Dal Chianti al Brunello

Due simboli di una regione che devono le loro origini al barone Bettino Ricasoli e allo scrittore Clemente Santi

Città, borghi, casali, torri, pievi. E ancora ulivi e vigneti sparsi tra filari di cipressi: è la Toscana del Chianti, dove Gaiole, Greve, Castellina, Radda fanno da corona a quel Castello di Brolio, dal 1300 feudo dei Ricasoli. Al barone Bettino – che sarà poi primo ministro nel Regno d’Italia – spetta la paternità del Chianti, quando nella prima metà dell’Ottocento, a soli 29 anni, scelse di dedicarsi alla cura delle sue terre. Convinto che . Di Chianti si faceva consumo nelle taverne e in occasione dei mercati, ma era un vino senza qualità e soprattutto privo di carattere. Ricasoli, grazie a sapienti uvaggi – Sangiovese per tre quarti, poi Canaiolo Nero, Trebbiano e Malvasia – riesce a conferirgli quel sentore di viola-mammola, che ne consacrerà i futuri destini.

Le due grandi aree del Chianti sono la fiorentina e la senese. Impegnate per decenni in un diretto confronto fra i due rispettivi consorzi, quello del Putto e quello del Gallo Nero. Poi entrambi hanno superato ogni conflittualità, grazie al riconoscimento della Docg.

Il primo in assoluto a ottenere tale denominazione è stato nel 1980 il Brunello di Montalcino, uno dei vini italiani più conosciuti nel mondo, che prende il nome dal Comune a sud di Siena. Il territorio è costituito da una sola grande collina, a forma quasi quadrata, chiusa da tre fiumi, Ombrone, Asso e Orcia ed è un vino che da sempre nasce in vigna.

Lavoro manuale e uve perfette da mandare in cantina. Il padre precursore del Brunello è Clemente Santi, farmacista e scrittore, che nella seconda metà del Novecento trasforma un vino per pochi in un simbolo senza confini. La storia del Brunello ha alle spalle un uvaggio complesso, che ha richiesto anni di verifiche e di approfondimenti, non solo per fissare il rapporto di forze – per così dire – tra Sangiovese, Canaiolo e Prugnolo, ma anche i tempi e le tecniche di un processo di vinificazione quantomai attento a non perdere profumi e sentori delle varie uve.

 

AMICI E NEMICI A lungo, fino al riconoscimento della Docg, si è assistito a un aspro confronto fra i due consorzi del Chianti, quello del Putto e quello del Gallo Nero