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Valle dei Laghi, un viaggio alla scoperta dell'arte della grappa

di MONICA GUZZI -
21 dicembre 2022
grappa16

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Una valle lunga e profonda tra il lago di Garda e le Dolomiti, una tradizione secolare che affonda le sue radici nell’impero austro ungarico, nomi suggestivi come “Maso Nero”, “Aquila Nera”, “Brigante”. E ancora un paesino fatto di neanche 200 anime e 5 distillerie che l’11 dicembre celebra la notte degli alambicchi con una festa dedicata al suo tesoro: la grappa.

Siamo nella Valle dei Laghi, a pochi minuti dalla città di Trento. Qui tra una decina di laghetti alpini si alternano  vigneti  fortunati, perché accarezzati dall’Ora del Garda, una brezza che, spirando da sud a nord, mitiga il clima e favorisce la produzione di vini particolarmente profumati con buoni livelli di acidità. E con i vini, la mitica grappa del Trentino. Qui la distillazione va di pari passo con il ritmo naturale della vendemmia e della vinificazione. Ogni contadino ha sempre prodotto la sua grappa, un tempo nei garage, oggi in moderne distillerie che sembrano boutique. E produttori dal sapere antico come Arrigo Pisoni, novantenne pioniere dei distillati, hanno passato il testimone alle nuove generazioni, dove il dna si sposa con studi sempre più sofisticati e all’umiltà di chi sa che la grappa non è solo tecnica, ma sperimentazione continua. Tradizione, cultura e un Istituto di tutela col marchio del tridente, a rappresentare le tre colline di Trento, che vanta 26 distillerie in una provincia di 500mila abitanti.

 “I distillatori sono dei profumieri – racconta il presidente dell’istituto, Bruno Pilzer – Qui da un pezzettino dell’uva, che è la buccia, noi andiamo a portare fuori tutti i profumi possibili”. Ed è possibile mettersi in viaggio seguendo questo profumo, per esempio pedalando lungo la ciclabile fra natura e storia, ammirando vigneti, castelli e laghetti come quelli di Cavedine, Santa Massenza e Toblino, magari con una sosta all’Arco di Trento, uno dei castelli più rinomati, riprodotto in un famoso acquerello di Albrechti Dürer, che qui fece un famoso viaggio.

Santa Massenza

E’ più conosciuta come la Venezia della grappa. Un gruppo di case e cinque distillerie che portano tutte lo stesso nome: Poli. Cinque diverse famiglie di vignaioli che oltre alla grappa producono anche vin santo dall’uva nosiola. La tradizione nasce dal palazzo vescovile. Il vescovo aveva un alambicco dove i contadini andavano a produrre i loro distillati. Poi cominciarono a distillare in casa, ancora negli anni Sessanta erano 13 le distillerie attive nel paesino. Una tradizione celebrata nella famosa notte degli alambicchi, che ogni anno porta migliaia di visitatori nel paese, tra distillerie e mercatini dell’artigianato, tra degustazioni e rappresentazioni teatrali con il conduttore televisivo Patrizio Roversi come testimonial.

Le regole

Un tempo era considerata solo la bevanda degli alpini. Poi la grappa è cresciuta e oggi dà da vivere a tante piccole aziende. “Anzitutto le distillerie entro Natale devono essere spente – riassume Alessandro Marzadro, giovane vicepresidente dell’Istituto di tutela -. Dietro la freschezza della materia prima, le vinacce, c’è la parte principale del nostro prodotto”. La distilleria segue infatti i tempi della vinificazione. Gli alambicchi prima lavorano le vinacce e producono la flemma, a basso grado alcolico, che successivamente viene ridistillata ed eventualmente affinata in botte.

Le nuove generazioni

Rudy Zeni racconta la storia della sua famiglia a Grumo, San Michele all’Adige, culla della produzione della Grappa del Trentino, del Trentodoc e di altri vini. La famiglia Zeni porta avanti la tradizione della coltivazione della vite da decenni. Tutto parte nel 1882, quando Roberto Zeni, dopo lunga fatica, domande e pratiche a non finire, ottiene dall’imperatore d’Austria Francesco Giuseppe I d’Ausburgo e Lorena, la licenza di aprire una osteria nei pressi del ponte sull’Adige. In quella occasione, nonno Roberto Zeni mesce un vino Teroldego ottenuto dalla prima vendemmia di alcune vigne in località "Pini". Il Campo Rotaliano, culla del Teroldego, nasce proprio in quel periodo quando l‘impero fa eseguire la bonifica idraulica dell’imbrigliamento del fiume Adige e del torrente Noce, creando un terreno ideale alla coltivazione della vigna. L’attività del nonno ha successo e gli appezzamenti si moltiplicano. Un secolo dopo, nel 1988 l’azienda acquista un terreno di circa dodici ettari a vigna denominato Maso Nero, collocato sulla collina di Sorni, lungo la Strada del Vino a una altitudine di 400 metri, con esposizione sudovest e con una pendenza oscillante tra il 40 ed il 50%, terreno calcareo dolomitico.

“La vicina enoteca Aquila Nera era una vecchia dogana, mentre il nome Maso Nero secondo la leggenda era un covo di briganti, nero perché annerito dal fumo del fuoco”, racconta Rudy, che oltre a produrre ottimi vini biologici,  Trentodoc e grappe di Teroldego e Nosiola, ha coniato il marchio di una birra, “Brigante”, in onore della tradizione di famiglia ormai alla quarta generazione. “Le nostre grappe sono il risultato di tanti anni di ricerca, oggi le aziende sono dei salotti, un mondo, quello dei distillati, che non si è mai fermato”. Con un occhio alla tradizione, come racconta un bicchiere di Rossara. “Il suo nome compare negli almanacchi agrari del 1850 - racconta Rudy Zeni - Era la varietà più esportata a Vienna per l’esercito. Era rimasto solo un contadino a produrre questa uva centenaria, noi l’abbiamo ripresa”.

La cantina nel rifugio antiaereo

L’azienda Pisoni nasce nel 1852, ma si rintracciano testimonianze della sua secolare storia già nel ‘500 quando Carlo Antonio Pisoni forniva di vini ed acquaviti la corte del Principe Arcivescovo Cristoforo Madruzzo durante il Concilio. Oggi l’azienda si trova a Pergolese. Le condizioni climatiche, l’altitudine dei vigneti, tra i 300 e i 500 metri, permettono l’alternarsi di forti escursioni termiche che conferiscono all’uva freschezza e acidità per le quali i prodotti Pisoni, Grappe e Trentodoc, sono riconosciuti in tutto il mondo.

Negli anni della seconda guerra mondiale la famiglia, per sfuggire ai bombardamenti, prolunga un tunnel nella roccia della montagna, adattandolo a rifugio antiaereo. Sarà proprio qui che, negli anni a venire, troverà spazio la cantina.  Una storia antica e un grande pioniere come Arrigo Pisoni, tra i fondatori dell’Istituto Tutela Grappa del Trentino, del Consorzio tutela e valorizzazione “Vino Santo” e dell’Istituto Spumante TrentoDoc. Ciclista, maratoneta, sciatore, scalatore, con alcuni amici apre una via sul Monte Daino sul quale scrive anche un libro. “Quando fai una cosa, meglio farla bene”, è il suo motto.

Dall’inizio del 2000 alla guida della distilleria e della cantina ci sono Elio e Giuliano, figli di Arrigo che, ancora oggi, si occupa del remuage dello spumante, e Andrea e Francesco, figli di Vittorio. Giuliano, laureato in ingegneria dei materiali è il mastro distillatore. “Non ci sono scuole sulla distilleria – spiega – Ogni distilleria è diversa dall’altra. Bisogna sperimentare, aggiustare strada facendo” . Ed è per questo che la grappa è un’arte.