Martina Caruso, a Salina in cucina
 trionfa l’amore

La prima ispirazione arriva dai profumi e dai sapori che l’isola mi regala sin dall’infanzia

Chef Martina Caruso

Chef Martina Caruso

Martina Caruso cucina come l’isola le insegna e sorride come il mare le suggerisce. Un amore, quello per la sua Salina, la perla verde delle Eolie, che la Michelin ha premiato con due riconoscimenti: la stella e il premio donna chef dell’anno. Ad appena 29 anni guida una brigata di dieci persone, sperimenta, azzarda e si diverte. Dice (e non dice) di essere fidanzata, e racconta che al Signum, sono passati, tra gli altri, Massimo Troisi, Franco Battiato e Maria Grazia Cucinotta («una di famiglia»).

A neanche 30 anni ha già avuto tanto successo, si sente arrivata?

«Macché arrivata... È un momento molto importante, un orgoglio per me e la mia famiglia. Mio padre Michele faceva l’impiegato comunale, mia madre Clara la psicologa. A un certo punto hanno cambiato vita, aprendo il Signum, un boutique hotel con ristorante. Hanno fatto tanti sacrifici, ma quanta passione».

Il Signum ha 31 anni. In pratica è nata con le mani... in pasta?

«Sono nata e cresciuta a contatto con gli ospiti dell’hotel, quindi per me la condivisione, lo stare in mezzo a tanta gente, è parte di me. Mia madre si occupava di accogliere i clienti, mio padre stava in cucina. Da piccola, mentre era ai fornelli, lo osservavo per ore».

Le ha trasmesso la passione per la cucina?

«In verità, i miei genitori non volevano che lavorassi in cucina perché lo consideravano un lavoro troppo faticoso. Mi dicevano di studiare, di scegliere un’altra strada, diversa, meno impegnativa. In più, un altro ostacolo: l’istituto alberghiero non c’era né a Salina, né a Lipari, quindi avrei dovuto trasferirmi lontana dalla famiglia a soli 14 anni... Così m’iscrissi a un’altra scuola».

Insomma, diede ascolto ai suoi genitori?

«Niente affatto. A 16 anni tornai alla carica. Insistetti fino a un aut aut: ‘O faccio l’alberghiero o non studio più’...».

A quel punto l’accontentarono?

«Non avevano scelta! Però mi misero subito a lavorare in cucina e a studiare. Tutta l’estate».

Pensavano che non le sarebbe piaciuto?

«Forse credevano che mi sarei arresa al troppo lavoro. Invece mi è piaciuto. Ma non amavo solo la trasformazione della materia prima: ero attratta dall’adrenalina del servizio. I camerieri che portano la comanda, le porte che si aprono, i clienti, i tempi stretti, i piatti che devono essere pronti in un certo momento».

La cucina è un ambiente maschilista?

«C’è una gerarchia un po’ militare, ma oggi il mondo sta cambiando, anche nell’alta ristorazione. Certo, il maschilismo c’è sempre stato. Quando una donna si avvicinava alla cucina la mettevano sempre in pasticceria...».

I premi aiutano?

«Danno visibilità alle donne, ma credo che ci sarà la parità totale quando non ci sarà più bisogno di eventi e riconoscimenti ad hoc».

Tra donne chef vi aiutate?

«Eccome. Facciamo rete, organizziamo eventi, ci confrontiamo».

Oggi com’è la sua cucina?

«La mia prima ispirazione è l’isola di Salina, il Mediterraneo, quindi nei miei piatti c’è sempre tanto pesce. Infine, aggiungo qualche sapore nuovo che scopro in qualche viaggio. Mi piace contaminare i sapori con le spezie e azzardare abbinamenti particolari».

Ha un piatto del cuore?

«Gli spaghetti aglio, olio e peperoncino in guazzetto di mare, salsa di prezzemolo e mollica abbrustolita. Come secondo, amo molto lo sgombro con zuppetta di olive verdi, mozzarella di bufala, finocchietto di mare e capperi canditi».

Il piatto che più la rappresenta, invece?

«Il gelato al cappero. Un inno al mio territorio. Ma non è un dolce: lo uso come intermezzo o come predessert».

A solo 29 anni la guida Michelin le ha assegnato una stella e nominata donna chef dell’anno «Nel mondo della ristorazione il maschilismo c’è sempre stato ma le sfide non mi spaventano»

Gelato al cappero anche a casa?

«Macché. Massima semplicità. Pasta con le melanzane o anche in bianco, olio e parmigiano. E con gli amici tante grigliate di carne e pesce».

Una ragazza di trent’anni non si sente stretta in un’isola di soli 27 chilometri quadrati?

«L’isola non mi isola. Ho visto il mondo, ora sono contenta di essere tornata. Il mare non è per tutti, deve piacere. A me dà un senso di libertà, mi completa. Amo viaggiare, ma amo allo stesso modo tornare».

Tra dieci anni come si vede?

«Mi vedo qui, sono tornata per rimanere».

Com’è la sua giornata tipo?

«Il Signum per me è ‘casa e bottega’. Dalla colazione alla cena sono sempre qui. Ma non mi sento in gabbia, anzi. Riesco a divertirmi facendo il mio lavoro».

Ha un modello di cucina a cui s’ispira?

«In primis, mio padre. Poi Antonello Colonna a Roma. Infine, Gennaro Esposito. Durante l’esperienza nel suo ristorante ho rivissuto il mio Sud e ho sentito il desiderio di tornare a casa. Grazie a questo grande chef ho capito di essere pronta per raggiungere il Signum».

 

  • Il Ristorante, un viaggio nei colori e sapori delle eolie
  • Signum
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Il Signum è un boutique hotel 4 stelle di 30 camere a Salina, l’isola più verde delle Eolie. Il ristorante, gestito da Martina Caruso, ha conquistato una stella Michelin. Il fratello Luca gestisce la cantina e l’hotellerie. Il Signum è un’antica casa eoliana che coniuga un design moderno con pezzi d’antiquariato e opere dei maestri artigiani siciliani, i cromatismi delle maioliche e le sfumature naturali della pietra di Noto. Il ristorante offre tre percorsi gourmet ispirati ai sapori e ai colori della cucina eoliana interpretati da Martina Caruso: l’Isola (5 portate a 90 euro a persona); il Viaggio (7 portate a 110 euro); il Sigillo (9 portate 130 euro). Tutti e tre i percorsi comprendono: pane di varie tipologie, assaggio d’olio, piccolo benvenuto, predessert e piccola pasticceria.
  • Signum
 - via Scalo, 15 Isola di Salina Malfa (Messina) Tel. 090 9844222
  • [email protected]www.hotelsignum.it