Giovedì 18 Aprile 2024

Puglia, le impronte che narrano la Storia

Dalle infinite distese di grano e di vigne al Parco nazionale del Gargano per poi tuffarsi nel blu dell’Adriatico

Puglia

Puglia

Il mare è l’aspetto che ha reso famoso il Gargano, lasciando in ombra una fetta di Puglia ad esso prossima, la Capitanata. Eppure storia, natura e gastronomia sono elementi che saldano le due terre e la seconda maggiore pianura d’Italia risulta il luogo dove ognuno può trovare il proprio itinerario ideale. I laghi di Lesina e Varano, patrie delle celebri anguille, sono da esplorare in bicicletta e armati di macchina fotografica. Serve, quest’ultima, anche a San Nicandro Garganico, borgo medievale che ha conservato le impronte bizantine, normanne e spagnole. 
 
La Bionda e il Femminiello del Gargano, lei un’arancia, lui un limone, sono i protagonisti del triangolo di terra tra Ischitella, Rodi Garganico e Vico del Gargano. È una delle porte per raggiungere il Parco Nazionale del Gargano e la Foresta Umbra con i suoi alti faggi e querce, i pini d’Aleppo, il ricco sottobosco e la fauna. Se non si può fare a meno del blu del mare, Peschici e Vieste sono fatte apposta per i vacanzieri delle onde. La prima per chi ama le spiagge sabbiose, l’altra dedicata ai visitatori delle grotte scavate dalla forza del mare. Panorami, entrambi, da immortalare davanti a un piatto di pescato locale. La Baia delle Zagare e l’Acqua delle Rose sono sorvegliate dai faraglioni e anticipano i terrazzamenti di Mattinata decorati da ulivi e viti. Manfredonia racchiude nel nome stesso la sua fondazione ad opera del sovrano svevo figlio di Federico II che, alcuni secoli più tardi accolse i profughi di Siponto in fuga dagli attacchi saraceni. È lì che vanno ricercati alcuni tra i migliori esempi di romanico pugliese. L’oasi WWF del lago Salso accoglie, tra canneti e specchi d’acqua, numerosi specie di uccelli facendo la gioia dei birdwatcher. Foggia, il capoluogo, fu anche capitale della transumanza, quando gli Aragonesi vi istituirono la Dogana delle pecore, fonti di lana e latte. Correva il 1468 quando Ferdinando decise di spostarla da Lucera, che l’aveva vista nascere nel 1447. 
 
Dalla fortezza svevo-angioina di Lucera ci si affaccia su distese infinite di grano e vigne, dall’anfiteatro romano di ulivi e pomodori. Impossibile resistere alla bellezza della cattedrale di Troia, altro capolavoro di architettura romanico-pugliese fondata nel 1039 dal vescovo Gerardo, alla quale risponde per fascino la chiesa di San Basilio sulle vestigia di un tempio romano. Nei vigneti gli impianti sono dell’uva che porta il nome della città. La terra s’increspa e le prime colline dell’Appennino Dauno modifica i connotati della gastronomia con castagne e cacciagione. Alla brezza naturale e all’umidità indotta dal fiume Celone si deve la stagionatura del prosciutto di Faeto, magro e saporito. Il borgo è un’isola linguistica occitana. A Bovino riecheggiano le gesta del brigantaggio risorgimentale e le voci degli illustri personaggi che trovarono ospitalità nel giardino del castello svevo-normanno: da Torquato Tasso a Maria Teresa d’Austria a papa Benedetto XIII. Dai pascoli dei 600 metri di Deliceto provengono rinomati caciocavalli, scamorze e trecce. Ci si può spingere sino ad Ascoli Satriano, quasi Lucania, dove si passeggia con il naso all’insù per ammirare i dettagli della cattedrale romano-gotica e la chiesa di San Giovanni Battista. Qui la valle del Carapelle è ampia. La decorano i mosaici viventi formati da oliveti interrotti di tanto in tanto da seminativi dai colori mutevoli nel susseguirsi delle stagioni.