Mercoledì 24 Aprile 2024

Via Emilia: la via dei dolci sapori

Terra feconda e ben addomesticata il mondo cambia da una stalla all’altra

Aceto balsamico tradizionale di Modena Dop

Aceto balsamico tradizionale di Modena Dop

Terra feconda addomesticata dall’uomo, terra golosa. È incalcolabile il prestigio gastronomico conquistato nei secoli da quest’area che corre lungo la Via Emilia, tra Parma e Modena. Ci ha abituato a miracoli acquolinosi e saporiti, laici ma pur sempre miracoli. Nella contesa tra campagne matematiche, squadrate da un canale all’altro, e l’irregolarità dovuta dalle anse del Po e dalle colline che incombono prendono via via forma la torta fritta e l’erbazzone, i bolliti e gli zamponi, i salumi crudi e quelli cotti. Una terra apparentemente sempre la stessa. Ma basta curiosare tra le stalle e scoprire che alla vacca Bianca modenese risponde quella Rossa reggiana. L’ascolto dell’allevatore convincerà chiunque delle infinite differenze lungo i 70 chilometri che dividono Parma e Modena.

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    ACETO BALSAMICO TRADIZIONALE DI MODENA DOP
    Bisogna risalire al medioevo per avere la prima produzione documentata di aceto balsamico e nel 2000 per vedere riconosciuta con la DOP un’arte paziente, quella legata alla sua produzione, che risente delle condizioni ambientali e climatiche di questa parte d’Emilia, caratterizzata da inverni rigidi e estati calde e ventilate. È infatti il tempo a governare la nascita dell’Aceto balsamico tradizionale di Modena DOP e Aceto balsamico tradizionale di Reggio Emilia DOP anche per questo non può essere ottenuto con lavorazioni industriali o su larga scala. Difatti, dopo la pigiatura dell’uva e ancor prima di iniziare la fermentazione, il mosto è sottoposto a cottura in caldaie a cielo aperto e a pressione ambiente, fino a raggiungere una concentrazione che va dal 30 al 50 %. Dopo la decantazione inizia il lungo periodo di maturazione in botticelle di diversa dimensione, la batteria, protratta per almeno 10 anni. balsamicotradizionale.it
  2. 2
    PROSCIUTTO DI PARMA DOP
    Per ottenere il Prosciutto di Parma DOP gli ingredienti sono ridotti al minimo, esclusivamente cosce di maiali allevati a tale scopo e sale, mentre la cura e il saper fare risultano assai complessi. Per questa ragione il prosciutto marchiato a fuoco con la corona a cinque punte, il segno distintivo del Consorzio apposto trascorsi almeno 12 mesi dall’inizio della produzione, viene considerato inimitabile. La fetta si riconosce dal profumo fragrante e delicato, dolce e armonico. Il gusto, tipico della carne stagionata, si contraddistingue per essere dolce e leggermente salato. Il luogo migliore dove assaggiarlo? Il Museo del Prosciutto di Parma, che si trova a Langhirano. Il percorso espositivo ricostruisce il processo di produzione e termina nella sala degustazione, una vera e propria Prosciutteria.  prosciuttodiparma.com
  3. 3
    FUNGO DI BORGOTARO IGP
    Sull’Appennino tosco-emiliano, intorno a Borgo Val di Taro, i castagneti, i faggeti e le abetaie garantiscono da giugno alla prima neve un continuo rifiorire di Boletus, i porcini, la famiglia di funghi forse più apprezzata. Ma per diventare un fungo IGP allo stato fresco gambo e cappello devono essere sodi, puliti da terriccio e corpi estranei. Il profumo non deve avere ricordi di fieno, liquerizia o legno fresco. Per assicurare anche fuori stagione il piacere dell’aroma e del gusto dei funghi sono ammessi anche metodi di essiccazione: naturale (al sole), tradizionale (stufa a legna) o meccanico (essiccatoi). La versione secca del Fungo di Borgotaro IGP si differenzia in base a precise caratteristiche che riguardano le parti e il colore del fungo immesso sul mercato. fungodiborgotaro.com
  4. 4
    ANGURIA REGGIANA IGP
    La terra calcarea e argillosa, ricca di potassio, a cui male si adattano colture diverse sta alla base della coltivazione dell’anguria nella bassa pianura reggiana. Pare che sia proprio la struttura del terreno a garantire la particolare dolcezza e gustosità dei frutti, ricchi di sostanze zuccherine. Con quell’italianità impressa nel tricolore che va dalla scorza al cuore, il luogo migliore dove consumarla, da metà giugno al 15 settembre, è per strada, in uno dei capanni in legno e frasche lungo il ciglio delle strade poco trafficate. Rinfrescante e rigenerante, l’Anguria reggiana IGP si riconosce per il peso variabile tra 5 e 20 chilogrammi, in ragione delle varietà, e per la polpa soda e croccante. Una volta acquistata, va consumata, da sola o come ingrediente di insalate, entro una decina di giorni. turismo.comune.re.it
  5. 5
    SCARPAZZONE DI CARPINETI
    La torta salata di Reggio nell’Emilia ha una declinazione montana, diffusa intorno alle colline di Carpineti, lo scarpazzone. Il nome proviene dalla base del fusto della bietola, la cosiddetta scarpa, impiegata un tempo per realizzazione del ripieno. La sfoglia infatti racchiude gli ingredienti consueti dell’erbazzone, vale a dire bietole o spinaci, Parmigiano Reggiano DOP e ricotta, ai quali si aggiunge il riso bollito. Grazie a questo, lo scarpazzone acquista note delicate e la farcitura nel suo complesso risulta morbida e gradevole. Allo scarpazzone è legata la storia delle donne di Carpineti: infatti dalle colline provenivano le mondine, arruolate nelle risaie della pianura da marzo a ottobre. Alle lavoranti veniva concessa una certa quantità di riso per ciascun giorno lavorato, che al ritorno trovava posto nelle ricette locali carpinetidavivere.it

UN CONSIGLIO: L’ANGURIA REGGIANA IGP SI RICONOSCE PER IL PESO VARIABILE TRA 5 E 20 CHILOGRAMMI