Mercoledì 24 Aprile 2024

"Siamo capitale del bello, modello Dubai da esportare"

PER L’INTERA Città Metropolitana è stata davvero una vetrina mondiale. Solo Firenze – oltre a Venezia – ha avuto l’opportunità di raccontare dal palcoscenico del Padiglione Italia di Expo 2020, cosa sia capace di esprimere il suo territorio, fra cultura, tradizione e capacità innovativa. Insomma, con la trasferta a Dubai dell’ottobre scorso, Firenze ha spiegato cosa significhi essere una "capitale del bello e del ben fatto". Ma cosa è restato di quell’avventura?

Sindaco Dario Nardella, lei è stato il portabandiera di quella missione. Che bilancio può fare?

"Ottimo. Direi che siamo pronti ad esportare il ‘modello Dubai’ nel mondo. Lo schema proposto è risultato vincente ed è replicabile altrove, auspicabilmente subito dopo l’attenuarsi della crisi pandemica".

A quali mercati pensa?

"Potremmo programmare altre missioni di sistema puntando su Stati Uniti, Cina, ma anche Nord Europa. Lo proporrò sicuramente agli stakeholder della città. A Dubai abbiamo centrato l’obiettivo più importante: l’aver fatto squadra con tutti i protagonisti della Firenze che produce, che crea, che fa cultura".

Su cosa avete puntato?

"A Dubai abbiamo mostrato il bello della nostra città, della nostra formazione e delle nostre imprese. Abbiamo mostrato i progetti più innovativi che stanno rivoluzionando il tessuto urbano fiorentino e dell’area metropolitana e i nostri settori più strategici che hanno l’export il loro punto di forza".

L’export, appunto. Per molte aziende fiorentine è ciò che ha fatto la differenza per la ripartenza.

"Esatto. E gli Emirati sono infatti un territorio dove fare export, non solo per le grandi aziende, ma anche per i piccoli imprenditori, se hanno qualità e capacità di innovare; ma occorre inserirli in una cornice strategica di sistema. Firenze ha una realtà imprenditoriale molto ricca. Dopo Milano è la seconda città metropolitana con la maggiore diversità d’imprese".

Quali sono i settori di riferimento?

"Andiamo dalle grandi multinazionali della farmaceutica alla moda, fino alle piccole realtà artigianali che operano nelle nuove tecnologia, non solo in quelli tradizionali. Pertanto per noi l’internazionalizzazione è una condizione di vita e un requisito di competitività".

La pandemia ha comunque lasciato una ferita profonda.

"Sì, per due anni anni siamo stati costretti non dico a stare fermi ma a frenare qualunque iniziativa internazionale. Expo è stata invece una vetrina straordinaria di un mondo che prova a ripartire dove Firenze ha avuto una visibilità straordinaria, sia a livello culturale che economico".

E la copia del David che ruolo ha avuto?

"Beh, non possiamo certo dimenticare che uno dei simboli del Padiglione Italia dell’Expo, insieme alla spettacolare copertura, con i tre scafi che formano un Tricolore, è la riproduzione del nostro David di Michelangelo, simbolo fortissimo di un’Italia dove la cultura, la bellezza e la genialità sono i perni principali e i motori della ripartenza dopo la pandemia".

Come è stato accolto?

"Bene e per più motivi: il settore incarnato nel progetto del David nel Padiglione Italia, cioè innovazione e restauro insieme, è quello che dai miei incontri istituzionali ho percepito come particolarmente apprezzato nel mondo: conservazione del patrimonio storico e artistico insieme all’innovazione tecnologica, legata a quel patrimonio culturale".

Cosa può nascere da quell’evento?

"Possono aprirsi molti orizzonti. Proprio sulla cultura ho incontrato Sua Altezza Sheikha Latifa bint Mohammed bin Rashid Al Maktoum, presidente della Dubai Culture and Arts Authority (Dubai Culture), ponendo le basi per una futura collaborazione culturale strategica tra Dubai e Firenze con l’obiettivo di celebrare e potenziare i settori culturali e creativi di entrambe le città".

Firenze ha avuto una giornata nel Padiglione Italia tutto per sè.

"Ed è stata fra le pochissime città ad avere questo privilegio e questo onore. Credo che l’occasione sia stata sfruttata al meglio, presentando una realtà compatta come una squadra, capace di fare conoscere tutte le sue potenzialità, mostrandosi come capitale del ‘bello’ ma anche del ‘ben fatto’, unione perfetta di cultura, del saper progettare e produrre, come ben spiegava il titolo della giornata dedicata alla nostra città".

E adesso, come si prosegue?

"Adesso non vediamo l’ora di poter andare ad esportare il nostro know how altrove. Questo tipo di missioni sono fondamentali per presentare non solo le imprese del nostro territorio, ma anche per rafforzare le relazioni tra le istituzioni italiane e quelle estere. Nell’era globale digitale e dello smart working, le relazioni personali e umane nel campo dell’impresa sono importanti e credo molto nelle iniziative internazionali di promozione del nostro sistema economico".