“Mind in the gap” direbbero gli inglesi. “Attenti al gradino”, perché quello che porta al rettangolo verde degli stadi di solito è sdrucciolevole. Ma Achille Lauro decide di salirlo e che il dio delle hit parade (se non quello del sold-out) sia con lui. Appuntamento il 10 giugno 2026 tra gli spalti dello Stadio Olimpico di Roma, come annunciato a sorpresa ieri sera nella cornice amica del Circo Massimo durante la prima delle due esibizioni (si replica il 1 luglio) davanti a 32 mila anime che, complice la buona prova offerta a Sanremo con “Incoscienti giovani”, hanno mandato esauriti entrambi gli appuntamenti con mesi d’anticipo.
“Finalmente a casa! Qui, da dove siamo partiti, senza sapere dove stavamo andando e soprattutto senza sapere dove arriveremo” ha esordito De Marinis nella calura del Palatino con quel plurale maiestatis usato un tempo da re, nobili e papi a cui ha ormai abituato il suo popolo. Lo stadio? “Un punto d’arrivo”, assicura poi giù dal palco smentendosi. “Veniamo da due o tre anni di lavoro intenso e silenzioso, cercando di discostarci dalle pressioni del mercato, dalla pubblicazione continua e forzata di brani. Siamo tornati all'essenziale, alla ricerca di qualcosa di reale, che si ottiene solo con tempo, ricerca e dedizione totale alla musica. Dopo due anni in giro per il mondo a scrivere e a cercare la nostra identità, è arrivato questo periodo stupendo” dice.
“Oggi penso che tutto abbia un senso. Ho fatto di tutto, e sono contento, anche degli errori. L’Eurovision, ad esempio, è stato un esperimento non riuscito: ho speso 400 mila euro per uscire alla prima ondata”, ammette con un mezzo sorriso col pensiero al toro meccanico e al cappello da cowboy della partecipazione del 2022 coi colori di San Marino. Ma dagli errori, si impara. E lui non è tipo da perseverare. Magari ne fa altri, ma mai (o quasi mai) gli stessi.

Dopo “X-Factor” giura che si dedicherà esclusivamente alla musica. “Il mio obiettivo è fare canzoni fuori dagli schemi, come i Queen”. Ne ha bisogno perché se c’è un neo nella scatola delle meraviglie regalata al pubblico capitolino con pianoforti sospesi nel vuoto (“Perdutamente”) inserti lirici del soprano Valentina Gargano e dediche a pronta presa (come quella di “Cristina” alla madre: "questa è la carezza che non ho dato, per chi ama in silenzio, per chi non chiede nulla in cambio, per tutte le madri coraggiose, per la persona più importante della mia vita") c’è un’uniformità di scrittura che, al di là della veste pop, soul o jazz, finisce col rendere 29 canzoni una maratona impegnativa pure per il cuore impavido e allenato del fan.
In “Rolls Royce” rispunta Boss Doms ed è una gradita sorpresa. “Con la squadra che m’accompagna arriviamo all’essenza delle canzoni” sottolinea Lauro a proposito dei nuovi arrangiamenti. “Ma questo minimalismo valorizza anche il mio passato. La maledizione ora è che le aspettative sono alte”. Fra le sorprese nel cassetto pure un duetto con Antonello Venditti in “Che tesoro che sei”. “È stato un onore chiedere al maestro di ripescare un suo brano che amo”. Sanremo? "Non escludo il ritorno", si lascia scappare citando Califano, "ma siamo solo a giugno”. E prima, forse, bisogna vedere se c’è da “aiutare” o no le prevendite dell’Olimpico (da uomo spregiudicato solo a parole ha evitato, per il momento, il rischio mortale di San Siro). Intanto già a marzo l’attendono quindici notti nei palazzetti di otto città. Tutti pieni o quasi.