Dove il gusto si trasforma in emozione
Quarantaquattro ristoranti stellati, di cui ben sei con due “macaron” assegnati dalla temuta e agognata Guida Rossa Michelin: la maggior parte sta sulla costa, con veri fenomeni del gusto come Sorrento che di stellati ne conta tre contro i due ciascuno di Amalfi, Ravello, Positano, Paestum. Ma poi scopri che uno ne trovi nella regale Caserta, addirittura due a Telese e uno a Vallesaccarda, nel Sannio, assai lontano dal mare, e un bistellato fiorisce a Brusciano, alle spalle del Vesuvio. Piccola premessa per dire che non a caso la Campania è una capitale del gusto. Lo dicono i numeri: sette prodotti con il marchio Dop, sei con l’Igp, ma ben 457 contrassegnati con la sigla Pat, Prodotti alimentari tradizionali: uno in più della Toscana, l’elenco più lungo di tutto il territorio nazionale. Ma i numeri, freddi e aridi, non bastano. Il gusto è emozione: in quella lista ci sono liquori, carni e pesci, salumi, formaggi, frutta del campo e del bosco, ortaggi tuberi e legumi, pani e paste, celeberrimi piatti dolci e salati, sughi e salse. Qualcuno magari noto solo a chi vive in zona o giù di lì, moltissimi che hanno fatto ormai il giro del mondo, e allietano tavole di case e ristoranti, tavole delle feste, colazioni al bar a tante latitudini. La pizza, il babà e la sfogliatella, certo. Ma non solo: casatielli e sartù, gattò e scialatielli, crocché, zeppole, struffoli, taralli, roccocò... E la pastiera, l’inimitabile, commovente, regale, sacra e divina pastiera, con la gelosa ricetta della mamma della nonna della bisnonna, e quell’allegra filastrocca, invero e naturalmente tutta napoletana, che la celebra come pochi saprebbero: “È nu sciore ca sboccia a primmavera, e con inimitabile fragranza soddisfa primm ‘o naso,e dopp’a panza. Pasqua senza pastiera niente vale: è ‘a Vigilia senz’albero ‘e Natale,è comm ‘o Ferragosto senza sole”... Ci facciamo un giro, per la Campania del gusto? Virtuale, ahinoi, ché bello e godurioso sarebbe altresì farselo dal vivo, e fermarsi in ogni dove. A ogni profumo, a ogni sapore, a ogni tentazione. Partiamo da Napoli, per ricordare che qui appunto sono nate la pizza e la sfogliatella (in due versioni, l’aragosta di sfoglia e la frolla), come pure il babà. Ma qui nasce ‘a pummarola, e a onta del nome anche la parmigiana di melanzane, e la “genovese”, e il fatidico polpo “alla luciana”. Che non è assolutamente una signora o signorina con quel nome: va letto lucìana, accento sulla i, è il polpo preparato alla maniera dei pescatori di Santa Lucia, il quartiere, quello che “sul mare luccica l’astro d’argento”. Vogliamo continuare il giro? Cetara con la colatura di alici, Mondragone con le mozzarelle (eh già), Gragnano con i suoi mitici pastai, Ischia con il coniglio di fosso... E ci vorrebbe del tempo. Tanto tempo. Ma dite la verità, come lo spendereste, meglio di così?
UN CONSIGLIO
I castagneti di Montella Irpinia sono un patrimonio da tutelare. E anche da conoscere con una visita decisamente open air