COSÌ TRIESTE È DIVENTATO IL PORTO MERCI PIÙ IMPORTANTE D’ITALIA

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TRIESTE come Amburgo? A parte l’inarrivabile mare interno della metropoli anseatica, le due città hanno un’impostazione di base molto simile: si vive di porto, di mare, di commercio, di persone che passano. Trieste ha ora l’invidiabile opportunità di allearsi con il terzo porto d’Europa (dopo Rotterdam e Anversa), usando a suo favore l’indipendenza del porto franco, perfezionata dal governo Gentiloni nel 2017 e ampliata l’anno scorso con l’inaugurazione di FREEeste, la nuova free zone industriale grande 300mila metri quadri, con logistica e stoccaggio in punto franco, ferrovia e terminal intermodale.

Una svolta costruita dal presidente dell’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Orientale, Zeno d’Agostino, che in cinque anni ha messo Trieste al centro del sistema portuale italiano, elevando l’ex porto dell’impero austroungarico a primo porto italiano per volumi di merce movimentata, battendo Genova, che ha il primato nazionale come gate di movimentazione container. Il capolavoro del manager veronese – incappato nelle ultime settimane nelle intemperanze dei portuali no-vax, che hanno rischiato di far deragliare il suo rapporto con la città – è stato però l’accordo con i tedeschi. Grazie a lui, il porto di Amburgo è sbarcato in Adriatico, rilevando il 50,1% della Piattaforma Logistica Trieste e diventando il primo azionista di un terminal in grande espansione. Con il passaggio di proprietà a Hamburger Hafen und Logistik, è cominciato il percorso per realizzare le nuove infrastrutture necessarie alla forte crescita del primo porto italiano. "Come Amburgo è la porta del Nord, ci aspettiamo che Trieste divenga quella del Sud", ha commentato D’Agostino.

Un matrimonio naturale, visto che lo scalo giuliano trasferisce grandi volumi di traffico verso il Nord e l’Est Europa, grazie a un efficiente interscambio con il trasporto su ferrovia, che l’Autorità portuale supporta con la controllata Adriafer, la società di manovre ferroviarie dello scalo. Non a caso D’Agostino parla di un ritrovato "bacino naturale di sbocco Centro-Nord europeo che già in passato ha fatto grande il porto franco", all’epoca dell’impero austro-ungarico. Hamburger Hafen, quotata in Borsa ma controllata dalla municipalità di Amburgo, raddoppierà il capitale societario con un’iniezione da 12,5 milioni, che le garantirà la maggioranza del cda e l’amministratore delegato. Comincerà così la storia dello sviluppo del Molo VIII e della riconversione della Ferriera di Servola.

Il nuovo partner industriale ha risorse in abbondanza e molte ne serviranno. Il terminal di Servola costerà infatti 150 milioni tra smantellamento dell’area a caldo e creazione dei piazzali, più altri 100 per edifici, ferrovia e raccordo autostradale. Per il primo lotto del molo container serviranno da 100 a 300 milioni, che diventano un miliardo per raggiungere la massima estensione prevista.

Hamburger Hafen – guidata da una donna, Angela Titzrath – ha fatturato nel 2019 1,35 miliardi, movimentato merci per 7,6 milioni di tonnellate (dieci volte il traffico di Trieste) e gestito un patrimonio umano di oltre 6mila dipendenti ad alta specializzazione. Sull’accordo le parti hanno lavorato dalla seconda metà del 2019, quando una fase di stallo del dialogo con i cinesi di China Merchants e le resistenze dell’amministrazione Trump hanno visto la Piattaforma Logistica Trieste aprirsi all’interesse tedesco. Il colosso asiatico pare intenzionato a tentare in futuro nuove collaborazioni direttamente con i tedeschi, che hanno dimostrato di saper fare affari con la Cina senza darlo troppo a vedere. Per Amburgo, aprire una via da Sud all’Europa centrale è strategico: si tratta di un’opzione più breve rispetto alla rotta del Nord e inoltre il riscaldamento globale sta riducendo la portata dei canali che hanno fatto la fortuna dei porti tedeschi, costretti ora a continui dragaggi per far passare navi sempre più grandi. Trieste piace per fondali, collocazione e collegamenti ferroviari in fase di potenziamento. Quella in Adriatico è la terza operazione di Amburgo fuori dai confini nazionali, dopo l’acquisizione dei terminal di Odessa e Tallin.