Mercoledì 24 Aprile 2024

Intervista allo chef Enrico Crippa

E a Capodanno un bel rosso piemontese

Enrico Crippa

Enrico Crippa

Enrico Crippa non è vegano e nemmeno vegetariano. Col suo ristorante Piazza Duomo di Alba, il cuoco brianzolo trapiantato in Piemonte, classe 1971, ha tre stelle Michelin dal 2012 e una crescente notorietà internazionale. Non è un estremista della cucina naturale e salutista, ma sostiene che l'orto è una costante fonte di ispirazione. Le sue estese coltivazioni, in serra e a cielo aperto sulle colline delle Langhe, sono un laboratorio di passioni, dedizione, sperimentazioni coraggiose e continue. 

Un ricordo del Natale o del Capodanno della sua infanzia? 

«Sono fortunato. Nella mia carriera ho lavorato solo due volte a Natale. Ho quasi sempre trascorso le feste in famiglia, una famiglia molto ampia. Una zia portava uno splendido polpettone servito freddo con la mostarda, un'altra zia preparava i biscotti di Natale con la cannella e le spezie. Ora li fa sua figlia. Mia madre preparava e prepara ancora un fantastico paté di tonno, che è molto tradizionale anche qui in Piemonte. E poi da noi, in Brianza, c'è una mortadella di fegato di maiale che viene servita calda con puré di patate o lenticchie. È una cosa particolare, di gusto deciso. Le Festività sono sempre state un momento forte di aggregazione per tutta la famiglia. Spesso tornavo da esperienze all'estero, dalla Francia, dal Giappone. I miei genitori sono stati per molti anni custodi di una fabbrica di utensileria meccanica che aveva una mensa, c'era spazio per tanti. Da quando i miei non lavorano più si festeggia a casa dello zio ricco, quello che ha la taverna più grande. È sempre molto bello». 

Lo sarà anche in questo anno così particolare. 

"Certo. Dico una cosa contro il nostro interesse di categoria: mi sembra un po' triste festeggiare il Natale al ristorante". 

L’orto la ispira anche in inverno? 

«Certamente. L'orto d'inverno è ricco quanto d'estate, anche se è più difficile accudirlo. Barbabietola, rapa bianca, verza, cavolo verza, bietole, broccoletti, cavoli asiatici, pak choi, bok choi, crauti. Se si riesce a proteggere la crescita delle piantagioni a cielo aperto e a controllare bene la temperatura in serra, le possibilità sono tante. Bisogna solo stare un po' attenti alle lumache. Poi arrivano i cardi, i carciofi, i topinambur. Anche nei mesi più freddi le verdure sono ottime. Vanno raccolte quando il sole le rende meno gelide, va dato alle verdure il tempo di rigenerarsi, di risvegliarsi». 

Altri ingredienti le offrono buone idee invernali?

«Sono un grande fan della selvaggina. Con gli anni sempre meno gente è ingolosita da lepri, caprioli, anatre e germani. Ma mi piace cucinare la cacciagione e preparare le salse più adatte ad accompagnarla, anche se non sono cacciatore. Sono un grande fan della lepre». 

Il dolce delle feste? 

«Sono lombardo e quindi il panettone non si discute. Però sono golosissimo del tiramisù che fa mia mamma. È una campionessa. Un'altra zia mi fa il salame di cioccolato che è un altro mio vivo ricordo del Natale». 

Che cos’altro non può mancare sulla tavola di fine-inizio d’anno? 

«Datteri, mandarini, fichi secchi, arachidi. Ma anno dopo anno mi accorgo che tendiamo tutti a mangiare un po' meno. Si stava a tavola per ore e ore, con una varietà e una quantità infinite di cibo. Oggi non è più così». 

Per un brindisi? 

«Stapperò un grande rosso. La mia famiglia non è molto da bollicine. Da quando lavoro in Piemonte ho imparato a godere di queste grandi eccellenze: barolo, barbaresco, nebbiolo. Non rimpiangeremo lo champagne».