Giovedì 25 Aprile 2024

Intervista allo chef Giancarlo Perbellini

Innovare ma senza stravaganze

Chef Giancarlo Perbellini

Chef Giancarlo Perbellini

Cuoco moderno e concreto, con importanti esperienze estere ma orgogliosamente italiano. E imprenditore di successo. A 56 anni appena compiuti, Giancarlo Perbellini è uno degli interpreti più brillanti della migliore cucina attuale, quella che punta su un’innovazione senza stravaganze, fortemente ancorata alla tradizione. Casa Perbellini, due stelle Michelin nel centro di Verona, è il faro di un gruppo di nove locali, compresa la locanda aperta nel giugno scorso in Sicilia, a Bovo Marina, non lontano da Sciacca. Nel 2018 lo chef ha inaugurato la locanda bistrot di Milano, in via Moscova. Gli altri sette locali sono tutti a Verona, compreso il neonato gastro-bistrot ‘Giancarlo Perbellini Pop up’. Questo imprevedibile 2020 ha congelato, almeno per ora, i progetti di nuove aperture, a cominciare dalla Locanda Perbellini di Bologna, un’idea che il cuoco veronese cova da qualche anno e che non ha del tutto abbandonato.

 

Perbellini, com’era il Natale a tavola nella sua infanzia? “Lo sformato di cardi era l’antipasto del 25 dicembre. Ricordo anche la pasta reale, in brodo di cappone, con gnocchetti di grana padano, farina e burro. Questi due piatti non mancavano mai”.

E oggi, che cosa non può mancare sulla tavola natalizia? “Ognuno va a proprio gusto, ma secondo me non può mancare la tradizione. Può essere il bollito, o il tortellino in brodo. Noi che facciamo cucina rivisitata o creativa, se siamo aperti a Natale mettiamo sempre un piatto della tradizione. La pasta reale che faceva mio nonno c’è sempre”.

Quali sono gli ingredienti che ispirano di più la sua cucina natalizia o invernale? “Sicuramente la cacciagione. Poi gli agrumi, tanti, e le verdure: verze, broccoli, il cavoletto di Custoza. Insomma, molti prodotti di stagione”.

In un anno come questo, in che modo tenterà di restituire gioia al Natale? “Non sappiamo nemmeno cosa riusciremo a fare, a Natale. Io mi sono dato un compito in più: vado in pasticceria e faccio il pandoro. È una tradizione di famiglia. Noi non saremo sicuramente aperti a Natale, ma viviamo questo periodo con piatti legati alla stagionalità e alle nostre radici. Nella nuova carta mettiamo, ad esempio, una minestra di conchigliette in brodo con una spuma di stracciatella alla romana”.

Un veronese lo mangia il panettone? “Certo che lo mangia. Lo fa e lo mangia. Pandoro e panettone sono generi diversissimi. Il pandoro è una cosa molto carica, preziosa nella sua intensità di gusto monocorde. Il panettone è un arcobaleno di sapori. Sono due mondi diversi e anche due impasti molto diversi”.

Il Natale dove vorrebbe passarlo, e dove invece lo passerà? “Di solito lo passo a Imola. Negli ultimi anni lo trascorro sempre da Valentino, al San Domenico, dove ho lavorato molti anni fa”.

E a un tavolo a fianco trova sempre Massimo Bottura con la famiglia. “Esatto”.

Con che cosa brinderà a Natale? “Quest’anno abbiamo deciso di italianizzarci il più possibile, per cui stapperemo sicuramente un Franciacorta o un Trento doc”.