Tasse allegre in Lussemburgo. Scandalo sul rigorista Juncker

Nel mirino per favori fiscali concessi da premier del Granducato

Jean-Claude Juncker, presidente della Commissione europea (Ansa)

Jean-Claude Juncker, presidente della Commissione europea (Ansa)

Bruxelles, 7 novembre 2014 - «In autunno vedrai le cose che tireranno fuori su Juncker...». Era piena campagna elettorale quando gli addetti ai lavori pronunciavano queste frasi. Oggi, dopo che Jean-Claude Juncker quella campagna elettorale l’ha vinta divenendo presidente della Commissione Ue, scoppia il caso ‘Luxembourg leaks’ dopo la pubblicazione di 548 documenti da parte del Consorzio internazionale dei giornalisti investigativi (Icij). Juncker, alla guida del Lussemburgo ininterrottamente dal 1995 al 2013, finisce nella bufera per agevolazioni fiscali ai limiti dell’evasione.

«Grazie alla creazione di strutture finanziarie complesse e accordi segreti, approvati dal Tax office del Lussemburgo ai tempi in cui Jean-Claude Juncker era primo ministro, molti giganti aziendali – si legge nelle carte pubblicate – hanno goduto di regimi fiscali agevolati, o di una vera e propria ‘evasione fiscale’ facendo perdere miliardi di entrate tributarie ai governi nazionali dei paesi in Europa». Le società – 343 quelle apparentemente coinvolte – al fine di «per risparmiare miliardi di tasse sui profitti», avrebbero fatto transitare miliardi di dollari attraverso il Lussemburgo, pagando spesso non più dell’1% di imposte sui profitti depositati nelle banche del Granducato. Brutta tegola per Juncker, alla guida dell’Eurogruppo quando la Troika chiedeva rigore e sacrifici ai paesi in difficoltà.

In Europa si usa cautela. Non si chiede ancora la testa di Juncker, anche se l’eurodeputato del Pd Nicola Danti annuncia un’interrogazione parlamentare, e il capogruppo dei liberali, Guy Verhofstadt, esorta l’esecutivo comunitario a «riferire immediatamente in Parlamento». L’alleanza tra popolari (Ppe), socialisti (S&D) e liberali (Alde) scricchiola. Martin Schulz se e ne accorge, e viene in soccorso di Juncker smorzando le polemiche. «Sono certo che la Commissione europea verificherà se ci sono violazioni del diritto comunitario».

Juncker è in difficoltà, tanto è vero che decide di annullare partecipazione e conferenza stampa a una mostra sull’Europa organizzata in serata a Bruxelles. Ufficialmente la modifica dell’agenda è dettata dal contemporaneo forfait di Jacques Delors, ospite d’onore, ma la decisione di Juncker non passa inosservata. Più loquace Pierre Gramegna. Il ministro dell’Economia lussemburghese lo difende e si difende. «Quello che è legale potrebbe non essere eticamente desiderabile, ma abbiamo applicato le regole in conformità con le leggi nazionali e internazionali».

Tutto da vedere, intanto però è bufera. Bufera forse artificiale. La tempistica è sospetta, mormorano a Bruxelles. Del resto in campagna elettorale i detrattori avevano rimarcato la passione di Juncker per i superalcolici e, a onor del vero, la stampa britannica già il 12 luglio scriveva che «il vero scandalo di Juncker è il paradiso fiscale del Lussemburgo». Possibile che già si sapesse e si è aspettato a scoperchiare il vaso di Pandora?