"Francesca lussuriosa? No, paladina della libertà"

Ferruccio Farina e il centro studi internazionale dalle tracce storiche al mito risorgimentale smontando i luoghi comuni sull’infedeltà

Un'illustrazione di Franz Stassen di Paolo e Francesca per la Divina Commedia

Un'illustrazione di Franz Stassen di Paolo e Francesca per la Divina Commedia

Ferruccio Farina ha fondato nel 2005 il Centro internazionale di studi Francesca da Rimini, organizza giornate internazionali sul personaggio, e ora sta coordinando 21 eventi culturali tra Romagna e Marche. Due anni fa ha anche scritto un libro sul mito di Francesca.

Possiamo dire che lei è uno dei massimi esperti mondiali sull’argomento?

"Non uno dei… diciamo pure il massimo esperto mondiale (ride)".

Cosa c’è di vero in questa storia?

"Partiamo dalla considerazione che nella quotidianità del 1200, le storie di intrighi a corte, tradimenti e donne fedifraghe, erano la quotidianità. Il fatto che Dante riporti questa vicenda nel V Canto dell’Inferno ci fa pensare, con buone probabilità, che sia veramente successo, anche se non ci sono fonti storiche che lo provino".

E quindi, qual è la sua idea?

"Che Dante è venuto a conoscenza del fatto e l’ha reso poesia, arricchendolo di un fascino misterioso che ancora oggi riusciamo a sentire".

Poi è arrivato Boccaccio.

"Il racconto di Boccaccio è una novella, e come tale è pura invenzione: i particolari, l’inganno patrimoniale, Francesca che si risveglia nel letto con Gianciotto invece che con il bel Paolo e tutto quello che ne consegue è pura invenzione. La sua attendibilità è inferiore a quella di Dante, che resta criptico. Ma da Boccaccio in poi parte il mito".

Prima del mito ancora qualcosa sulla verità di Francesca. Cosa sappiamo?

"Che è veramente esistita, su questo non ci sono dubbi. Viene citata nel testamento di Malatesta da Verucchio e quindi è esistita. Era figlia di Guido da Polenta, aveva una figlia di nome Concordia, aveva sposato Giovanni detto lo Zoppo, quindi Gianciotto, primogenito di Malatesta".

E dove può essere avvenuto il fattaccio?

"Lei viveva nei palazzi malatestiani che sorgevano dove più tardi è stato edificato Castel Sismondo e altri palazzi nobiliari in centro, tra il teatro Galli e porta Montanara. Io seguo lo storico Luigi Tonini, che dice che se il fatto è successo, è successo a Rimini".

E il Castello di Gradara?

"Francesca non può non avere vissuto nei castelli malatestiani della Valmarecchia, da Pennabilli a Verucchio, a Santarcangelo e Montescudo. Fino a Meldola, Pesaro e Gradara, che si è inventata di essere la patria del bacio a metà del Novecento, e attira ogni anno mezzo milione di turisti. Ma prove non ce ne sono".

Perché Dante si appassiona alla vicenda di Francesca?

"Perché non è una peccatrice qualsiasi. È un elemento di contraddizione tra le leggi dell’uomo e quelle del cielo, per questo lui, mosso da pietas, si emoziona fino allo svenimento".

E il significato del libro?

"È l’elemento potente che scatena la passione, la forza della parola. Far riferimento alla vicenda di Lancillotto e Ginevra da parte di Dante vuol dire agganciarsi alla letteratura cortese, accreditarsi come continuatore e storyteller di quella tradizione. E lui era anche un grande uomo di marketing, senza dubbio".

Ma lei ama di più il mito di Francesca...

"La ‘mia’ Francesca non è la lussuriosa all’Inferno. È il personaggio letterario che nasce con l’Illuminismo e il Romanticismo ed esplode tra Ottocento e Novecento, invade la cultura occidentale, ispirando i combattenti per la libertà d’ogni Paese, per trasformarsi, poi, in icona pop. Basti ricordare che dal 1795, dal primo poema che porta il suo nome composto da un giacobino, gli autori di opere d’arte a lei dedicate sono oltre 2000. È il mito di questa Francesca “libertaria”, donna combattente, fedele oltre la morte al primo amore che le avevano fatto credere suo sposo, che mi attrae".