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Dagli gnocchi ai maccheroni. Il meglio è qui

La Campania mette in mostra il meglio della tradizione nel piatto. Una varietà incredibile di tipologie che fa sempre rima con qualità

Campania: scrigno inesauribile di cervelli e di incredibili bellezze. E il panorama gastronomico non è da meno, specie se si è grandi mangiatori di pasta. Conchiglioni, scialatielli, vermicelli, paccheri, candele, ziti e fusilli, solo per citare alcune tra le varietà più note, che riempiono un bagaglio già notevole di ricette, storie, sapori. Del resto, quello tra i ‘maccheroni’ (così veniva chiamata un tempo la pasta, a prescindere dai vari formati) e questo territorio meraviglioso è un matrimonio di lunghissima data.

Piatto inizialmente riservato alle tavole degli aristocratici, nel giro di qualche secolo la pasta invade anche le bocche dei ceti popolari per poi diventare un vero e proprio marchio di fabbrica da esportare in tutto il mondo. Non a caso, sono due i grandi poli di quella è stata ribattezzata l’età dell’oro della manifattura della pasta – siamo tra il XVII e il XVIII secolo -: Genova e Napoli. Una luna di miele che continua allegramente. Anche con qualche piacevole variante sul menù e interessantissime rivisitazioni.

Ogni regione mette in vetrina la sua argenteria. E la Campania ne ha tanta. Prendiamo gli gnocchi napoletani. Questi non hanno niente a che vedere con i classici gnocchi di semola o di patate che altrove vanno per la maggiore. Lo gnocco napoletano, infatti, di quello tradizionale ricorda in parte la forma ma è una pasta sostanzialmente secca, caratterizzata da una superficie a costoloni e vuota all’interno, così da accogliere nel suo cuore la maggiore quantità possibile di condimento. Il pomodoro in primis, ma anche altri tipi di salse. Non che sulla tavola di un campano gli gnocchi di patate non siano graditi. Tutt’altro. E i famosissimi gnocchi alla sorrentina sono una delizia della costa, ma anche efficacissimi ambasciatori della dieta mediterranea in ogni angolo del globo. Basta dare un’occhiata agli ingredienti: pomodoro, fiordilatte, parmigiano e basilico. Ma ogni leccornia che si rispetti prevede anche i suoi strumenti migliori. La pasta viene infatti cotta al forno adoperando alcuni tegami prevalentemente di coccio, i cosiddetti pignatielli.

Un tricolore di sapori e aromi che, se ci atteniamo alla tradizione, sarebbe nato grazie alla genialità di un cuoco. Siamo a Sorrento, e per la precisione intorno al Seicento. Il nostro cuoco, ansioso di sperimentare, lavora in una vecchia osteria di piazza Tasso. Dopo aver cotto e schiacciato le patate, decide mischiarle ad acqua e farina, creando un primitivo impasto da cui vengono successivamente ricavati alcuni tocchetti rotondi; gli gnocchi vengono poi gettati in acqua bollente per evitare che si sfaldino. Fiordilatte e pomodoro non tardano ad arrivare. E il piatto è servito.

IL RAVIOLO

Con il ripieno di carne. L’antenato è islamico

I ravioli alla napoletana, già citati nella cucina teorico-pratica di Ippolito Cavalcanti, duca di Buonvicino (1864), vengono preparati con una pasta all’uovo che contiene latticini (mozzarella e ricotta) e prosciutto. Il piatto è un’interpretazione locale della pasta ripiena, tipica del nord della Penisola, la cui nascita risale al Cinquecento. Di qualcosa di simile al raviolo si ha traccia già nel ‘Liber de ferculis et condimentis’ (Il libro dei cibi conditi) di Giambonino da Cremona, che nel XIII secolo tradusse in latino un manoscritto del medico iracheno ibn Jazla, risalente all’XI secolo e intitolato Minhai al-Bayan (Cammino dell’esposizione). Delle oltre 2000 voci di quella che era una sorta di enciclopedia sui trattamenti della farmacopea e sui cibi, il

Pasta for sae in Italy

Liber ne traduce un’ottantina. Ed è qui che compare l’antenato islamico del raviolo: il ‘sambusuch’, una pasta dalla forma triangolare ripiena di carne.

LA LASAGNA

Limited edition con uova sode. Per una ricarica di energia

Quando si pensa alla lasagna la mente corre spedita verso l’Emilia-Romagna. Anche la Campania però ne vanta una tutta sua. A differenza di quella emiliana, l’impasto non prevede l’utilizzo delle uova, ma solo di semola di grano duro e acqua. E la si cuoce direttamente al forno. Molto stuzzicante la lista degli ingredienti. La ricetta classica prevede alcuni strati di lasagna alternati a ragù di carne, ricotta, polpette fritte (di manzo o maiale), pezzi di fior di latte e le cosiddette ‘cervellatine’, salsicce campane rosolate in padella. In alcuni casi si aggiungono anche le uova sode. Come ogni buon piatto che si rispetti, la lasagna napoletana è legata a una tradizione. In questo caso, si aprono le porte del Carnevale. Una bella scorpacciata di calorie prima del digiuno quaresimale.