Venerdì 19 Aprile 2024

Eccellenze toscana

Costate, ribollite e cacciucco, pappardelle al ragù di selvaggina per chiudere con i cantucci. Specialità ben impresse nell’immaginario alimentare italiano

Al di là delle insegne (ristorante toscano, trattoria toscana, osteria toscana) esiste la cucina toscana? Certo, è che sino a pochi decenni fa il desco toscano si affermava come tra i più rispettosi della materia prima, sospinto da un esasperato individualismo, un continuo precisare, distinguere, proporre. Alcuni dei riscatti gastronomici avvenuti alla fine del XX secolo si devono a scialuppe di salvataggio alimentare pensate proprio dal positivo desiderio di protagonismo delle contrade. Di pari passo la cucina toscana si è fatta largo tra le cucine regionali grazie alle cotture immediate, ai prodotti consumati senza interposizioni nei borghi riscoperti dal turismo lento, ancora lontano dalle folle. Così costate, ribollite e cacciucco, pappardelle condite con ragù di selvaggina e cantucci occupano l’immaginario alimentare degli italiani grazie a una conquista pacifica che richiama genuinità e naturalezza. Gli indizi per scovare un autentico locale di cucina toscana ora ci sono. Vanno solo ricercati.

1. PATATA DI CETICA La coltivazione della patata nel Casentino inizia agli inizi del XIX secolo per mezzo di un editto emanato dai Lorena finalizzato a contenere le carestie che affliggevano il Granducato. Tra le molte possibilità si scelse una patata dalla pelle rossa e butterata, con profondi occhi rosso scuri, per il sapore sapido della pasta e per la maturazione di poco più tardiva rispetto ad altre varietà. Piantata a maggio e raccolta a settembre, la patata di Cetica è servita come merce di scambio con l’olio che risaliva il Valdarno. Come altri prodotti dell’agricoltura toscana, ha rischiato di scomparire e oggi ne vengono prodotti alcuni quintali destinati perlopiù al consumo familiare e locale. L’elevato contenuto di sostanza secca la rende ideale per gnocchi e la frittura. cetica.it

2. MARRONI DEL MUGELLO IGP Insostituibile fonte alimentare e di reddito per le popolazioni montane, i castagneti da frutto nella zona del Mugello hanno contribuito sino agli anni Sessanta al mantenimento del territorio e del paesaggio. Il periodo dello spopolamento, il cambiamento delle abitudini alimentari e una improvvisa malattia che ha colpito i castagni hanno contribuito al forte ridimensionamento degli ettari coltivati. La riscoperta della castanicoltura negli anni Novanta ha permesso di rivalutare il Marrone del Mugello, che ha ottenuto la certificazione europea dell’IGP. La zona di produzione ricopre parte del territorio della provincia di Firenze. Il Marrone del Mugello IGP ha una pezzatura medio-grossa, con la base piatta e di colore più chiaro. La polpa è bianca, croccante e di gradevole sapore dolce. Nella coltivazione non si utilizzano fitofarmaci e fertilizzanti e per la conservazione del prodotto non si utilizzano trattamenti chimici e additivi.

3. FARRO DELLA GARFAGNANA IGP La storia del Farro della Garfagnana IGP è quella di un salvataggio in extremis: si passò da poche migliaia di metri quadrati degli anni Settanta al completo recupero di qualche decina di ettari nel decennio successivo. Grazie agli sforzi della Comunità Montana, nel 1996 viene ottenuto il riconoscimento europeo dell’IGP, che sancisce il definitivo recupero di questo cereale. La coltivazione avviene a una quota compresa tra 300 e 1000 metri, secondo metodi di coltivazione biologica. Nel 2000 il Consorzio Produttori di Farro della Garfagnana realizza un centro unico per la lavorazione, il confezionamento e lo stoccaggio del prodotto, curandone direttamente anche la commercializzazione. I produttori iscritti all’albo sono oltre 100 e coltivano circa 200 ettari per lo più situati nella parte centro-settentrionale della valle. La cucina della Garfagnana ringrazia: continuano a esistere i piatti tradizionali come minestre e torte salate.

4. ELISIR DI CHINA In Lunigiana e in Garfagnana si è scritta la storia dell’alchimia liquoristico-medicinale. Nel 1884 l’esperto botanico Giuseppe Clementi crea nella sua farmacia di Fivizzano la ricetta della China Clementi. A distanza di quasi 140 anni si produce lo stesso elisir, invecchiato per due anni, dalla straordinaria ricchezza di aromi e dal caratteristico colore aranciato (chinaclementi.it). A inizio Novecento, un altro farmacista, Alfredo Giovannetti, metteva a punto a Pieve Fosciana la ricetta di un liquore dal sapore dolce-amaro e colore rosso amaranto contenente 14 erbe medicinali, tra le quali la corteccia di china. A cavallo delle due guerre mondiali venne insignito di medaglia d’oro per i suoi benefici terapeutici come tonico e digestivo. Nella Farmacia Lupetti utilizzano la ricetta di allora vetrina .toscana.it

5. FAGIOLO CIAVATTONE DI SORANO Tra le rocce vulcaniche del territorio di Sorano sgorgano sorgenti termali (termedisorano.it) e le stesse terre assicurano ai legumi caratteristiche organolettiche pregevoli come la finissima cuticola esterna e un sapore ricco e intenso dovuto alla forte incidenza del potassio naturale. Durante la coltivazione viene effettuata la sarchiatura e la zappatura del terreno per eliminare le erbe infestanti e la raccolta e la pulitura vengono effettuate a mano così come il confezionamento. Il clima asciutto e soleggiato dei terreni vulcanici delle colline dell’altra Maremma, li rendono prodotti unici per sapore e gusto. Tra i più caratteristici il fagiolo Ciavattone, chiamato così per la caratteristica forma schiacciata e con polpa burrosa e digeribilissima. fonterosa-it.webnode.it