Mercoledì 24 Aprile 2024

A MANI NUDE PER NEK LA NATURA È DI CASA

di Doriano Rabotti

E’ un Nek sorprendente quello che esce dalle pagine del libro ’A mani nude’, che Filippo Neviani ha appena pubblicato per i tipi di Harper&Collins (18 euro, 192 pagine). Scrivere è stata l’occasione per affrontare, chiudere ed esorcizzare un anno difficile, dopo il brutto incidente alla mano del 19 novembre 2020, quando Nek rischiò di perdere due dita della mano sinistra tranciate da una sega circolare mentre lavorava per tagliare i resti di un calesse di famiglia nella casa di campagna dove passava le estati fin da bambino, sulle colline di Sassuolo. "Mettere in ordine i pensieri mentre passavo le giornate in ospedale o a fare gli esercizi per recuperare la funzionalità delle dita è stato terapeutico", racconta oggi che il peggio è passato e scongiurato, nel senso che la mano è salva e il musicista sassolese è tornato anche a suonare molti dei suoi strumenti, dal basso al pianoforte alla batteria. Manca ancora la chitarra, perché la mano "è al 75-80% e non so quanto potrà migliorare ancora".

Il Filippo che si racconta a cuore aperto nelle pagine del libro, all’alba dei 50 anni che ha compiuto il 6 gennaio, è un ragazzo diventato uomo che pur avendo scalato il mondo con album anche in spagnolo che hanno venduto 10 milioni di dischi, rimane legatissimo alle sue radici. Ed è qui che esce il Nek che non ti aspetti, quello meno conosciuto, anche se lui in realtà questo suo lato campestre non l’ha mai nascosto. Raccontando senza problemi che con i primi soldi guadagnati si è comprato trattori da usare nella stessa tenuta di Montegibbio dove è avvenuto l’incidente e dove spesso va ad ossigenare polmoni, cuore e memoria.

Quella del padre Cesare, scomparso anni fa, l’ha aiutato ad affrontare il momento peggiore: nel libro racconta di averne sentito la voce che lo spingeva a reagire, negli attimi dello smarrimento. E racconta anche delle tante notti passate, d’estate, a dormire nel bosco poco lontano su un panno steso per terra, sotto una grande quercia, per immergersi nelle voci della natura: "Se non fossi diventato un musicista, avrei voluto fare l’agronomo per poter stare a contatto con quell’ambiente che tanto amo". Non è un caso che la prefazione sia di Gianni Morandi, diventato amico vero proprio a causa del dolore, perché anche l’eterno ragazzo di Monghidoro si è ferito a una mano, nel fuoco: "Quando ci sentiamo al telefono i primi minuti li passiamo a informarci sulle condizioni dei nostri mignoli", racconta Filippo. Entrambi sono figli veri della loro terra, pur avendo girato il pianeta: emiliani nell’anima e non solo per la carta d’identità, capaci di parlare il dialetto e legatissimi alle proprie radici.

Letta così, non sembra più un caso neanche il fatto che il primo Nek salito sul palco ancora adolescente cantasse John Denver e la sua ’Take me home country road’...

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