Villa Caffetto, il brutalismo che esprime arte da ogni angolo

Progettata negli anni Settanta dall’architetto Fausto Bontempi, la dimora dell’artista bresciano Claudio Caffetto è oggi una casa-museo ricca di opere che, in dialogo con l’edificio, raccontano un’epopea collettiva che ha segnato l’arte del Novecento

di MILLA PRANDELLI
15 maggio 2025
Villa Caffetto,esempio di arte brutalista

Villa Caffetto,esempio di arte brutalista

L’arte e la genialità di Claudio Caffetto, artista bresciano scomparso tre anni fa, diventano seme che aiuterà la cultura a germogliare negli spazi di casa sua: villa in stile brutalista a Calcinatello di Calcinato, che non è solo struttura e memoria, ma che grazie agli eredi e a una associazione culturale diventa un organismo pulsante dove le pareti respirano luce e natura e il paesaggio diventa complice della creazione.

Villa Caffetto è da un anno aperta al pubblico come casa-museo. Claudio Caffetto, scomparso tre anni fa, non era solo un artista: era un facilitatore di visioni, un tessitore di connessioni tra menti brillanti. La sua dimora, oggi diretta artisticamente da Stefano Soso e coordinata dalla figlia Metilde Caffetto, è stata per decenni un crocevia di sperimentazioni audaci, di cui la prima di certo è la progettazione da parte dell’architetto Fausto Bontempi, scomparso pochi mesi fa. Qui, tra le sale che affacciano sui colli morenici dell’entro terra del lago di Garda – siamo a Calcinatello - si sono incontrate geometrie ipnotiche, materie ribelli e intuizioni rivoluzionarie, che si declinano in rossi, blu e gialli improvvisi, vetrate che si muovono o possono essere coperte da ante scorrevoli, oblò e saliscendi che seguono l’orografia della collina su cui Villa Caffetto è stata costruita.

Il padrone di casa e la moglie Franca Manera hanno qui creato un cenacolo culturale. Le opere esposte nella casa, comprese quelle di Caffetto, raccontano un’epopea collettiva: ci sono le ricerche optical di Franco Grignani, le dissolvenze spaziali di Dadamaino, le suggestioni orientali di Hsiao Chin e le provocazioni concettuali di Guglielmo Achille Cavellini. E ancora, si possono vedere pezzi di Gino Cosentino, Alberto Meli, Rinaldo Pigola, Delima Medeiros: nomi che hanno scritto pagine forse meno note, ma fondamentali per la storia dell’arte del Novecento.

“Questa casa è stata progettata a metà degli anni ‘70 – spiega Metilde Caffetto, figlia di Claudio – e noi siamo venuti ad abitare qui da Brescia proprio negli anni ‘70. Mio padre aveva appena 30 anni, l’architetto Bontempi una quarantina. Il cantiere è stato lungo e ora stiamo recuperando progetti e disegni. Sono molto belli e danno l’idea della difficoltà di realizzare una costruzione di questo tipo in quell’epoca. Ora vogliamo che la casa continui a vivere.

Entrare a Villa Caffetto, di fatto, non è visitare una galleria e neppure vedere un bell’edificio: è immergersi in un ecosistema dove ogni opera dialoga con l’architettura, la luce, il giardino. Caffetto stesso la pensava così: l’arte doveva essere tattile, perfino olfattiva, non confinata alla contemplazione passiva.