Inchiesta

Costa Concordia, le conseguenze ambientali del naufragio: i fondali del Giglio

 “Sì, abbiamo rischiato un disastro irreparabile”

di Luca Mantiglioni | 11 gen 2022

Il presidente del Parco dell’Arcipelago Giampiero Sammuri: “Il carburante sversato avrebbe devastato l’ecosistema per sempre. La competenza dei tecnici impegnati nel recupero del relitto ci ha riscattato a livello internazionale”

“Agli occhi del mondo, come italiani, avevamo fatto una figuraccia. Le operazioni di recupero della nave e il suo trasferimento in sicurezza fino al porto di Genova ci hanno riscattato a livello internazionale. Ma quanta preoccupazione…”.

 

Giampiero Sammuri il 13 gennaio 2012 non era ancora il presidente del Parco dell’Arcipelago toscano. Lo diventò pochi mesi dopo, a luglio, ma quando la nave da crociera andò a sbattere sul dente dello scoglio alle Scole, davanti all’Isola del Giglio, lui era ancora il presidente del Parco della Maremma, un angolo di paradiso di circa 100 chilometri quadrati che abbracciano il tratto costiero che va dal promontorio di Talamone, nel comune di Orbetello, alla foce del fiume Ombrone, nel comune di Grosseto. L’enorme transatlantico salpato da Civitavecchia ci era passato di fronte non troppo tempo prima, da quelle coste, ma lì non c’erano “inchini” da fare, perché comunque a quell’ora di sera sulla spiaggia puoi trovare solo animali. Cinghiali, soprattutto. Interessati più alla ricerca del cibo piuttosto che allo scintillìo di luci in navigazione.

Presidente, torniamo a quella sera. Tredici gennaio 2012…
“Ero a casa, stavo guardando la televisione, la notizia l’ho appresa da un telegiornale. Ma la prima notizia mi lasciò perplesso”.

 

In che senso?
“Si parlava di una nave da crociera incagliata in una secca davanti all’isola del Giglio e io mi chiedevo dove fosse una secca simile, perché quei fondali li conosco bene avendoli frequentati anche come sub per alcuni anni. Poi, invece, ora dopo ora purtroppo venne fuori la drammaticità dell’evento”.

 

Che lei visse come?
“Tre giorni dopo il naufragio andai sull’isola. Come dipendente dell’Amministrazione provinciale di Grosseto ero il dirigente del Servizio ambiente e fui quindi nominato Soggetto attuatore delle operazioni di smaltimento dei rifiuti recuperati sulla nave”.

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Ci volle molto per queste operazioni?
“Circa un mese per quelli galleggianti, almeno sette-otto per il recupero degli altri, quelli interni allo scafo. Tutto quello che veniva recuperato era poi trasferito in un capannone a Talamone e lì era organizzata la differenzazione dei rifiuti. C’era anche il controllo del personale della Procura di Grosseto, perché potevano esserci oggetti, ad esempio borse contenenti documenti, che potevano essere di interesse per l’inchiesta”.

 

In pratica lei questa tragedia l’ha vissuta in una doppia veste. Come dirigente della Provincia e come esperto ambientale.
“E’ chiaro che il primo pensiero è stato tutto e solo per le persone coinvolte, un bilancio drammatico, pesantissimo, sconvolgente. Poi abbiamo dovuto preoccuparci anche dell’aspetto ambientale”.

 

Il primo pensiero?
“E’ stato per il carburante, di sicuro. La nave era salpata da poche ore e aveva i serbatoi pieni di carburante che se fosse sversato avrebbe causato danni in quel momento ancora inimmaginabili. L’inquinamento avrebbe devastato l’ecosistema marino, con la parte occidentale dell’isola che avrebbe pagato il prezzo più alto del disastro che, ancora oggi, non saprei quantificare. Ma sarebbe stato drammatico”.

 

Invece?
“Invece la ditta che che fu incaricata delle operazioni di recupero del carburante a mio parere ha fatto un capolavoro, un intervento che possiamo definire fenomenale e che ha scongiurato ogni rischio”.

 

Ma il lavoro era appena iniziato, in realtà.
“Sì, eravano ancora lontani dal giorno della rimozione della nave. Molto lontani”.

 

E lei però ha seguito passo dopo passo ogni sviluppo.
“Intanto, anche a distanza di giorni, c’erano comunque rifiuti che continuavano ad affiorare e che dovevano essere recuperati e smaltiti correttamente, poi ho partecipato alle varie Conferenze dei servizi durante le quali venivano decisi i vari passaggi”.

 

Dove ogni decisione pesava come un macigno, immagino
“Altro che… E spesso c’era da fare i conti con un clima generale di scetticismo”.

 

Addirittura?
“Intendo dire che tutti quanti avevano ben chiaro il fatto che queste operazioni fossero altamente complesse, teniamo presente che alcune tcniche non erano mai state usate prima di allora, per cui c’era che aveva molti dubbi sul loro buon esito”.

 

Ma ci sono stati momenti veramente critici?
“Grande apprensione in due particolari momenti: quello del ‘raddrizzamento’ dello scafo e quello del suo viaggio verso Genova. Qualcuno sosteneva che il tragitto fosse troppo lungo e quindi rischioso, suggerendo di trasferire la Concordia in un porto più vicino. Invece ogni decisione si è rivelata giusta e, soprattutto, basata su una grande professionalità e preparazione. Per questo dico che l’Italia si è poi riscattata di fronte all’opinione pubblica mondiale”.

 

Diciamo la verità, allora: un’operazione così complessa e complicata non può riuscire se al comando non ci sono persone di alto profilo.
“Esatto, e noi abbiamo avuto una gran fortuna”.

 

Ovvero?
“La nostra fortuna si chiama Franco Gabrielli. La sua direzione è stata impeccabile, perché ha saputo mettere sul tavolo una grande competenza e una rapidità di decisione fondamentale. Tempi rapidi di decisione, ma sempre dopo un confronto approfondito con tutte le parti. Io penso che solo uno come Gabrielli ha potuto far portare a termine tutte le operazioni in quel tempo lì, non so quanto ne sarebbe servito con un altro al comando al posto suo”.

 

Ascoltava tutti?
“Sì, tutti. Ma poi sintetizzava e decideva lui. Mi ricordo che quando cominciammo a parlare della rimozione della nave per il suo trasferimento qualcuno sollevò ancora i rischi del pericolo inquinamento. Gabrielli mi chiese, benché io non avessi competenze specifiche in materia né incarichi per quelle operazioni, cosa ne pensassi. Feci una relazione e gliela presentai, sostendo in pratica che un impatto ambientale ci sarebbe sicuramente stato ma che le conseguenze sarebbero state sicuramente maggiori con la nave da rimuovere in tempi più lunghi”.

 

Presidente, ma questo disastro ha insegnato qualcosa a qualcuno oppure no?
“Direi di sì. Intanto, a distanza di pochi mesi da questo naufragio fu emesso il decreto che oggi vieta il passaggio ravvicinato alle zone protette delle navi da crociera. Lambire certi ambienti è ingiustificabile e anche molto rischioso, come la tragedia della Concordia ha purtroppo dimostrato. Vedere, come accadeva, navi che sfiorano Venezia mi faceva venire i brividi. Dobbiamo consentire solo rotte di navigazione sicure e attracchi in porti adeguatamente attrezzati”

“I fondali del Giglio tornerano quelli di una volta”

di Michela Berti | 11 gen 2022

Il professor Ardizzone del Comitato scientifico: “Vi spiego come sono state trapiantate nuove praterie di posidonie e incrementato il ripopolameno ittico”. I dettagli del progetto

E’ stata una grande sfida quella della rimozione del relitto della Concordia e del ripristino delle condizioni ambientali all’Isola del Giglio. E’ l’impegno che si era preso il colosso mondiale nel settore crociere dopo la tragedia. Un impegno che non si è fermato – sottolinea la compagnia genovese – quando il relitto è stato portato via dall’isola, ma che è continuato anche successivamente, con la pulizia e il ripristino dei fondali impattati dal naufragio.

 

Le attività sono state indicate dal Ministero dell’Ambiente attraverso le prescrizioni che la Conferenza di Servizi, appositamente convocata, ha stabilito subito dopo il naufragio.

 

Per monitorare il corretto svolgimento dei lavori è stato nominato un Osservatorio, presieduto dalla dottoressa Maria Sargentini, con all’interno rappresentanti di organismi scientifici, come Ispra e Arpat Toscana, Ministero dell’Ambiente, Provincia di Grosseto ed enti locali, con particolare riferimento al Comune dell’Isola del Giglio.

Il lavoro tecnico e scientifico è stato condotto da ricercatori e specialisti di ecologia marina, di cui il professor Giandomenico Ardizzone è il responsabile scientifico, che hanno operato all’interno dell’Università di Roma “La Sapienza”, del Consorzio di Biologia Marina di Livorno (CIBM) e dell’Università degli Studi di Genova.

 

La parte di rimozione dei materiali utilizzati durante il progetto di recupero del relitto è stata effettuata da Micoperi.

 

“Il progetto di ripristino dei fondali impattati dal naufragio – ha detto Ardizzone – rappresenta un tipo di intervento totalmente nuovo e privo di esperienze scientifiche similari. Si è scelta la strada di procedere gradualmente per prove sperimentali su piccola scala e, una volta raggiunti i risultati prefissati, si è passati a interventi su ampia scala. Questo è il motivo per cui questo lavoro è stato pianificato su un arco temporale di cinque anni. I trapianti di posidonia e gorgonie fino a oggi attuati al Giglio hanno avuto un successo superiore alle attese”.

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Ecco allora, nel dettaglio, le tre fasi che hanno segnato questa delicata operazione: censimento, analisi e monitoraggio durante i lavori di rimozione, ripristino dell’ecosistema marino. Ecco tutti i delicati passaggi che ci vengono descritti dalla Compagnia di navigazione.

 

Il censimento si è svolto da giugno ad agosto 2012 per acquisire informazioni sull’area in cui si trovava il relitto. Le indagini conoscitive hanno interessato l’ambiente marino in tutte le sue componenti: dalla dinamica delle acque alle praterie di posidonia e ai popolamenti ittici.

 

Sono stati tenuti sotto controllo gli effetti ambientali di tutte le attività di cantiere, garantendo l’attivazione, qualora necessario, delle misure di intervento previste. Il ripristino dei fondali ha permesso di riportarli alle condizioni presenti precedentemente al naufragio. Una sfida che ha coinvolto competenze tecniche e scientifiche.

 

Dopo la partenza del relitto a luglio 2014 sono state avviate le operazioni per la pulizia dei fondali marini e il recupero di tutti i materiali e le strutture utilizzati durante il progetto di rimozione del relitto, come le piattaforme e i sacchi che costituivano il “falso fondale” su cui poggiava la nave dopo il suo raddrizzamento. Queste operazioni si sono concluse con successo nel 2018.

 

Parallelamente è stato avviato il progetto di ripristino della fauna marina, una delicata operazione durata cinque anni. Sono stati trapiantati organismi come la posidonia e vari coralli. Questi i numeri: in tre anni, dal 2018 al 2021, sono stati trapiantati 1500 m2 di posidonia e un totale di 353 gorgonie. Il graduale ripristino degli habitat ha portato a una nuova colonizzazione di pesci, che hanno tra l’altro beneficiato dell’interdizione alle attività di pesca per tutta la durata del progetto.

Alla cerimonia ci sarà anche Gabrielli

11 gen 2022

Giovedì 13 dicembre sull’isola del Giglio anche l’ex capo del dipartimento della protezione civile.

Oggi l’Isola del Giglio ieri  ha celebrato una pagina dolorosa della sua storia, la giornata per ricordare le trentadue vittime innocenti che morirono a seguito del più grande naufragio della marineria italiana di fronte a Punta Gabbianara dopo che la Concordia si inclinò su un lato a causa dell’impatto con lo scoglio delle Scole.

Dopo la deposizione dei fiori sul luogo dove morirono le trentadue persone, tra passeggeri e membri dell’equipaggio, e la classica messa di suffragio, alle 21,45’ e 7’’ ci sarà nel porto l’ormai classica “tufata”. Nel momento esatto dell’impatto della nave con lo scoglio, infatti, tutte le barche ormeggiate al porto suoneranno la sirena per ricordare quel terribile momento. Quest’anno sono attese anche diverse personalità per il decimo anniversario. Ci sarà Franco Gabrielli, capo della Protezione civile al momento dell’incidente e Commissario straordinario per l’operazione di rimozione della nave. Oggi è l’autorità delegata per la sicurezza della Repubblica. Insieme a lui ci srà anche Ennio Aquilino, al momento del disastro Comandante provinciale dei vigili del fuoco, e oggi nuovo direttore generale dei vigili del fuoco della Sicilia.

 

Ci sarà anche don Lorenzo Pasquotti, il parroco di Giglio Porto che quella sera aprì le porte della chiesa di San Lorenzo e Mamiliano ai naufraghi offrendo un pasto caldo, una coperta per ripararsi dal freddo e alcuni posti letto che furono dati ai più anziani, impauriti e infreddoliti. Non si esclude anche l’arrivo di naufraghi e dei parenti delle vittime che non vorranno mancare ad un appuntamento così importante. Non dovrebbe mancare all’appuntamento Kevin Rebello, il fratello del cameriere Russel Rebello, uno degli eroi di quella sera. Fu infatti uno di quelli che aiutò molti naufraghi ad abbandonare la nave trovando la morte quando la Concordia si ribaltò. Il fratello Kevin ha vissuto una vera e propria odissea per riabbracciare quello che restava del povero fratello. Il suo corpo fu ritrovato nel febbraio del 2015, a distanza di tre anni dal naufragio davanti all’Isola del Giglio. Anche lui dunque ha dato la disponibilità di massima ad essere presente visto che non è la prima volta che va sull’Isola anche per pregare al largo di Punta Gabbianara, il luogo dove la Concordia affondò e dove morirono tutte le persone di quell’immane tragedia.

“La Concordia, l’Italia e i gigliesi
Sì, fu anche una storia di riscatto”

di Alessandro Farruggia | 11 gen 2022

Fabrizio Curcio, oggi capo della Protezione Civile, la notte della tragedia era responsabile delle emergenze

«La risposta della popolazione gigliese è stata eroica. Ha mostrato tutta la generosità e la bontà del popolo italiano. I gigliesi sono stati straordinari, hanno aperto le loro case, le loro attività economiche e si sono messi a disposizione, con semplicità. Un vero esempio per tutti. Ma la tragica vicenda della Costa Concordia, con i suoi lutti che ancora piangiamo, è anche una storia di riscatto di un’Italia capace di rispondere a una emergenza complessa e di fare una cosa unica al mondo come recuperare la nave così grande senza creare un disastro ambientale».

 

Fabrizio Curcio, oggi capo del Dipartimento della Protezione Civile, era in prima linea quel 13 gennaio del 2012 quando il gigante si schiantò contro la costa dell’isola del Giglio: era responsabile delle emergenze.

Ingegner Curcio, fu subito chiara la portata dell’incidente?
«Non subito. La prima notizia era che c’era una nave da crociera e non rispondeva. Decisi subito di andare in sala operativa. Si capì presto che la nave non aveva più controllo, che era finita sugli scogli nei pressi di Giglio Porto. Poi arrivarono le prime immagini dei passeggeri sulle banchine del porto. E capimmo. A livello territoriale la risposta è stata pronta. Il primo soccorso previde l’intervento di Capitaneria di porto e vigili del fuoco e di tutte le forze di soccorso che erano in zona, noi prendemmo la gestione con la dichiarazione di stato di emergenza, alcuni giorni dopo».

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Quali sono gli insegnamenti di questa vicenda?
«Sono molteplici. Quello del 2012 era un momento particolare per il sistema della Protezione Civile, di grande trasformazione. Il primo insegnamento è che di fronte ad una emergenza complessa sia necessario affrontare un approccio partecipato tra i diversi attori. I problemi si affrontano e si risolvono se ognuno fa la propria parte. La seconda è l’importanza di un rapporto strettissimo con la comunità scientifica, senza la quale una soluzione come quella trovata per gestire il relitto e per rimuovere la nave non sarebbe stata possibile. E un altro elemento che è emerso, è l’importanza di un rapporto sano e costruttivo con i privati: l’armatore, le società scelte dall’armatore e poi le assicurazioni che hanno fatto le gare. E infine è emersa l’importanza di un rapporto che sia sempre trasparente e condiviso con la cittadinanza».

 

Il relitto della Costa Concordia, si poteva rimuovere prima, come avrebbero voluto i gigliesi?
«Penso proprio di no. Per rimuovere quella nave è stato necessario realizzare un processo ad hoc, valutando sia l’eventualità di smontarla in loco, che di sollevarla e poi trasportarla in sicurezza sino a dove sarebbe stata smantellata. Ci furono polemiche, dibattiti, ma infine si è deciso e la soluzione trovata è stata quella giusta e ha ridotto al minimo gli impatti. Ma è stato necessario progettare su misura e questo ha richiesto tempo. Non potevamo rischiare un disastro ambientale. E il disastro non c’è stato».

 

C’è stato anche, come ad ogni grande emergenza, un problema di «legislazione farraginosa e di procedure barocche», come ha detto l’allora capo della Protezione Civile Franco Gabrielli. Quel problema esiste ancora?
«Il tema è delicatissimo. La situazione di oggi non è più quella del 2012, quattro anni fa è stato emanato un codice di Protezione Civile che mette un pò di chiarezza in questioni che all’epoca non lo erano. Questo è un fatto. Ma probabilmento non basta. Io credo che ci sia necessità di partire da quel decreto legislativo del 2018 per fare degli ulteriori miglioramenti. Dobbiamo contemperare la necessità di essere pronti, flessibili e assolutamente trasparenti. Ma come modificare il codice della Protezione Civile è di competenza dell’autorità politica, noi possiamo dare solo suggerimenti».

 

Che figura fece l’Italia a Giglio Porto?
«Sarebbe facile piangerci addosso, flagellarci. Ma occorre distinguere. Le responsabilità penali sono personali e vengono giustamente perseguite. E io credo che ci sarà giustizia. Ma bisogna anche dire che l’Italia ha risposto con coraggio, competenza e intelligenza a quella tragedia e ha saputo trovare una soluzione. Di fare una cosa unica al mondo. E non era scontato».