Giovedì 18 Aprile 2024

Bologna, le imperdibili eccellenze

In poche altre aree d’Italia convivono passione per i prodotti tipici, cultura e storia del territorio: questa è la vera carta d’identità di Bologna e dintorni

Sull’Appennino emiliano, e in particolare su quello bolognese, è forse nato il fenomeno del turismo gastronomico come viene oggi inteso. In poche altre aree d’Italia convivono passione per i prodotti tipici, la cultura, la storia, in sintesi l’identità di una terra proposta come bene da condividere, oltre che come risorsa economica, in un costante impegno a promuovere le originali caratteristiche della comunità. Il sipario si apre su un museo a cielo aperto che conserva l’ambizione di preservare tradizioni e prodotti arcaici. Come la zampanella, ottenuta da una pastella di acqua e farina cotta in padelle di rame stagnato, le ruole, oggetto di feste paesane nelle frazioni di Gaggio Montano; o i ciacci, sottili piadine di farina di castagna che meritano sagre a Lizzano in Belvedere. Fenomeni che si ripetono più a nord, nel bel mezzo della pianura, come a Medicina. Passaggio obbligato per Bologna, la regina della gastronomia tricolore.

Le imperdibili eccellenze
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    Cipolla di Medicina
    È sempre una, ma si distingue per il colore della tunica: bianca per le frittate, dorata ideale per il ragù, rossa da consumare cruda nei contorni. È la cipolla di Medicina, un’autorevole storia alle spalle, attestata dalla nascita della Fiera di luglio già dal XVII secolo, e dalle quotazioni di borsa, effettuate in loco su base volontaria sino agli anni Ottanta. Le statistiche informano inoltre che circa il 10% della produzione nazionale di cipolla è riconducibile alla Cipolla di Medicina, essendo in costante aumento i 200mila quintali cavati su una superficie di 800 ettari, distribuita anche su 5 Comuni limitrofi. Un autentico record. La cipolla dorata di Medicina risulta peraltro fondamentale per cucinare il celebre friggione bolognese, succulento intingolo di cipolla e pomodoro.
    cipolladimedicina.com
  2. 2
    Miele della 
Val Limentra
    L’assenza di strade ad alta densità di traffico è uno degli elementi che contribuiscono a migliorare la qualità del miele. Da qui l’impegno dell’Associazione Apicoltori della Val Limentra, costituita nel 1986, a tenere lontano gli apiari alla distanza di almeno 1 km da vie di comunicazione e da luoghi dove l’agricoltura utilizza antiparassitari e diserbanti. “Il contesto naturale, caratterizzato da grandi boschi inframmezzati da prati da sfalcio e da praterie naturali è preservato dalla presenza del Parco Regionale dei Laghi di Suviana e Brasimone” spiega il presidente Carlo Moruzzi. Ne fanno parte circa 30 produttori che appartengono al territorio dell’Unione di Comuni dell’Alta Val Reno. L’area è particolarmente vocata alla produzione di miele di castagno e di acacia.
    informamiele.it
  3. 3
    Mela rosa dell’Appennino bolognese
    Ampiamente coltivata fino al secolo scorso soprattutto negli orti e nei frutteti a carattere familiare per sopperire al fabbisogno domestico, la mela rosa è comune a tutto l’Appennino. Vincenzo Tanara nel 1644 nell’Economia del cittadino in villa attribuiva il nome al sottile profumo del fiore che emana. Nell’area bolognese Antonio Contini Carboni ha ripreso e diffuso questa frutta negli ultimi anni. I meli, distribuiti a un’altitudine variabile tra 300 e 1000 metri, portano a maturazione i frutti in periodi diversi, anche a seconda della varietà. Al momento quelle catalogate sono quattro, accomunate dalla polpa bianca, compatta e acidula, con forma di sfera schiacciata. La buccia spessa della varietà Romana permette un’inconsueta lunga conservabilità, sino a giugno. La popolarità della mela rosa sull’Appennino bolognese era legata anche all’utilizzo presso gli stabilimenti delle terme di Porretta. Cotta, come tradizione esige.
    melarosaromana.it
  4. 4
    Patata di Tolè
    Tolè, in territorio di Vergato, si rivela su una sorta di altopiano a 700 metri di altitudine. “Clima favorevole alla coltivazione e alla conservazione della patata, elementi a cui si deve aggiungere la fortunata composizione dei terreni, ricchi di sostanza organica” chiarisce Matteo Carboni, uno dei produttori. “In montagna, si sa, l’irrigazione è praticamente impossibile. Pertanto il prodotto che otteniamo contiene una elevata parte secca, che consente un composito utilizzo in cucina”, continua. La vendita delle patate avviene quasi esclusivamente in forma diretta nelle aziende agricole. Il loro impiego contribuisce a rendere più gustosi i piatti tradizionali, che si possono provare durante la festa annuale di fine settembre: dai budini agli gnocchi, dai tortini alle crocchette.
    unioneappennino.bo.it
  5. 5
    Tartufo di Savigno
    Savigno è una della piccole grandi capitali del tartufo bianco italiano. E tra abbinamenti curiosi e sapori inconfondibili si conclude proprio oggi 17 novembre l’edizione numero 36 del Festival Internazionale del Tartufo Bianco. Tuttavia le occasioni per degustare il prelibato tubero continuano nei ristoranti del borgo e sui banchi delle botteghe storiche per almeno un altro mese. Il giardino urbano avvolge ancora per qualche ora la mostra mercato del tartufo, alla quale partecipano gli espositori locali e nazionali. Ad ogni edizione migliaia di visitatori italiani e stranieri sono stati richiamati dalla qualità dell’offerta e dalla tutela delle tradizioni, garantite grazie alla sinergia tra il mondo commerciale e produttivo, l’associazionismo e le istituzioni. Tante infatti sono le attività messe in campo per valorizzare durante l’anno il tartufo e la natura che circonda Savigno. Come la possibilità di trekking e di ricerca del tartufo presso la tartufaia Le Vigne.
    tartufosavigno.com