Martedì 23 Aprile 2024

A spasso per le ramblas nella città di Guadí e di Miró

Per iniziare la giornata nulla di meglio di fare un salto nel coloratissimo mercato La Boqueria. Per poi spingersi nei dintorni

Tarragona, sulla costa della Catalogna

Tarragona, sulla costa della Catalogna

L’ego di Barcellona può apparire debordante ma, il suo, è un narcisismo perdonabile. E del resto, nulla è più beneaugurante di un buon bicchiere di rosso o di bollicine, sotto le volte del pittoresco mercato La Boqueria, a lato delle Ramblas, o tra gli scafali di Vila Viniteca, nel vicino quartiere Born. La bella città di Gaudí e di Miró è una sorta di lasciapassare. E a quel punto, il viaggio attraverso la Catalogna dei grandi vini diventa un’esplorazione iniziatica. A cominciare dalla regione di Penedès, tra paesaggi delimitati dalla balneare Sitges e dalla vicina cordigliera dove cresce il Xarel-lo, vitigno emblematico, assieme ad altre varietà bianche come il Macabeo, un vero Eden per gli enoturisti alla ricerca di tenute storiche e blasonate come la Codorníu, la più antica cantina spagnola con i suoi 26 chilometri di cantine disposte su 5 piani, paradigma di questo territorio al pari della graziosa Sant Sadurní d’Anoia, capitale della spumantistica locale e serbatoio del mitico Cava prodotto esclusivamente con metodo classico.

Per inerzia si punta a sud, verso la zona vitivinicola del Priorat, terra di aspri pendii che dimostrano la caparbietà dei suoi vitigni e l’eroismo di chi li coltiva. Fino alle alla meraviglia delle delle “Terre Alte” tagliate da vecchie linee ferroviarie in disuso, tra Tortosa e Puebla de Hijar, dove affrontare scelte amletiche tra il Centre Picasso, i frantoi che cadenzano la “Strada dell’olio d’oliva” e la fotogenica e sorprendente cantina di Cèsar Martinell a Pinell de Brai, in una micro-regione che produce gli ottimi bianchi Garnatxa e dove l’iperbole ha la forma di un tempio e poi di un’altro ancora. Edifici strani per essere luoghi di culto. E infatti, non lo sono. O almeno, non di tipo mistico-religioso. Piuttosto, enologico, come è giusto che siano le belle cantine innalzate agli inizi del XX secolo, quando agricoltori e proprietari decisero di unirsi in cooperative per uscire dalla crisi provocata dalla piaga mondiale della filossera e commissionarono la costruzione di queste imponenti “cattedrali del vino”, grandiosi edifici in stile “modernista”, affidandole al genio di personaggi come Antoni Gaudí, Lluís Domènech i Montaner, Cèsar Martinell e alla loro idea di luoghi di grande estetica ma anche di sicura funzionalità. Come la tenuta dell’Espluga de Francolí e Vila-Rodona nella Costa Daurada. E la strepitosa cooperativa di Gandesa, orgoglio de “Terres de l’Ebre” e passaggio obbligato per entrare in quel territorio speciale dove il fiume Ebro dilaga nel suo grande delta, dando vita ad un paesaggio naturalistico dominato dall’acqua e dalle terre paludosi; dove anche Bacco s’inchina al predominio delle varietà risicole e degli uccelli migratori; e dove l’uomo s’ingegna, allestendo postazioni per il birdwatching e proponendo una cucina ittica bagnata dai grandi vini catalani in grado di mettere a tavola curiosi e gourmet. Luogo estremo o forse solo insolito. Per la gente di Barcellona, una sorta di “fine del mondo”. Per chi lo abita, il luogo dove il mondo e la stessa Catalogna iniziano.