Piccole valli e grande qualità in bottiglia

Una sola Dop e più di trenta sottodenominazioni per altrettanti territori vitati tutti da scoprire

Grazie a case vinicole sempre più giovani, apprezzate e natural, la produzione di vino in Valle d’Aosta è cresciuta del 10% nel 2020 assestandosi sui 19mila ettolitri, come rivela una ricerca condotta da Assoenologi, Ismea e Unione Italiana Vini. La viticoltura  è contraddistinta da una sola denominazione di origine, Vallée d’Aoste/Valle d’Aosta, e 31 sottodenominazioni riferite ad aree di coltivazione o a specifici vitigni, molti  autoctoni e altri acclimatati alle condizioni alpine, come accade per il Nebbiolo, che si presenta col nome di Picotendro ed è presente per almeno l’85% nella sottozona Donnas, la prima che si incontra provenendo dal meridionale Pont Saint Martin. Il suo aroma di humus e fiori e la stoffa rustica sono il miglior benvenuto per cibi selvatici come lo stracotto di cervo. La sottodenominazione Arnad-Montjovet richiede di utilizzare un minimo del 70% di uve Nebbiolo. Nella cantina di Dino Bonin esse raggiungono il 90% per il Boën, un vino rosso rubino dai riflessi granato, naso vinoso e di violetta, austero e sapido. Il gradevole fondo amarognolo accoglie bene la polenta grigliata con Lardo di Arnad DOP. Risalendo la valle, la tappa successiva è Chambave dove scorre il Petit Rouge nello Chambave Rouge. Lo Chambave Muscat, bianco secco dal colore paglierino e gusto fragrante, è invece perfetto come aperitivo in accompagnamento a cubetti di toma di Gressoney. Ma la punta di diamante dell’areale è lo Chambave Muscat Flétri, ricavato dai migliori grappoli lasciati appassire al riparo dal sole. Hervé Deguillame, ex marinaio e bisnipote di valdostani emigrati, è tornato nella terra degli antenati e  lo vinifica dal 2005 a Verrayes nell’azienda La Vrille (viticcio, in italiano). Esso si distingue per il colore dorato, miele e canditi al naso, morbido e avvolgente al palato. Al suo fianco vuole il mecoulin di Cogne,  dolce poco lievitato ma con tanto burro, uova e uva sultanina. Nus è l’epicentro del Nus Rouge (dove prevalente è il Vien de Nus) e del Nus Malvoisie (di Pinot Gris) mentre sono 11 i Comuni della media valle in cui si può etichettare il Torrette, a base di Petit Rouge. Les Petits Riens è la storia di Stefania e Fabien, in Regione Chabloz, sulla collina che guarda Aosta. I due giovani enologi hanno impiantato 12 vitigni in meno di due ettari di terrazzamenti. Le 1.234 bottiglie di Ici et maintenant, di colore granato intenso, hanno il cuore speziato: provengono da uve Shiraz e Mondeuse e il civet di camoscio è il piatto d’accompagno ideale. Un inferno naturale generato dal riverbero dei raggi del sole contro i terrazzamenti rivolti a sud caratterizza alcune zone di Arvier, tanto che il vino proveniente da quelle particelle si merita l’appellativo di Enfer. Danilo Thomain, terza generazione di vigneron, utilizza il 90% di uve Petit Rouge per ottenere un vino dai profumi di rosa selvatica e palato tenue, sapido e dal retrogusto amarognolo che si esalta con la carbonade. Il vitigno tipico a bacca bianca è il Prié Blanc. La Maison Albert Vevey fu tra i protagonisti della  riscoperta del vitigno coltivato  anche a quote superiori ai 1100 metri nel comprensorio di Morgex. Il figlio Mario ottiene un vino dal colore giallo verdolino, profumato d’erbe e fiori (tra cui spiccano salvia e sambuco), dal fondo delicato e acidulo. Il Blanc de Morgex et de La Salle ama le minestre in brodo e la Fontina DOP giovane.