Magia Chianti Docg, un bicchiere di allegria: il vigneto toscano guarda ai nuovi mercati

Fiducia nella qualità e nella spinta di un marchio apprezzato ovunque per far fronte alle nuove sfide. Il punto post-Vinitaly con Giovanni Busi, presidente del Consorzio

di PAOLO PELLEGRINI
18 aprile 2025
Giovanni Busi, presidente del Consorzio, e vigneti di Chianti Docg

Giovanni Busi, presidente del Consorzio, e vigneti di Chianti Docg

Un ottimo Vinitaly, tanta voglia di guardarsi intorno e allargare gli orizzonti, come anche di piacere sempre più al pubblico “di casa” con nuove e vivaci iniziative. Preoccupazioni sì ma anche fiducia nella qualità e nella spinta di un marchio apprezzato ovunque grazie a un vino ‘pop’, facile da abbinare e da bere.

Giovanni Busi accoppia prudenza e fiducia per il futuro del Chianti Docg e del relativo Consorzio, di cui è presidente dal 2010: un grande vigneto di 15mila ettari coltivato da 3.500 aziende che mettono sul mercato ogni anno 100 milioni di bottiglie.

Dunque, presidente: gran Vinitaly, con 18mila visitatori al bancone istituzionale e ben 90mila degustazioni.

“Sì, è andata molto bene. Magari non si è visto il solito grande pubblico, che tuttavia alle aziende che vanno in fiera per incontrare gli operatori di mercato interessa di meno. Quindi tanti incontri di lavoro, tutti fruttuosi: conferme dagli anni passati, ma anche tanti nuovi. In particolare i tedeschi, tornati con grande interesse per il vino Chianti, a confronto con diverse aziende, grandi ma anche piccole”.

Che tipo di riscontro avete avuto?

“Il bancone istituzionale è stato utilissimo come check up per poi andare dalle aziende, anch’io nel mio stand ho avuto due importatori, un tedesco e un israeliano, che erano passati dal bancone. E comunque siamo contenti delle 18mila presenze, c’era anche il pubblico, magari non accatastati a chiacchierare e ridere senza concludere, piuttosto appassionati veri”.

A Verona avete inventato un “fuori salone” che aveva come claim ‘Vivi, bevi, ridi. Ripeti’: ma come la mettiamo con il codice della strada?

“Allegria non significa per forza ubriachezza, se sei ubriaco non ti diverti più. L’abbiamo fatto per sdrammatizzare il momento e le sanzioni: il Chianti è un vino pop, deve stare in mezzo alla gente, buono da bere... poi ci sono anche le riserve e le selezioni, ma il Chianti d’annata si beve abbinato a tanti piatti, e il Sangiovese delle nuove vigne dà risultati di ottimo livello”.

E comunque lei continua a predicare prudenza.

“Certo, gli Usa sono il primo mercato, e continueranno, i buyers a Verona c’erano, ma il dazio al 10% è elevato, crea preoccupazione e scompiglio, gli importatori chiedono sconti del 5-10% e noi non possiamo permettercelo. Però andiamo avanti e aspettiamo: tra la partenza e l’immissione sul mercato delle merci passano sessanta giorni, sai quante cose possono cambiare...”.

Chianti già a caccia di nuove strade?

“L’abbiamo sempre fatto, da 15 anni siamo in Asia e in Sudamerica, in Cina ci ha frenato il Covid ma si sta ripartendo. Da due anni siamo in Thailandia, che ora ha tolto i dazi, e per la prima volta ci affacciamo a Taiwan, in Corea, e ora metteremo nel mirino Africa e India. Dal Chianti escono 100 milioni di bottiglie, con il calo dei consumi è obbligatorio cercare nuovi mercati. Ci interessa il Brasile, ci siamo ma con dazi pazzeschi, quindi solo per le fasce alte. Se li toglieranno, per il Chianti sarà un’opportunità incredibile, molti laggiù hanno origini italiane, i gusti sono i nostri”.

In maggio ci sarà un’edizione speciale di Chianti Lovers a Firenze e in Toscana.

“Siamo stati i primi ad aprire al pubblico per le Anteprime, con 5mila presenze. Poi abbiamo visto un calo, e allora abbiamo pensato a qualcosa di diverso, sul territorio: 2-3 eventi nelle aziende, assaggi nei ristoranti e nelle gallerie d’arte per una settimana, poi la domenica un grande evento conclusivo all’ex Manifattura Tabacchi di Firenze con l’annata 2024 e le riserve 2022, aperto a tutti quelli che amano il vino Chianti”.