Sabato 20 Aprile 2024

Bologna, il principe Pignoletto

I monaci medievali lo consideravano il migliore tra quelli prodotti nel territorio

il principe Pignoletto

il principe Pignoletto

Vitigno principe di questo territorio, il re dei Colli Bolognesi, è il Colli Bolognesi Classico Pignoletto Docg. Nasce da una base costituita al 95% proprio dall’omonimo vitigno, prodotto in una zona ristretta a sud del capoluogo, e presenta un grado alcolico totale di 12% Vol. Una denominazione questa che probabilmente trova il suo progenitore nell’antico Pinus Laeto citato da Plinio il Vecchio nella sua Naturalis historia. Tuttavia, all’epoca, questo vino dei colli bolognesi non era molto apprezzato, tanto che Plinio lo giudicava “non abbastanza dolce per essere buono”. Già di tutt’altra opinione furono i monaci medievali che lo ritenevano un vino superiore per bontà a tutti gli altri presenti, al punto che il Pignoletto divenne il più apprezzato. Da tali affermazioni si può dedurre che nell’antichità il Pignoletto era già conosciuto. Il Tanara, nel 1654, col suo trattato Economia del Cittadino in Villa, fa precisi riferimenti ad “Uve Pignole” che sono coltivate nelle colline della provincia bolognese. Come si vede secondo le epoche i gusti cambiano e vini che incontrano i gusti dei mercati nel giro di pochi decenni possono ricevere giudizi completamente diversi.

Le analisi del suo DNA hanno determinato che il Pignoletto ha caratteri genetici sostanzialmente identici al Grechetto di Todi, a differenza di quanto sostenuto nel passato quando veniva ritenuto una variante del  Pinot Grigio e del Riesling. Quindi un’uva che si è adattata e modificata lungo l’asse appenninico del centro Italia dando risultati sorprendenti sia che si parli di Grechetto che di Pignoletto. Vino che nella versione Colli Bolognesi Classico Pignoletto DOCG trova sempre più estimatori anche se stenta ad avere unanimi consensi, in definitiva è un vino che piace molto o, erroneamente, non entusiasma. Noi siamo dalla parte dei suoi grandi estimatori, percependo nelle sue massime espressioni un’eleganza e una corposità ampia. Così come ampio è il suo spettro olfattivo e gustativo. Tutte caratteristiche confermate dal successo che sta recentemente ottenendo. Successo che ha spinto il Consorzio a richiedere qualche modifica al disciplinare inserendo alcune tipologie, senza stravolgere la base ampelografica che vede l’utilizzo dell’85% delle uve Pignoletto alle quali se ne possono sommare altre, per un massimo 15%, di vitigni autorizzati, lasciando al 95% l’utilizzo delle stesse uve del vitigno principe dell’areale, solo per la Versione che riporta la dicitura “Classico”. In generale al naso è un vino delicato, proponendo note fruttate di mela, mandorla e nocciola, mentre in bocca il sapore è fine e secco. È ideale per accompagnare tutto il pasto, ma particolarmente indicato nel sottolineare antipasti, minestre delicate, insalate di riso, tortellini e passatelli in brodo, testaroli al pesto, piatti a base di pesce, carni bianche, verdure ripiene e uova, formaggi freschi. Il frizzante si sposa perfettamente con i tipici prodotti regionali come la mortadella, il prosciutto crudo, il culatello, le tigelle o lo gnocco fritto. Oggi il vino della DOCG Colli Bolognesi Classico

L’ANALISI DEL DNA PORTA A TODI  Le analisi del dna del Pignoletto hanno determinato che il Pignoletto ha caratteri genetici sostanzialmente identici al Grechetto di Todi e non è una variante del Pinot Grigio o del Riesling

Pignoletto si propone di colore giallo paglierino più o meno intenso, spesso con riflessi verdognoli, odore delicato, fruttato, caratteristico e sapore fine, armonico, caratteristico. Può essere immesso al consumo solo dopo il 1° aprile dell’anno successivo a quello di produzione delle uve ed è ottimo come aperitivo, ma anche in abbinamento a crostini al tartufo, tortellini in brodo, tortelli di fiori di zucca, frittura di crostacei e pesce in genere. È da tutto pasto, ma eccellente con carni bianche e formaggi freschi che ne valorizzano le caratteristiche.

La zona di produzione, eccetto il comune di Savignano sul Panaro in provincia di Modena, è racchiusa nella provincia di Bologna, nell’area dei colli bolognesi che pur essendo attaccati alla città, diventano estremamente lontani appena ci si allontana da quel crocevia di arteria che collegano l’Italia. Basta salire da Marzabotto a Medelana, da Sasso Marconi a Mongardino, da Casalecchio di Reno a Tizzano, da Pianoro a Riosto, per rimanere silenziosi davanti a paesaggi bellissimi. L’autostrada A1 taglia in due i colli come una fresa che rumorosa solca il ferro e lo divide. Da una parte colline che si inerpicano sull’Appennino, dall’altra un altopiano gessoso che più dolcemente si inoltra verso la Romagna. I vigneti posti in alto disegnano quadrati di un verde acceso che contrasta con il verde cupo dei confinanti boschi. È possibile risalire le valli dell’Idice, del Savena, del Reno, del Samoggia, del Lavino e del Panaro o perdersi su strade che si inerpicano verso gli Appennini.