Giovedì 18 Aprile 2024

Così la ribolla finiva sulle tavole dei veneziani

Il Friuli Venezia Giulia è da sempre uno dei poli commerciali principali per la viticoltura sviluppatasi in pianura e anche in collina. di Riccardo Cotarella presidente Assoenologi e Union 
Internationale des Oenologues

È una regione magica quella del Friuli Venezia Giulia. Segreta, schiva, difficile, delicata, educata, aperta e ospitale come lo sono i suoi vini e la sua gente. È terra di confine e cerniera tra l’Occidente e l’Oriente che nel tempo ha subito l’influenza dell’Impero Romano e poi dei Longobardi, dei Veneziani, degli Austriaci; un mix che ha condizionato tutto, anche la viticoltura. Con la fondazione d’Aquileia da parte dei Romani si piantano le prime vigne: Tito Livio e Strabone, testimoniando con i loro scritti come la città di Cividale, chiamata Forum Iulii da cui il toponimo Friuli, fu uno dei poli commerciali viticoli più importanti del nord dell’Impero. Plinio il Vecchio nella sua Historia naturalis del I secolo d.C. da testimonianza della longevità dell’imperatrice Livia, per merito del vino Pucino prodotto sul Carso, forse il Terrano o il “chiaretto Prosecco”. Importanti informazioni si possono trarre dai documenti notarili del Medioevo, nei quali sono citate donazioni e compravendite di vigne,dove sono indicati i vitigni allora coltivati come la Ribolla, Malvasia, il Terrano e il Pignolo. Nel XIV secolo i friulani erano i maggiori fornitori delle cantine dei veneziani: era la Ribolla il vino più usato per le pubbliche relazioni a Venezia, insieme anche al Pignolo, proveniente dalle vigne di Rosazzo, già commercializzato con documentazione scritta a partire dal 1398. Il XIX secolo consacra a livello mondiale la vitivinicoltura friulana, in particolare quella isontina e goriziana, grazie al lavoro dell’aristocrazia terriera mitteleuropea. Sono gli anni in cui arriva in Friuli, presso la Tenuta Villanova nel goriziano, lo scienziato Louis Pasteur, ospite di Alberto Levi, nobile illuminato e mecenate con la passione per la viticoltura.Negli anni ’30,dopo le devastazioni delle Prima Guerra mondiale, si conclude la ricostruzione post fillosserica con l’introduzione di molto vitigni stranieri quali i Cabernets, il Merlot, il Sauvignon, vicino a quelli autoctoni quali il Tocai, la Malvasia istriana, al Ribolla gialla.

La viticoltura per il 70% si è sviluppata in pianura e per un 30% in collina, interessando le zone di media latitudine,quali le zone dei Colli Orientali del Friuli e delle Grave, con un clima tipico della regione Padano-Alpina e più a sud quella del Collio che vantano un clima temperato sublitoraneo. Il territorio è protetto a nord dalle Prealpi Giulie e aperto a sud ai benefici effetti del clima marino. I flysch dell’Eocene (50 milioni di anni fa) sono i substrati geologici più diffusi per i vigneti di collina e sono costituiti da strati sovrapposti di arenaria e marna, non molto fertili, soprattutto nella zona del Collio dove sono chiamati localmente “ponca”. Il territorio dei Colli Orientali è invece costituito da un’alternanza di strati di marne, argille calcaree, arenarie e sabbie calcificate, dall’aspetto molto tipico. Verso Trieste si incontrano degli altipiani formati da calcari del Cretaceo, chiamati Carso Triestino, dove è possibile trovare i vigneti solo nelle zone più pianeggianti, nelle doline. La regione presenta numerosi corsi d’acqua che, pur avendo greti alluvionali grandi, spariscono nell’alta pianura e ricompaiono nella bassa pianura. Nei larghi alvei sassosi dei fiumi, detti “le Grave”, si riescono a coltivare vigneti proprio grazie al buon drenaggio dei terreni.

 

Senza glutine

Birrificio Gritz, due boccali da podio

Con la chiusura del 2019, arriva un importante riconoscimento per il Birrificio Gritz di Claudio Gritti: si aggiudica, infatti, il primo e secondo posto del Premio “Best Italian Beer 2019” per la sezione Birre senza Glutine. Il premio è organizzato da Federbirra – Federazione Italiana Birra Artigianale, è patrocinato dal Ministero dell’Agricoltura ed è rivolto a tutti i produttori di Birra Artigianale Italiana e ai produttori non industriali. Molte le categorie per cui concorrere, dalla Berliner Weisse alla Belgian White, dalla German Pilsner alla Oktoberfest ed anche quella delle Birre senza Glutine.

Il primo posto nella categoria Birre senza glutine, La Weiss della Barbara di Gritz Brewing Company: si tratta di una Weiss Bier (5,5% vol.) dal sapore delicato, che ricorda la banana, e dalla piacevole acidità. I suoi sentori fruttati e le note di chiodi di garofano conquistano assaggio dopo assaggio. Una birra ad alta fermentazione, delicatamente fruttata al naso e dal colore giallo paglierino, si distingue per la caratteristica torbidità e per la schiuma voluminosa. Ma non è tutto: al Birrificio Gritz spetta anche il secondo posto con La Birra di Natale, la prima birra di Natale artigianale al mondo gluten free.