Nel Casentino tra foreste e manieri l'esule trovò calore e poesia

Nel 1302 il ghibellino fuggiasco cercò ospitalità. Compose i capolavori in castelli e antiche dimore. Le sue tracce da San Godenzo a Pratovecchio

Nel Casentino tra foreste e manieri

Nel Casentino tra foreste e manieri

di Stefano Marchetti

Libertà andava cercando, ma anche accoglienza, e soprattutto poesia. Nel suo peregrinare dopo l’esilio del gennaio 1302, Dante attraversò terre feudali e signorie, trovò ospitalità in castelli e in austere dimore, tenne dissertazioni e creò i suoi capolavori, dal Convivio alla Divina Commedia, tremenda e immortale. Il Casentino e il Mugello furono fra le prime terre che videro il "ghibellin fuggiasco". L’8 giugno 1302, presso San Godenzo, proprio al confine del Mugello, lungo la strada che dalla Toscana si inoltra poi nella Romagna, Dante partecipò al convegno dei fuoriusciti Bianchi e Ghibellini che cercavano nuove alleanze. L’antica abbazia romanica di San Gaudenzio fu costruita nel 1028. Dante è stato qui, e vi è ben ‘presente’ anche oggi: nel mosaico dell’abside con l’Incoronazione della Vergine, realizzato da Giuseppe Cassioli durante i restauri successivi al terremoto del 1919, il poeta è effigiato in una schiera di santi adoranti.

Siamo ai piedi del monte Falterone da cui nasce quel "fiumicel", l’Arno, che poi "per mezza Toscana si spazia", scendendo verso Firenze. Ma in questi territori è anche la sorgente del torrente Acquacheta, affluente del Montone, che scavalca l’Appennino e a San Benedetto in Alpe (Forlì-Cesena) dà vita alla spettacolare cascata che Dante ha immortalato nel XIV canto dell’Inferno, paragonandola al ‘salto’ assordante delle acque del Flegetonte. Sono mete ideali per escursioni affascinanti che si inoltrano nelle Foreste Casentinesi, oggi patrimonio dell’Unesco. E chissà, forse proprio questi boschi hanno ispirato l’immagine della "selva oscura", iconico incipit della "Commedia".

Le terre dei conti Guidi, potente famiglia di feudatari, furono ospitali con Dante. Ne troviamo le tracce a Romena (nella foto), nel Comune di Pratovecchio (Arezzo), con il suo castello dove il poeta trovò rifugio, la suggestiva pieve romanica di San Pietro e il sentiero che conduce alla Fonte Branda, citata anche nel XXX canto dell’Inferno, la bolgia dei falsari in cui Dante cacciò anche Mastro Adamo che falsificò la lega del fiorino d’oro e venne arso vivo a Firenze. Sulla piazza d’Armi del castello, Gabriele D’Annunzio piantò la tenda nel 1902 per comporre i versi dell’Alcyone. Pochi chilometri di strada e si raggiunge il borgo di Poppi su cui svetta il castello, perfettamente conservato, con la sua torre: venne progettato – si dice – anche da Arnolfo di Cambio, il ‘padre’ di Palazzo Vecchio a Firenze. Il conte Guido da Battifolle della casata dei Guidi (effigiato anche in una cariatide sull’ultima rampa di scale) più volte aprì le porte del maniero a Dante. "Certamente l’Alighieri era qui quando, nella primavera del 1311, inviò varie epistole in occasione della discesa dell’imperatore Enrico VII", ricorda Giulio Ferroni, storico della letteratura, nel suo viaggio attraverso L’Italia di Dante: tre lettere furono scritte da Dante a nome di Gherardesca, moglie del conte Guido e figlia del ‘famoso’ conte Ugolino, che il poeta punì fra i traditori della patria nel gelo delle acque del Cocito, al XXXIII canto dell’Inferno. Secondo la tradizione, quel canto nacque proprio in queste stanze. E a breve distanza, ecco un altro castello, quello di Porciano. La torre, alta 35 metri, è testimonianza della sua storia nobile e sontuosa, di cui anche Dante fece parte: da qui, fra il 1310 e il 1311, scrisse anche la famosa lettera Ai Principi e Popoli d’Italia. Memorie dantesche che nel Casentino si estendono a luoghi ricchi di spiritualità come l’Eremo di Camaldoli o del Santuario della Verna, il "crudo sasso intra Tevero e Arno", dove San Francesco "da Cristo prese l’ultimo sigillo", le stimmate. E che ancora oggi ci danno testimonianza di un mondo antico ancora sospeso fra terra e cielo.