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Volterra, una pedalata lunga tremila anni

Dagli etruschi alle cantine ricche di suggestioni, sei motivi per riscoprire la città degli alabastrai

Tremila anni di storia, un paesaggio da cartolina, immerso fra i cipressi e una fila di colline che  sfumano verso il mare: basta guardare bene per trovarlo quando il cielo è terso, o al tramonto sulla linea dell’orizzonte. E una tradizione fiera: siamo a  Volterra, città di etruschi, lirici, religiosi, avanguardisti e anarchici, garibaldini e maestri dell’alabastro. Qui nacque il primo papa, san Lino, ma anche Leone X, il pontefice che fermò Attila. E Pio IX studiò nella città nata sopra le famose balze, lo scenografico baratro creato nei secoli dalla friabilità del terreno.

Per i romani, che le diedero il nome, era la città volante: un omaggio all’altezza di una rocca a 545 metri sul livello del mare, spesso spazzata dal vento (D’Annunzio la definì “città di vento e di macigno”), distesa tra le valli dell’Era e del Cecina e circondata nei secoli non da una, ma addirittura da due cinte murarie. Quelle etrusche prima, quelle medievali parecchi secoli più tardi.

1. Gli etruschi

Volterra è un concentrato di storia, dall’acropoli etrusca al teatro romano tornato alla luce negli anni Cinquanta, fino al Palazzo dei Priori oggi sede dell’amministrazione comunale, per contrasto al potere temporale, piazza San Giovanni con il Duomo con la cupola rialzata nel XV secolo con la consulenza del Brunelleschi e il Battistero che danno vita a un percorso di visita intrigante chiamato l‘Anima di Volterra. Accanto, aperto da un ampio loggiato, l’antico ospedale cittadino oggi centro espositivo della Fondazione Cassa di Risparmio di Volterra, il cuore che pompa linfa vitale alla maggior parte delle iniziative in città. E poi c’è la famosa Porta dell’Arco, con gli archi etruschi che incorporano tre reste scure dal misterioso significato. Più giovane, ‘soltanto’ due secoli di storia, il teatro Persio Flacco, che dal Risorgimento propone cultura, arte e spettacolo. Sorge all’interno del Palazzo Incontri, oggi dimora storica Viti. Fu voluto dall’Accademia dei Riuniti ed è il tempio dei melomani: qui si facevano le prove delle opere che poi debuttavano alla Scala, come testimonia la galleria di immagini del foyer.  A Volterra basta scavare per vedere apparire  qualcosa di unico. Dagli etruschi ai romani, dai longobardi ai franchi, poi i vescovi e nel 1472 i Medici. Ma il cuore resta quello custodito dal Museo Guarnacci. E’ uno dei più antichi e importanti musei etruschi d’Italia, con una collezione di 600 urne funerarie. I pezzi più famosi sono l’Urna degli Sposi del I secolo a.C., e l’Ombra della Sera (II secolo a.C.), una statua in bronzo che raffigura un giovane dalla forma allungata.

2. L’arte dell’alabastro

Vivere lavorando l’alabastro è uno stile di vita che in pochi nel mondo hanno potuto vedere e sperimentare. A Volterra, dove il Primo Maggio si festeggia la categoria mangiando trippa a colazione (con tanto di ristoranti aperti per l’occasione) ci sono riusciti, lo hanno esportato nel mondo, scolpendolo in mille forme. Una storia che, tra momenti d’oro e crisi, viene raccontata oggi (l’esposizione è aperta fino al 6 gennaio 2024) al Centro Studi espositivo Santa Maria Maddalena nel percorso “I tesori dell’alabastro” di Nico  Löpez  Bruchi a cura di Nicolas Ballario. “Un tempo a Volterra i vicoli erano pieni di polvere, gli alabastrai un secolo fa erano 800. Oggi siamo circa novanta”, racconta Piero Fiumi, figlio dell’archeologo Enrico, scopritore del teatro romano. Ancora oggi guida l’antico laboratorio di Camillo Rossi, attivo dal 1912. Qui  si produce ancora e si accolgono le visite di appassionati, curiosi e studenti, raccontando la storia di questa pietra più morbida e quindi meglio lavorabile del marmo, con il quale spesso viene confuso.

3. L’Alta formazione, eccellenza del territorio

A pochi chilometri dal centro, immersa nel verde tra le colline e il mare, c’è un’oasi di tranquillità per i momenti di studio e di concentrazione. E’ la Siaf, Scuola internazionale di Alta formazione. Struttura unica nel suo genere in Italia, ospita i corsi del dipartimento di studi rinascimentali di Pechino ma anche i campus delle università americane. Qui è iniziata la summer school di Finmeccanica e sempre qui c’è la sede del parlamento europeo dei giovani, mentre quest’estate ospiterà il secondo campus sull’intelligenza artificiale per ragazzi. Nata grazie a un progetto che ha visto collaborare la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, la Fondazione Cassa di Risparmio di Volterra (oggi proprietaria unica) e con il sostegno della Regione Toscana, è un vero Learning Village che può accogliere fino a 200 ospiti con alloggi, aule, strutture fitness. Ma oggi questo villaggio della formazione si sta aprendo anche all’offerta turistica qualificata, grazie a una serie di progetti legati al territorio e a un’ampia disponibilità di spazi. Di qui partono diverse proposte per i gruppi, oltre all’innovation garden: Volterra di Dante; cicloturismo, cultura ed enogastronomia; truffle hunting; japanese garden.

4. Pedalando fra le colline fino alla tenuta MonteRosola

Siaf è anche Albergobici accreditato dalla Fiab, centro di formazione per guide turistiche di mountain bike e centro di formazione cicloturistico. Di qui passa il Tuscany trail, con la prima tappa di giugno a Volterra. E di qui si può pedalare agevolmente  tra le colline grazie  anche alla disonibilità di e-bike. In una ventina di chilometri fra curve, discese e risalite spettacolari rese agevoli dalla pedalata assistita, si arriva a Monte Rosola (il nome deriva dalla base del papavero, che qui regnava), dove un tempo facevano il vino gli etruschi. Qui, in una tenuta a un chilometro dal territorio di San Gimignano, dopo i vecchi proprietari inglesi è arrivata la famiglia svedese Thomaeus. Partiti da 4 ettari di vigneti, ora sono arrivati a 23, in gran parte a uva rossa (Sangiovese, Merlot e Cabernet), per una produzione di qualità di circa 60mila bottiglie l’anno. Cantine e location di qualità per eventi, ma anche degustazioni su prenotazione, in un crescendo che parte dall’aperitivo col Cassero per approdare a vini corposi dai nomi evocativi come Primo Passo o Indomito, fra taglieri di salumi e formaggi del piccolo caseificio “Divino” dei Fratelli Carai, pluripremiati dalle guide per i loro pecorino stagionati e a latte crudo.

5. Viaggio al centro della terra: i soffioni boraciferi

A pochi chilometri da Volterra c’è Larderello: qui la terra è calda e le volute di vapore ricordano l’Inferno di Dante. Il complesso termale conosciuto come Bagno al Morbo corrisponde alle antiche terme Aquae Volaterranae, ricordate sulla più antica carta stradale dell’occidente, la Tabula Peutingeriana del III secolo d.C., oggi conservata alla Biblioteca Nazionale di Vienna. Qui, dove la risalita del magma si è fermata a 9 chilometri di profondità senza dare origine a vulcani, ci aspetta il Museo della Geotermia dell’Enel, tra storia, scienza ed esperienze interattive apprezzatissime dai ragazzi. E fuori un soffione boracifero che viene aperto tra lo stupore generale dai tecnici Enel a scopo dimostrativo.

6. Gli Spiriti del bosco e il gin toscano

Volterra è pure città di gaudenti, fra cantine e taverne, ma anche lo spirito è legato alla storia di questa terra. La Vena di Vino, locale diventato di culto nel cuore del centro storico, nasce come fiaschetteria. Oggi è un’enoteca apprezzata non solo per la musica e i folcloristici reggiseni colorati appesi al soffitto, ma soprattutto per la qualità di ciò che si beve: il gin, il bitter e il vermut toscani dalla storia antica e curiosa. Una storia riscoperta a partire da un’etichetta, quella appunto del gin toscano, risalente all’Expo di Londra del 1862: il percorso a ritroso ha portato alla scoperta di una distilleria aperta all’epoca del granducato dal Leopoldo II  nel 1853 nel bosco del Berignone, un tempo ricco di ginepro e oggi riserva naturale. L’edificio è stato recuperato e oggi è il centro di un percorso di visite, mentre parallelamente è nata  l’etichetta Spiriti del bosco di Volterra, che propone le formule  antiche dei distillati toscani, dal gin al vermut, dal bitter all’amaro: come si legge sotto l’etichetta,  il bere di lusso popolare.