Emozione Andreola. Il prosecco ’eroico’ di Valdobbiadene
È il 1984 quando Nazzareno Pola decide di lasciar perdere il suo bar e dedicarsi esclusivamente ai vigneti nei...

È il 1984 quando Nazzareno Pola decide di lasciar perdere il suo bar e dedicarsi esclusivamente ai vigneti nei...
È il 1984 quando Nazzareno Pola decide di lasciar perdere il suo bar e dedicarsi esclusivamente ai vigneti nei terreni di proprietà della madre, in Valdobbiadene. Passa così da conferitore a produttore, con la propria etichetta Andreola Orsola, dal nome della mamma appunto, oggi semplicemente Andreola, realtà da un milione di bottiglie l’anno nel cuore nobile del Prosecco. A portare avanti l’azienda è il figlio di Nazzareno, Stefano Pola, subentrato ufficialmente nel 2010 portando l’azienda a un livello superiore, senza tuttavia tradirne radici e filosofia. "La nostra capacità – spiega oggi il 47enne vignaiolo e imprenditore - è stata quella di vivere da protagonisti e governare il passaggio dalla piccola azienda agricola a conduzione familiare all’azienda di medie dimensioni, con molte più vigne da lavorare e conseguente gestione più ardua sia in cantina sia nelle vendite. Il risultato più grande è stato adattarsi alle varie situazioni di crescita senza perdere i valori originari".
‘Eroico in Valdobbiadene’ e ‘fatto a mano’ i due claim più ripetuti, a sottolineare il lavoro in vigna senza l’ausilio di mezzi meccanici, sulle celebri terrazze del Conegliano-Valdobbiadene Patrimonio Unesco con pendenze che arrivano al 70 per cento. Qui non salgono i trattori e nei tratti più ripidi è complicato anche stare in piedi, così si lavora coi secchi invece che con le cassette di legno e ci si affida a un inedito sistema di carrucole. Un dispendio di tempo e fatica che viene ripagato in cantina, da dove escono vini fedeli espressione del territorio. Una dozzina le etichette prodotte, tutte Valdobbiadene Docg e tutte marchiate con la rosa stilizzata, simbolo di Andreola. Tante referenze, alcune di poche migliaia di bottiglie, ma Stefano Pola rivendica la scelta apparentemente dispersiva in nome delle sfaccettature di un territorio dove anche la stessa collina può nascondere suoli differenti, a seconda del versante.
Un concetto sottolineato nella nuova cantina di Col San Martino, inaugurata nel 2014 e costantemente arricchita, dove una cartina lunga tutta una parete illustra da quasi colline arrivano le singole bottiglie e dove in un plastico 3D sono presenti campioni dei vari terreni, per farsi un’idea del dove la vigna affonda le radici. Una ricerca spasmodica dello spumante più adatto a seconda del posto in cui è piantata la vigna che si ritrova soprattutto nella Rive Line, la gamma dedicata appunto alle Rive, le sottozone che nella piramide qualitativa del Prosecco vengono subito sotto l’iconico Cartizze (che comunque non manca nel portfolio Andreola).
Rive rappresentante in lungo e in largo, sia geograficamente lungo i 90 chilometri della Strada del Prosecco che collega Conegliano e Valdobbiadene, sia nella spumantizzazione con un ventaglio che spazia dall’extra dry all’extra brut. E nella Rive Line si inserisce anche l’ultima creazione della casa, il Marna del Bacio Valdobbiadene Docg Rive di San Pietro di Barbozza Extra Brut, presentato in anteprima al Vinitaly del mese scorso. "Abbiamo investito e creduto nelle Rive del Valdobbiadene Docg in un momento storico in cui molti oramai le stavano abbandonando – rivendica Stefano Pola – per spostarsi nella zona di produzione Doc. Quindi siamo andati controcorrente per inseguire la nostra idea e i nostri obiettivi di qualità, perché per noi è ciò che viene prima di tutto".