Mercoledì 24 Aprile 2024

Andrea Berton "Chi punta sulla qualità non avrà difficoltà a ripartire"

Per lo chef stellato cresciuto alla scuola di Ducasse e di Marchesi la sostanza è quello che conta: essere seri e coerenti, guardare lontano, scoprire cose nuove e acquisire esperienze

Andrea Berton

Andrea Berton

Con quel fisico da pivot di basket e una forma atletica che onora i suoi 50 anni, pare un punto esclamativo. Ovvio, nell’accezione positiva della bella sorpresa. Ed è comprensibile che Andrea Berton sia poi andato ad aprire il suo amato ristorante proprio lì, in mezzo agli altri ed esagerati “punti esclamativi” di Milano, i grattacieli di Porta Nuova, dove dice di trovarsi perfettamente a proprio agio, come se le sue radici non fossero nel più lontano Friuli. Tant’è. Della sua terra natale ha conservato il senso pratico, la precisione, la disciplina, l’etica e la scarsa propensione ai voli pindarici, all’abuso delle parole e alla retorica. Come dire: un gigante della bonne cuisine italica, destino prevedibile per uno chef che, a soli 19 anni aveva avuto la sfrontatezza di gettare il cuore oltre l’ostacolo e la capacità di farsi accettare alla corte di Gualtiero Marchesi, in via Bonvesin della Riva, per diventare, alla fine, uno dei suoi eredi più autentici.  «Grande scuola! Il rispetto per gli ingredienti, l’arte di portare la cucina fuori dalla cucina. Un uomo di sorprendente cultura. E con me, una persona deliziosa. Quando lavoravo all’Albereta, a fine servizio, passavo ore ad ascoltare i suoi racconti. Davvero geniale».  Di questi tempi, uno chef poco mediatico è quasi improponibile. «Rispetto al passato c’è una maggiore attenzione all’alimentazione, quindi sono comprensibili i riflettori sul mondo della ristorazione. Resta la sostanza ed è quella che conta: essere seri e coerenti, avere una visione lungimirante, scoprire cose nuove e acquisire esperienze».  Se serve, visti i tempi che stiamo vivendo, anche ricominciare da zero.  «L’avevo già fatto nel 2012 quando la mia esperienza al Trussardi si era conclusa e avevo scelto di ripartire con un mio locale nel cuore della Milano più contemporanea. Del resto, non so stare fermo e non ci sono riuscito nemmeno durante il lockdown: l’ho affrontato studiando nuovi piatti e ideando iniziative inedite, come la vendita dei restaurant bond, voucher vantaggiosi che i clienti acquistano in un certo periodo e utilizzano nei mesi successivi. Il bilancio? Sono andati benissimo. Ovvio, non è stato un momento facile. Andavamo a mille e ci siamo trovati fermi per mesi. Ma a fine maggio abbiamo riaperto il ristorante adattandolo con pannelli design che aumentano il senso di sicurezza senza togliere nulla alla piacevolezza estetica. E la gente ha dimostrato di gradire. La sera registriamo diversi sold out». Il Covid costringerà tutti a rimettere in discussione le certezze del passato. «Per ripartire, servirà una grande oculatezza nel gestire gli acquisti e le spese vive. Qualcuno non ce la farà? Probabile. Ma chi ha sempre lavorato bene puntando sulla qualità, troverà la maniera di riprendersi. La parola d’ordine? Flessibilità. Anche rivedendo alcuni tabù tipici della nostra mentalità. Uno su tutti: che non si possa pranzare o cenare al di fuori delle ore canoniche come succede nelle grandi metropoli e nel Nord Europa. In questa fase dovremo anche investire sui prodotti di casa nostra per sostenere il Paese in difficoltà. Ma nella consapevolezza che si tratti di una fase transitoria. L’Italia vive di export ed è quindi naturale recuperare la dimensione globale».  Covid o no, in giro c’è una maggiore consapevolezza sul cibo. «La gente ha più cultura gastronomica di un tempo. È preparata, cerca esperienze ed è più esigente: non si accontenta di essere sfamata, vuole mangiare bene e la differenza non è sottile». E nella sua cucina? «Intanto rinuncerò definitivamente a puntare sull’abituale schema ‘antipasto, primo e secondo’ per proporre una sequenza di portate che abbia una precisa logica. E in questo senso, il menù degustazione è perfetto. Mi sto orientando sempre di più su una cucina vegetale. E la ripresa verrà marcata anche da piatti nuovi, dal forte significato simbolico». Ma il “brodo” continuerà a restare la vera metafora della maison. «Aprendo il mio ristorante a Porta Nuova cercavo qualcosa di innovativo e accattivante. Alla fine l’idea è arrivata: abbinare ogni piatto ad un brodo. Un esempio? Il merluzzo cotto a vapore e sfogliato con il brodo di prosciutto crudo. Lo posso proporre anche lontano da qui e c’è sempre qualcuno che esclama “questo è un piatto di Berton”».  Mano decisa, attenzione quasi ossessiva alle consistenze. E un risotto iconico e distintivo. «È la prima cosa che ho cucinato quando ho iniziato a lavorare da Marchesi. E ne ho fatto il mio piatto più rappresentativo: un risotto all’onda e morbido, con gli ingredienti messi alla fine. Brodo o acqua? Nessun dubbio: il brodo».  Dicono che Andrea Berton, in cucina, sia molto severo.  «È la lezione che ho appreso lavorando per anni con Alain Ducasse: regole, organizzazione, responsabilità di ciascuno all’interno della brigata. Insomma, tutto quello che ha fatto della Francia l’Università della gastronomia. Chi lavora nei miei ristoranti lo sa».  Lei ha una stella Michelin a Milano e un’altra sul lago di Como. Avranno ancora senso i giudizi della “rouge”?  «È una guida globale seguitissima e fa piacere esserci. Si tratta di un riconoscimento importante del lavoro che fai. Stressante? Per nulla: faccio il mio lavoro, se in futuro mi daranno un’ulteriore stella sarò felice, altrimenti continuerò per la mia strada».  E lei gioca comunque in casa: tra le mura domestiche ha una complice speciale.  «Vero. Vuole assaggiare tutto e condivide la mia passione per le materie prime e i nuovi ristoranti. Viene da Ferrara e ha quindi una ricca cultura enogastronomica. Non avrei mai potuto frequentare una donna priva di interesse per il cibo. Si chiama Sandra. È la donna che ho sposato».  Pare di capire che i luoghi comuni la infastidiscano. Come la mettiamo con le formule abusate, tipo “alta cucina”?  «È una definizione priva di senso. Ce n’è un’altra che non sopporto: cucina d’autore. In realtà, la cucina può essere solo buona o scadente. Il resto? Parole al vento».

«NON HA ALCUN SENSO PARLARE DI ALTA CUCINA LA DISTINZIONE è SOLO TRA BUONA E SCADENTE»

Il ristorante  A Porta Nuova  brilla una stella Per anni a fianco di Gualtiero Marchesi, Andrea Berton lavora al “Trussardi” di Milano e riesce ad ottenere la prima e la seconda stella rispettivamente nel 2008 e nel 2009. Nel 2013 apre un proprio ristorante nel cuore dell’avveniristico quartiere di Porta Nuova, proponendo una cucina moderna e raffinata subito premiata con la stella dalla Michelin (2014). Nel 2015 viene nominato “Ambasciatore Expo”. Nel 2016 inizia la sua collaborazione con il lussuoso resort “Il Sereno” a Torno, sul lago di Como, apre il ristorante “Berton al lago” e in breve tempo ottiene anche qui l’étoile dalla “Rossa”. Nel 2013, con un gruppo di soci, Berton crea il fortunato format Dry Milano Cocktail&Pizza e dopo un primo locale in via Solferino, nel 2017 arriva il secondo locale trendy in viale Vittorio Veneto.

Ristorante Berton via Mike Bongiorno, 13 Milano Tel. +39 0267075801 ristoranteberton.com  Berton al lago Hotel Il Sereno Torno (Como) Tel. +39 0315477800 serenohotels.com

IO E DUCASSE «In cucina dicono sia severo? È la lezione che ho appreso lavorando per anni con Alain Ducasse: regole, organizzazione, responsabilità di ciascuno all’interno della brigata»

IO E MARCHESI «Dal geniale Gualtiero Marchesi ho appreso il rispetto degli ingredienti e l’arte di portare la cucina fuori dalla cucina. Un uomo di cultura, passavo ore ad ascoltarlo»

BASTA TABù «La parola d’ordine? Maggiore flessibilità anche rivedendo alcuni tabù. Uno su tutti: che non si possa pranzare o cenare al di fuori delle ore considerate canoniche»

SEQUENZA IDEALE «Rinuncerò all’abituale schema ‘antipasto, primo e secondo’ per proporre una sequenza di portate. Mi sto orientando sempre più su una cucina vegetale»

IL MIO RISOTTO «Un morbido risotto all’onda con gli ingredienti aggiunti alla fine è la prima cosa cucinata quando ho iniziato a lavorare da Marchesi e ne ho fatto il mio piatto più rappresentativo»

 

I NUMERI

50 gli anni di Berton, nato in Friuli. Della sua terra natale conserva il senso pratico, la precisione, la disciplina, la scarsa propensione all’abuso delle parole

8 marzo l’inizio del lockdown che Berton ha affrontato studiando nuovi piatti e ideando iniziative inedite come i restaurant bond