Galleria Chiarli celebra l’epopea del Lambrusco: ricordi, oggetti e testimonianze di una storia lunga 165 anni
La cantina modenese, la più antica azienda vinicola dell’Emilia Romagna, ha inaugurato un museo dedicato al vino rosso frizzante simbolo del territorio e apprezzato in tutto il mondo

Anselmo Chiarli
Una famiglia, un vino, un territorio. Il legame indissolubile tra la famiglia Chiarli e il Lambrusco è segnato da alcune date: l’azienda nata nel 1860, un anno prima dell’Unità d’Italia.
La trattoria dell’Artigliere in centro a Modena che per volere di Cleto Chiarli, il trisavolo, in quegli anni decise di trasformare la sua attività di oste in quella di vignaiolo. La Mention Honorable per il Lambrusco frizzante, conquistata all’Expo di Parigi del 1900 da Anselmo figlio di Cleto, al debutto delle bollicine rosse modenesi su un palcoscenico internazionale. La visione imprenditoriale di Cleto che comprese le potenzialità che poteva avere un vino frizzante in bottiglia con la produzione che a fine Ottocento raggiunse le 100.000 bottiglie all’anno, dando il via all’esportazione. La crescita imprenditoriale che richiese continui ampliamenti della cantina, da quella originaria del 1860 di Via della Cerca, allo stabilimento di via Poletti dove si trasferì nel 1880 nelle immediate vicinanze del centro storico di Modena e di qui, nel 1925, in via Manin alla Sacca dove tutt’ora si trova la sede principale dell’azienda Chiarli.
Fino alla cantina sui colli di Castelvetro, Villa Cialdini, costruita nel 2001, sede della linea di alta gamma Cleto Chiarli. E proprio qui a Villa Cialdini è stata inaugurata ‘Galleria Chiarli’, con il parco, le scuderie, i vigneti e la cantina. Un piccolo grande museo che racchiude tanti anni di impegno, ricordi, oggetti e testimonianze. Il modo migliore per rendere tangibili i primi 165 anni di storia e di sfide della più antica azienda vinicola dell’Emilia Romagna, la prima a esportare fuori dai confini nazionali, contribuendo in maniera significativa alla nascita delle Doc (Sorbara, Salamino di Santa Croce, Grasparossa di Castelvetro) e del Consorzio dei Lambruschi Doc Modenesi.

La Galleria (aperta solo su prenotazione) raccoglie testimonianze di vita vissuta, oggetti, diplomi, attestati, menzioni, riconoscimenti, medaglie, conservati con cura per essere trasmessi alle prossime generazioni. Nell’Archivio storico di Chiarli sono stati rinvenuti importanti documenti, oggi catalogati e suddivisi, che vanno dal 1883 al 1980 e che permettono di approfondire il contesto economico e amministrativo di quel periodo. Una sezione è riservata ad una raccolta di antichi e rari oggetti di vetro soffiato realizzati nel Ducato Estense dal XVII al XIX secolo da maestranze insediatesi a Modena provenienti da Altare di Monferrato.
Si incontra anche la rarissima ‘English Bottle’ in vetro scuro creata nel 1652 che, per la sua robustezza, consentì di eliminare definitivamente le millenarie difficoltà legate al trasporto del vino fino ad allora effettuato in robuste botti di legno e più anticamente in anfore di cotto. La sua evoluzione consentì, nei secoli successivi, la produzione di bottiglie resistenti alla pressione dei vini spumanti che, approdate a Modena nel primo ’800, daranno al Lambrusco la possibilità di diventare frizzante come oggi lo conosciamo ed essere commercializzato.
“Al destino del vino Lambrusco e della Cleto Chiarli, attiva da più di un secolo e mezzo – sottolinea Anselmo Chiarli, - ha contribuito in maniera determinante il potere trasformativo del vetro. Il museo mette in luce il ruolo cruciale che le robuste bottiglie di vetro hanno svolto nell’elevare il Lambrusco da vino fermo a vino frizzante, famoso in tutto il mondo. La rara collezione di vetri modenesi soffiati a mano, oggi in mostra, racconta l'arte e l'innovazione antecedenti alla creazione di bottiglie capaci di resistere alle bollicine del Lambrusco frizzante, così come oggetti d’uso quotidiano che oggi sarebbero impensabili in vetro”.

“L'Archivio della famiglia Chiarli – aggiunge Tommaso Chiarli, responsabile Comunicazione Chiarli 1860 - ripercorre la storia dell'azienda e quella moderna del Lambrusco, fin dagli albori dell'Osteria dell’Artigliere, dell’antenato oste, con documenti, etichette d’epoca, macchinari, foto che raccontano l'evoluzione e i successi del Lambrusco”.
Alla Cleto Chiarli Tenute Agricole va il merito di aver riscoperto i cloni storici del Lambrusco, in primo luogo Sorbara e Grasparossa, e di aver rilanciato il Pignoletto, uva tipica dei Colli bolognesi oggi entrata a pieno titolo nella Doc Modena. Tre etichette, due di Sorbara (Vecchia Modena Premium e Lambrusco del Fondatore) e una di Grasparossa (Vigneto Cialdini) ogni anno sono tra le più premiate sulle guide nazionali e internazionali e sono testimoni del rinascimento qualitativo di un vino ‘popolare’, icona dell’Emilia, che ha conquistato mezzo mondo.