oleolito con proprietà lenitive, antinfiammatorie e cicatrizzanti.
Nella cultura popolare, l’iperico era usato per allontanare gli spiriti maligni o come amuleto di protezione. Veniva spesso appeso fuori dalle case nella notte di San Giovanni, insieme ad altre piante “magiche”, proprio perché si credeva che questa fosse una notte di passaggio, tra luce e ombra, visibile e invisibile.
L’acqua di San Giovanni è un invito a rallentare, a percepire e osservare il cielo, toccare le foglie, respirare i profumi. È un rito che ricorda il valore dell’attesa, del gesto condiviso, della connessione tra la natura e la vita interiore. Anche solo immergere le mani in quell’acqua è un modo per riportare l’attenzione al corpo e al presente, un piccolo atto di cura, memoria e stupore.