Giovedì 18 Aprile 2024

I ROTORI COME VELE E IL VENTO GONFIA IL RISPARMIO IN MARE

I Vichinghi solcarono i mari di tutta Europa per guerre, commercio ed esplorazioni a bordo dei loro mitici natanti a vela quadra. E prima di essi anche le galee romane erano dotate di alberi e vele (oltre che di rematori) e per tremila anni percorsero il Mediterraneo prima di venire soppiantante, nel XVII secolo, dai velieri, che come indica il loro stesso nome agivano grazie a tre alberi più il bompresso, armate con vele quadre. Anche oggi la forza del vento è fondamentale per la navigazione. Sono infatti allo studio nuove vele tecnologiche in fibra di carbonio arricchite di resine speciali in grado di far avanzare anche transatlantici da ventimila container e pure navi da crociera. La tecnologia Wind Wing ha permesso a un mercantile da 210mila tonnellate di prendere spinta da una vela di 164 piedi con un risparmio accertato tra un milione e mezzo e due milioni e mezzo di euro in carburante. Ma non solo i flussi favorevoli a gonfiare le vele possono dare una grossa mano all’ambiente consentendo il raggiungimento dell’obiettivo obbligato di abbattere del 50% le emissioni nocive, ma anche la capacità di trasformare la forza eolica in energia capace di accendere e far funzionare i motori. Dopo la produzione di alcuni prototipi, si sta entrando nell’era della serialità industriale, in un processo evolutivo che mosse i primi passi addirittura un secolo fa quando sui mercantili iniziò il montaggio di rotori cilindrici in grado di aspirare l’aria e trasformarla in energia.

In realtà il brevetto ottenuto nel 1924 dal tedesco Anton Flettner non ebbe grande fortuna: troppo costoso rispetto al gasolio che tuttora primeggia nella sala macchine delle flotte di mezzo mondo. Il Terzo Millennio è però quello della rivincita. Nel 2014 si è costituita la International Windship Association finalizzata proprio allo studio di nuovi modelli di navi a propulsione eolica. E oggi i membri sono quaranta con 15 navi già in esercizio e cinque in via di consegna.

Un esempio di nave ibrida è la danese Maersk di 240 metri di lunghezza azionata da due rotori alti trenta metri per cinque di diametro che, se il vento asseconda il viaggio, riescono a produrre fino a tre megawatt con un risparmio del 10% del carburante tradizionale e quindi benefici tangibili per le emissioni in atmosfera. Installare questo tipo di impianto costa dai 350mila al milione e mezzo di dollari per ogni cilindro cui vanno aggiunti gli oneri di installazione (circa 500mila dollari), con un aggravio in media del 5% sul costo di ciascuna nave. Nel frattempo la coscienza verde si è già comunque impossessata del mondo degli armatori che da almeno una decade hanno sostituito il gasolio con il gas naturale liquefatto che abbatte quasi del tutto l’inquinamento da scarichi mentre si fanno strada anche nuovi ‘fuel’ come l’ammoniaca e l’idrogeno. Oltre al vento, poi, sono in pista sperimentazioni green che sfruttano l’energia del sole e del moto ondoso per muovere i motori.

Il 90% del commercio mondiale viaggia ancora via mare e la sua produzione di emissioni fossili è pari al 2,9% del totale di quelle mondiali. Come detto, l’Imo - International Maritime Organization sta obbligando lo shipping a dimezzare gli scarichi di fumi inquinanti. E non solo sui cargo merci. Anche la navigazione per diletto si sta adeguando. Msc Crociere ha già stretto una partnership con gli Chantiers de l’Atlantique per una nave spinta da vele ipertecnologiche.