
Le aziende che producono vino si colorano sempre più di rosa. Donatella Cinelli Colombini è fondatrice e attuale presidente del Movimento donne del vino, associazione che ovviamente non vuole far concorrenza al genere maschile, ma testimonia la passione per l’enologia e per l’accoglienza nelle fattorie che producono vino. Donatella Cinelli Colombini, laureata in storia dell’arte medievale, erede di un antico casato e titolare dell’azienda agricola Fattoria Prime donne a Trequanda sulle colline senesi, sostiene con forza l’idea che il vino può essere una forza trainante per il turismo e la scoperta del territorio.
Quante sono oggi in Italia le donne che si dedicano alle aziende vinicole?
«Un terzo delle aziende agricole con vigneto sono dirette da donne. Generalmente sono piccole e infatti la loro SAU – superficie agricola utilizzabile è il 21% del totale ma produce il 28% del PIL agricolo».
Cosa le spinge verso una attività imprenditoriale che è sempre stata prettamente maschile?
«Generalmente l’eredità familiare, spesso sono sono figlie di produttori. Va sottolineato che, nelle imprese del vino, le donne sono minoritarie nel numero e nei ruoli sia in vigna che in cantina, ma dominano il commerciale, il marketing la comunicazione e il turismo. Quindi sono nel punto dove il vino si trasforma in euro».
Qual è la caratteristica che bisogna avere per condurre una azienda agricola che punta su prodotti di qualità?
«Il coraggio perché è difficile farsi largo. Ovviamente le competenze tecniche sono di grande aiuto ma serve anche un sogno. Esempi come Elena Fucci o Elisabetta Pala mostrano come sia proprio qualcosa di ancestrale, una specie di forza che scaturisce dalla terra della vigna, l’energia creativa che porta queste donne a rivoluzionare i loro territori creando dei capolavori liquidi».
Enoturismo: che previsioni si fanno per i prossimi mesi a cominciare da Pasqua?
«Tanto dipende dalla guerra, vedere la tragedia dei morti e dei bombardamenti a poca distanza dall’Italia, fa passare la voglia di andare in vacanza. Sono elementi negativi anche il costo dei carburanti e le bollette che prosciugano i conti correnti. Tuttavia la voglia di vacanze è forte e i turisti stranieri stanno ricominciando a prenotare. Quindi tutte le cantine sono ottimiste per la prossima stagione».
Cosa bisogna offrire al turista oltre ad un prodotto di qualità?
«Delle esperienze diverse da tutte le altre e capaci di farlo entrare nella vita autentica di quella cantina e di quel territorio. La visita guidata con la spiegazione del processo produttivo e la degustazione finale… non bastano più per emozionare il wine lover. Molto importante è l’abbinamento con il cibo tipico e le ricette della nonna».
Perché il vino è anche cultura?
«Certi prodotti naturali come i legni pregiati, la seta, la vite … sono duttili e l’uomo può interpretarli trasformandoli in espressioni della civiltà del proprio tempo. Ecco che con il legno puoi produrre uno Stradivari, con la seta puoi realizzare un abito di alta moda e con l’uva puoi ottenere sapori che rappresentano i bisogni, le sensibilità di un momento storico. In questo senso dico che il vino è un’espressione culturale al pari di un dipinto, di un concerto o di un’architettura».
Quali sono i gusti dei giovani, bollicine o rossi di pregio?
«Apparentemente ci sono due tendenze opposte: i vini “divertenti” di bassa qualità e notevole bevibilità (tipo Prosecco) con prezzo contenuto e contemporaneamente un incremento di interesse dei giovani consumatori per vini premium di alta qualità e anche molto costosi come dimostra il grande incremento dei collezionisti millennials».
Possibile?
«Certo, li chiamano Cool Kid e spesso hanno fatto soldi con le criptovalute. Investono cifre importanti perché la media dei collezionisti millenials è di 168.000 sterline. Secondo Cult Wine Investment, soprattutto negli Stati Uniti sta avvenendo un boom di ‘vin-investments’ con una crescita del 23%».