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Lino Banfi, saperi e sapori della sua Puglia: emozioni senza tempo

di DIEGO CASALI -
10 aprile 2023
Lino Banfi

Lino Banfi

Splende il sole sul Tacco d’Italia. La primavera regala cromatismi unici a queste latitudini: le argentee chiome degli ulivi secolari, il turchese del mare, il verde intenso dei campi di carciofi, il rosso dei pomodori nell’entroterra tra Foggia e Bari. Abbaglia il cuore un po’ tutto il meridione con primizie ed eccellenze della terra che il mondo intero ci invidia. Ma in Puglia, c’è un altro senso che, meglio della vista, può innestare nell’osservatore un viaggio nel tempo e nello spazio ed è l’olfatto. “Ascoltare i profumi e godere degli odori delle verdure in questo periodo dell’anno è come prendere una enorme boccata d’ossigeno”. Lino Banfi, autentico monumento del cinema e della televisione italiana, ha fatto della sua ‘pugliesità’ un vero e proprio marchio di fabbrica. A partire dall’uso del dialetto che Pasquale Zagaria (il nome di Banfi all’anagrafe), ha usato sempre come un grimaldello capace di scardinare ogni genere di confine, grazie alla sua simpatica e inconfondibile musicalità. Banfi, lei nasce ad Andria e poi passa la sua infanzia a Canosa di Puglia. Siamo in zone prevalentemente agricole. È per questo che sente come una vera e propria necessità quella di riappropriarsi di volta in volta del rapporto con la sua terra? “Sì, ha centrato la questione. Io sono nato ad Andria che era ed è un paese agricolo, ma lì adesso non ho più nessuno. A Canosa invece ho i parenti e tanti amici. Molti di loro hanno delle aziende agricole e io, proprio in questo periodo, vado nei campi a vedere a che punto stanno le verdure”. In che senso, scusi? “Ha capito bene, vado nei campi a sentire gli odori degli ortaggi. Pomodori, cipolle, porri e sedani. Amo tutte le verdure perché sono l’essenza della mia terra. E rappresentano anche un viaggio nel tempo e nei ricordi di quando ero bambino”. Ci racconti della sua infanzia e della ricerca, oggi, di profumi che le ricordano le origini... “Mio padre Riccardo Zagaria, aveva sei fratelli e una sorella. Due di loro, i miei zii Emanuele e Altomare, erano mosaicisti (per la verità dei muratori specializzati nell’applicare piccolissime piastrelle) e stavano realizzando la facciata dell’azienda di medicinali 'Lepetit'. Il padrone, quando seppe che erano di origini pugliesi, si mise a chiacchierare con loro ricordando una sua visita in Salento e nel Gargano”. E poi? “L’uomo fece poi riferimento a cipolle e porri che aveva visto e assaggiato durante la sua permanenza. Chiese ai miei zii se in Puglia ci fosse qualcuno che potesse coltivare questi ortaggi perché con i semi dei prodotti lasciati crescere (come se fossero delle canne) e dunque non raccolti per uso alimentare, lui avrebbe realizzato un farmaco anti-infiammatorio”. Dunque cosa accadde? “Fu mio padre a fare quel lavoro e a inviare i semi in Francia. Fino a che la guerra non bloccò tutto, ma su quei terreni mio padre continuò a coltivare verdure e anche fiori, ma sempre all’aperto. Mai in serra. Per questo che, ancora oggi sono sempre alla ricerca di quei profumi che sono appunto come ossigeno per me”. Quali sono i prodotti che ama di più? “Nessuno in particolare, ma com’è bello sgranocchiare un sedano appena colto e lavato. E le carote? Noi in Puglia ne abbiamo di tanti colori e sapori, più o meno dolci. E poi i ravanelli e che dire dei carciofi. Pensi a quelli di San Ferdinando e Manfredonia. Parliamo di un carciofo non grande come quello romano, ma più piccolo e dal sapore delicato che si può mangiare anche crudo”. Accennava a Manfredonia, lì vicino c’è il Gargano. Cosa ci dice dello Sperone? “Il Gargano rappresenta una terra bellissima, un vero e proprio luogo dell’anima. Amo molto il mare e ho sempre sognato di vivere in un trabucco come quelli che ci sono da Vieste alla costa abruzzese. Diciamo che ho ancora un po’ di tempo prima dei calci di rigore. Ecco, durante i supplementari, vorrei trasferirmi in un trabucco... E poi non dimentichiamoci che anche il Gargano ha dei prodotti incredibili. Io per scherzo in dialetto dico sempre agli amici di assaggiare il ‘melogreno del Gargheno’ così per fare la rima ‘bacieta’. Hanno un sapore unico, di salsedine”. E poi, a proposito di mare, c’è il Salento... “Eh, il Salento è il Salento. Con la delusione di quelli della mia zona, del barese, nel Salento il mare è più bello. C’è poco da fare, c’è solo da godere per spiagge da sogno e luoghi magici come Gallipoli". Ma nella zona di Bari non mancano meraviglie. Cosa le evoca Trani? “Trani è un gioiello. La sua cattedrale sembra che emerga direttamente dal mare. Una visione di una potenza quasi metafisica. Al mattino la luce del sole la riscalda, al tramonto i raggi si addormentano sul rosa della facciata. È la magia del ‘crepuscolo tranese’ che rimane indelebile in qualsiasi visitatore”. Non distante ci sono le saline... “Nel lembo di terra compreso tra Bari e Foggia e chiamato la ‘Capitanata’ ci sono luoghi che meritano una visita e una sosta. Margherita di Savoia con, appunto, le sue saline e una cipolla davvero incredibile. Con un sapore molto sapido, siccome cresce proprio a fianco delle saline. Se penso alle cipolle mi torna alla mente mio padre”. Perché? “Perché per noi, le verdure fresche (buonissime) erano parte della convivialità a tavola. Mio padre prendeva una scodella grande e la metteva al centro del desco. La riempiva di cicoria, borragine e altre verdure. Chiamava questo piatto da condividere ‘sciacqua la bocc’ e non credo vi sia bisogno di traduzione. Ma era utile per i commensali farne uso, tra una portata e l’altra, per ripulire appunto la bocca”. Infine torniamo alle sue origini. A Canosa. Merita una visita? “Assolutamente. Perché in questa zona a ridosso del Tavoliere siamo totalmente immersi nella storia. Canosa di Puglia è chiamata ‘la piccola Roma’ e basti questo. Qui si respira la storia in ogni piazza e in ogni strada. Mi viene in mente via Varrone, lui era un console romano eh! Siamo sul margine nord-occidentale dell’altopiano delle Murge, da qui si domina la valle del fiume Ofanto. Sono luoghi, certo meno turistici, ma carichi di una cultura artistica e agreste che sono la vera essenza della mia amata Puglia".