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Reinhold Messner: "Montagne da amare, rispettare e proteggere"

di RICCARDO JANNELLO -
5 dicembre 2022
Reinhold Messner

Reinhold Messner

Un combattente che non si arrende mai e che per i propri principi va avanti senza girarsi indietro, incurante di polemiche, accuse, falsità. Tutto in nome della sua grande amica e alleata: la montagna. Reinhold Messner ha compiuto 78 anni, ma la sua vita non si è certo adagiata sugli allori di essere stato il primo alpinista a salire tutti i quattordici Ottomila metri della Terra senza ossigeno, in quell’arrampicata libera, o alpina, di cui è stato il grande maestro a cavallo fra gli anni Sessanta e Settanta; e anche se qualcuno ha voluto mettere in dubbio questo suo record, o l’ha accusato di altro, lui se ne frega. “Le malignità - dice - non vengono dagli alpinisti. La gelosia è di chi non ha mai fatto una scalata e non sa che cosa sia l’alpinismo ad alta quota, ma vuole avere lo stesso una certa visibilità”. Reinhold, che cosa è per lei la montagna? “La possibilità migliore per confrontarsi con la natura e imparare a sottomettersi alle regole che lei ci dà e che ha nel suo interno. La natura ha sempre ragione, siamo noi che dobbiamo rendercene conto e accettarlo”. Ma nella natura ci sono pericoli... “Come nella montagna, il cui fascino è dato anche dalla gravità dei pericoli che si possono correre. Sta a noi non commettere errori e ciò può solo avvenire rispettandola”. Come dobbiamo muoverci per entrare in sintonia con lei? “Capire che la montagna andrà avanti milioni di anni anche quando noi saremo estinti. Dobbiamo imparare dalla grande maestra, capire che noi siamo vulnerabili e lei non lo è. Quando affrontiamo una salita dobbiamo avere il giusto approccio, essere creativi e concentrati fino alla fine, adottare, visti i tempi in cui viviamo, un modo più lento per godersi la montagna”. Un nuovo modo di fare turismo? “Sì, visto che sarà sempre più difficile usare la neve artificiale per quanto costa l‘energia, dovremo adattarci a un turismo che ci faccia godere della natura, del bosco, che ci porti dentro di essa per cercare di capirla usando veicoli che non brucino energia”. Bisogna tornare alla moda tibetana... “Sì, avanti col passo lento ma senza fermasi mai. Kalipè dicono in Tibet. Bene, questo modo di porsi deve valere anche per la società in genere: siamo diventati troppo veloci, voraci, io non riesco a seguire tutto ciò che mi accade intorno, sono vecchio, non ho più il passo per reggere questo modo di vivere”. Teme tutto questo? “Una volta l’uomo seguiva il passo della terra, della natura, del globo. Non so che cosa riusciranno a fare le prossime generazioni. Guardi il problema del clima: siamo noi che lo alteriamo, lui esiste, fa parte della grande natura, ma non lo abbiamo capito e continuiamo a fare di tutto perché la natura vena alterata senza renderci conto della sua forza”. Lei è contro il turismo cosiddetto di massa? “No, con le bellezze che abbiamo dobbiamo vivere di turismo, ma che sia sostenibile. Bisogna avere la vista lunga, la politica deve fare sì che esista una struttura culturale intermedia fra il turista e ciò che possediamo nella natura. Bisogna che la cultura della montagna sia rispettata. Per esempio sfruttare quando non c’è neve sulle piste lo sci alpinismo che è una pratica pulita e molto affascinante”. In questo contesto l’Italia dovrebbe essere all’avanguardia... “E lo è. Ha la fortuna di avere Appennini e Alpi. Sono montagne nelle quali camminare è una gioia e il trekking, la salita, sono possibili in ogni stagione. E questo è sicuramente un turismo molto meno ingombrante di quello legato solo alla neve”. Qual è il suo luogo del cuore ad alta quota... “Le Dolomiti, le montagne più belle del mondo. Le loro tante facce, le pareti, le torri, una diversa dall’altra e ognuna capace di esprimere il migliore legame con la natura. E poi il verde del bosco, le malghe, le pareti di mille e più metri che si innalzano radicalmente verso il cielo. Non c’è in nessun altro luogo del mondo la tensione che c’è in questa parte d’Italia”. Il suo amore per la montagna ha fatto nascere i Messner Mountain Museum e la Messner Mountain Foundation. Quali idee sono alla base di queste esperienze? “Fare conoscere la montagna e ogni suo particolare. Istituzioni che non vivono di sovvenzioni e per le quali lavoro giornalmente; ora per esempio ho bisogno di una piccola funivia. I musei sono sei e ognuno tocca un argomento diverso. Quello sul Monte Rite è dedicato alle Dolomiti e alla loro bellezza, l’ultimo di Plan de Corones a est del Sud Tirolo è invece incentrato sulla roccia. Vuole essere un modo per divulgare la passione per la montagna vissuta attraverso duecento anni della sua storia”